La terribile storia di Haeckel
XIX secolo. Un uomo, Edward Ralston, giunge a casa della signora Carnation, che ha fama di saper resuscitare i morti, per chiederle di ricongiungerlo alla sua amata moglie, scomparsa da poco. La donna gli impone di ascoltare prima il racconto riguardante Ernst Haeckel, giovane studente di medicina convinto di poter trovare il modo di rianimare i cadaveri, secondo le dottrine un tempo enunciate dal dottor Frankenstein. Dopo aver fallito la sua dimostrazione con il professore di medicina, Haeckel si era interessanto alle pratiche di negromanzia del misterioso dottor Montesquino, da lui pure considerato un ciarlatano. Quindi era tornato a casa per assistere il padre morente e, lungo la strada, si era fermato a casa di tal Walter Wolfram, uomo anziano che viveva con la giovane e bella moglie Elise. La donna però nascondeva un segreto terribile, sintesi dell’amore che travalica la vita e supera la morte.
Varie anime attraversano questo dodicesimo episodio della prima stagione di Masters of Horror, ravvisabili anche nelle molteplici personalità che si affacciano dietro la sua realizzazione. Basato su una breve storia di Clive Barker (pubblicata successivamente alla lavorazione del film), adattata per lo schermo da Mick Garris, La terribile storia di Haeckel era stata inizialmente pensata per Roger Corman, che dovette rifiutare l’offerta a causa di alcuni problemi di salute. La scelta successiva si era concentrata quindi su George Romero, anch’egli però costretto a rinunciare a causa dei contingenti impegni con La terra dei morti viventi (il regista è comunque citato in una didascalia iniziale) e infine a realizzare il tutto è stato John McNaughton, reso celebre da Harry: pioggia di sangue e in effetti figura anomala di cineasta indipendente che aveva più volte flirtato con il genere (era fra i registi designati per il mai realizzato prequel di Nightmare), salvo poi essere storicizzato soprattutto come un tagliente cantore di quella zona di confine sospesa fra amore e dannazione che conduce alla morte (pensiamo ai notevoli Crocevia per l’inferno e Sex Crimes).
In ragione di questa travagliata gestazione, non stupisce notare come l’episodio sia fra quelli che più ribollono di influenze apparentemente difformi, stazionando a metà strada fra l’omaggio al gotico di matrice, per l’appunto, cormaniana, e una cifra grottesca vicina agli EC Comics, chiave di lettura peraltro per molti classici del new horror (pensiamo ai debiti palesi che lo stesso Romero ha più volte dichiarato nei confronti di quei mitici fumetti). Su questa struttura si impianta una storia di dannazione che esplora l’ossessione amorosa come inevitabile approdo di un’umanità alla perenne ricerca della vita eterna.
La ricerca in questione si articola a sua volta su due fronti: come prolungamento del rapporto sentimentale (vivere per continuare a restare al fianco della persona amata) e come puro artificio che pone sullo stesso piano scienza e spettacolo. Nonostante il titolo tributi a Haeckel il ruolo di protagonista, in realtà la sua figura è puramente strumentale rispetto alle opposte direttive messe in campo dal racconto e sospesa fra emozioni differenti (l’ignoranza dell’amore e l’entusiasmo dello scienziato). Haeckel sogna quindi il possesso del segreto che l’umanità brama, ma è allo stesso tempo spaventato e inorridito dalle conseguenze che la possibilità di far rivivere i corpi porta con sé, e che trovano nello scioccante finale la sua affermazione. Peraltro il racconto non fa mistero di come il protagonista affronti la sua impresa non avendo in mente uno scopo preciso che non sia l’autoreferenziale piacere del superamento della frontiera. Non è per amore (che muove invece gli altri personaggi ad avvalersi della negromanzia), né per aiutare il padre morente che egli persegue il suo scopo, le cui reali motivazioni si perdono piuttosto nell’emulazione di un modello lontano (il tedesco dottor Frankenstein).
Ciononostante la cognizione della posta in gioco arriva proprio laddove Haeckel scopre l’istinto amoroso, apparentandosi così con gli altri personaggi: qui McNaughton gioca le sue carte preferite, che sono poi le stesse care a Barker e a Garris, mostrando l’altra faccia dell’amore come egoismo e soddisfazione dei propri piaceri carnali. In effetti, l’aspetto scioccante del finale non è dato soltanto dall’impatto violento della situazione necrofila, quanto dalla capacità di ricondurre il rapporto sentimentale a pura soddisfazione dell’istinto sessuale, che porta a superare e abolire il sacro e l’umano in nome di una sorta di reificazione della vita nella morte (il neonato mostruoso). Questa inedita componente carnografica (dove risulta più evidente la mano di Clive Barker) riscrive dunque l’egoismo e il sostanziale sprezzo della vita (ricondotta ad artificio da riprodurre con i doni della scienza o della magia) che da sempre è traccia portante del gotico à la Frankenstein: McNaughton fonde osceno erotismo con una cifra grottesca che esalta l’assurdità della situazione, producendo un racconto meno tagliente di quelli a cui ci ha abituato nel tempo, decisamente più enfatico e passionale. Riesce in questo modo a trovare comunque la quadratura di una storia a tratti poco convincente nelle sue varie direzioni e stabilisce con lo spettatore un gioco di prospettive molto interessante, che trova nell’accumulo del post finale la sua degna conclusione.
La terribile storia di Haeckel
(Haeckel’s Tale)
Regia: John McNaughton
Sceneggiatura: Mick Garris, da un racconto di Clive Barker
Origine: Usa, 2005
Durata: 57'
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1 commento:
Certo però che il divario tra la prima e la seconda parte è alquanto abissale...a parte questo devo dire che è piaciuto anche a me. Ma lo sai che sono mesi e mesi che devo vedere l'ultimo episodio della prima stagione e ancora non ce l'ho fatta? Quest'estate cercherò di recuperare e magari di cominciare anche la seconda stagione, perchè poi voglio vedere anche Masters of science fiction.
Ale55andra
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