"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

martedì 30 maggio 2017

Dieci anni nel paese delle meraviglie

Dieci anni nel paese delle meraviglie

L'uscita del libro di Alberto Ferrarese, scritto insieme ai figli Lapo e Niccolò e finanziato attraverso una fortunata campagna di crowdfunding, è stata accolta in Rete con molto interesse, anche per la sua capacità di andare a coprire un vuoto editoriale nella pur corposa saggistica relativa all'immaginario “anni Ottanta” - virgolette d'obbligo per sottolineare ancora una volta come questa definizione copra in realtà un periodo molto più grande. Il motivo di tale mancanza, va da sé, è prettamente economico: se, infatti, il cinema, i fumetti, i libri e l'animazione restano per loro natura transgenerazionali e capaci di mantenere la fidelizzazione con il pubblico lungo le varie età della vita (leggasi: di poter continuare a generare profitto per chi li produce), per definizione i giocattoli sono relegati alla sola sfera infantile e quindi, una volta traslati sull'età adulta, restano isolati a discorsi nostalgici di nicchia, utili per lo più alla produzione di cataloghi fotografici. O per lo meno questa è la valutazione corrente, evidentemente da ripensare alla luce del successo dell'operazione e del business che ormai ruota intorno al concetto di nostalgia: è insomma l'inizio di un trend editoriale legato al giocattolo? Al tempo ogni sentenza, qui ci limitiamo a constatare che l'argomento interessa nella misura in cui ci permette di affrontare un discorso sempre più completo sulle trasformazioni dell'immaginario pop negli ultimi decenni.

Il volume in questione racconta quindi l'esperienza professionale di Ferrarese nel decennio 1976-1986 e il lavoro della sua agenzia pubblicitaria Phasar, che si è occupata di pianificare, definire e portare avanti il lancio e le campagne pubblicitarie italiane dei prodotti distribuiti dal consorzio Gruppo Italiano Giocattoli, più noto come Linea GIG. Quindi ecco rievocati brand famosi come Playmobil, Micronauti, Diaclone, Transformers (o meglio “Trasformer”, e nel volume è ben spiegata la differenza), Pelocaldo e altri ancora, e la loro “invasione” delle case italiane attraverso le campagne orchestrate in particolare attraverso gli spot televisivi e le pubblicità sul magazine di Topolino – il blog dell'amico Apreda ha persino dedicato una rubrica apposita a queste pagine del periodico disneyano.

Il libro, poderoso nella mole e corposo nei contenuti, è abile nello stabilire un particolare rapporto empatico con il lettore: da un lato, infatti, si offre con la forza impressionante dei numeri elencati con orgoglio nella quarta di copertina, che sottolineano la ricerca attenta portata avanti dagli autori per fornire un quadro il più completo possibile dell'epoca e delle campagne di Phasar, attraverso interviste alle figure interessate e ricerche d'archivio; a questa scelta oppone poi, con intelligenza, una narrazione in prima persona, che scansa il rischio dell'opera fredda e compilativa, per dare forma invece a una sorta di diario, capace di instaurare un dialogo con il lettore che ricorda e rievoca le pubblicità via via elencate nel testo.

Il viaggio nel Paese delle Meraviglie (come da slogan del consorzio) inizia così con un attento resoconto dell'esperienza umana di Ferrarese, dagli anni giovanili dominati dalla passione per la musica – poi tornata utile per la realizzazione dei vari jingle pubblicitari – alla creazione di Phasar, fino al rapporto professionale con Gianfranco Aldo Horvat, presidente di GIG. La narrazione è attenta a restituire, attraverso una fitta aneddotica, un ritratto profondamente umano delle lavorazioni, senza però abdicare all'intento informativo: pertanto, ferma restando la godibilità del testo, il lettore è messo nelle condizioni di entrare nei meccanismi della realtà pubblicitaria e delle strategie comunicative utili a “vendere” un prodotto. Chiaramente l'intento commerciale prescinde dal valore dei singoli prodotti, ma Ferrarese è onesto nelle valutazioni e rivendica la natura creativa delle sue campagne, volte a esaltare il valore formativo del giocattolo in quanto mezzo capace di liberare la fantasia dei più piccoli. Il concetto di “meraviglia” promesso dal marchio GIG, insomma, è stato, nelle dichiarazioni dell'autore, la linea guida che ha permesso al consorzio italiano di farsi promotore di un giocattolo (e di una promozione) di qualità.

Pubblicità Trasformer su Topolino, dalla pagina FB del libro - © Phasar

La seconda parte del volume, la più ampia, passa in rassegna i principali brand importati da GIG, divisi in due categorie: i prodotti “strategici”, pensati cioè per uno sfruttamento di lungo periodo, e quelli “tattici”, utili per riempire i mesi di vuoto fra un titolo più forte e il successivo. Per ogni linea vengono spiegate le scelte fatte per il lancio italiano, sono elencate le pubblicità di Topolino (con tanto di numero di ogni prima uscita), fino al commento, sequenza per sequenza, dei vari spot televisivi. L'apparato iconografico è pure molto ricco, con foto di dimensioni ridotte e in bianconero, che hanno un intento non tanto collezionistico, quanto meramente esplicativo. In chiusura troviamo infine i bozzetti originali a colori delle principali campagne orchestrate dall'agenzia fiorentina.

La prima parte è senza dubbio la più interessante, per la panoramica generale e completa della storia di Phasar e GIG, dalla nascita del consorzio fino alla sua chiusura e alla tragica fine di Horvat, e per le motivazioni creative e commerciali già enunciate; la seconda è più specialistica e visibilmente pensata per ovviare alla mancanza dei supporti visivi, ma solo chi ha visto realmente gli spot potrà comprendere bene le scelte effettuate da Phasar, per gli altri la ricognizione rischia di risultare un po' pedante. In effetti un'alternativa poteva essere quella di allegare un DVD in modo da snellire parte del volume, che con le sue circa 600 pagine sembra allinearsi a una certa tendenza attuale a produrre opere extralarge: ma forse è l'unico modo possibile per solleticare, con la sua tensione “completista”, il pigro pubblico abituato a trovare in rete le informazioni di cui ha bisogno. In questo caso, ovviamente, nessun motore di ricerca potrà rimpiazzare un racconto così di prima mano, perché redatto da chi quel periodo e quel settore ha praticamente contribuito a crearlo e a renderlo, evidentemente, memorabile.


Dieci anni nel Paese delle Meraviglie: La pubblicità per Linea GIG dal 1976 al 1986
Di Alberto Ferrarese, Lapo Ferrarese, Niccolò Ferrarese
Phasar Edizioni, Dicembre 2016
584 pagine, 35 euro