Il contagio dei morti viventi sta per raggiungere il suo picco e la società scivola velocemente verso il collasso: le televisioni pullulano di dibattiti sulle soluzioni da prendere e vedono morale e pragmatismo duramente contrapposti; le comunità portoricane rifiutano di consegnare i cadaveri dei loro morti, al punto che risulta necessario intervenire con gli Swat; i cittadini organizzano vere e proprie battute di caccia allo zombie. In questo scenario quattro persone decidono di fuggire in Canada a bordo di un elicottero: Stephen, il pilota, la sua compagna Frannie, i due Swat disertori Peter e Roger. Il viaggio però viene interrotto quando il gruppo arriva presso un Mall, un gigantesco centro commerciale che viene ben presto “bonificato” e diventa la nuova casa del gruppo. L’illusione di potersi isolare da un mondo che volge al termine sarà duratura?
Si scriveva della consapevolezza, a proposito de La notte dei morti viventi. Consapevolezza che in Zombi, realizzato da George Romero dopo 10 anni, risulta certamente acquisita, anche se l’aspetto satirico non nasconde una malinconia di fondo per il prendere atto di uno scivolamento progressivo verso il baratro, generato non tanto dall’espandersi violento del contagio, quanto dalla stupidità e dalla mancanza di prudenza degli uomini: quella stessa imprudenza che, peraltro, vede Roger, uno dei quattro protagonisti, essere morso e contaminato durante le operazioni di bonifica del Mall.
Zombi in effetti è un film straordinariamente magmatico e composito, meno “assoluto” della Notte perché meno obbligato a mettere in campo una serie variegata di temi, ma molto più lucido nel focalizzare gli argomenti che gli interessano e che, soprattutto, sa costruire visivamente un caleidoscopio di emozioni che dicono della classe ormai raggiunta dal suo autore. E’, non a caso, il film dall’impatto più colossale della saga, quello che, nonostante la realizzazione estremamente “avventurosa” (è stato girato di notte in un vero centro commerciale che durante il giorno svolgeva la sua regolare attività), risulta estremamente grandioso e spettacolare, e che oscilla tra l’horror e l’action, ma senza dimenticare humour, dramma e suspense.
Si ricomincia perciò da quello che in precedenza era rimasto soltanto a livello di abbozzo, ad esempio il ruolo dei media: che se nella Notte potevano ancora risultare veicolo di informazioni utili, qui diventano invece agenti del caos, preoccupati egoisticamente di tenere la gente incollata a dati inesatti perché la preoccupazione principale di chi gestisce i network è che gli spettatori non cambino canale. In compenso viene offerta la possibilità di assistere a estenuanti dibattiti che vedono posizioni opposte affrontarsi in una cacofonia di suoni che riflettono immediatamente la durezza dei pregiudizi e la mancanza di un punto di vista comune. La metafora è lucida e fulminante tanto quanto quella degli zombi in giro per il supermercato e riflette a perfezione la deriva di un mondo vessato dalla sua incapacità di comunicare: i media diventano quindi a un tempo indice, conseguenza e anche causa di questa situazione (si veda la splendida sequenza in cui Fran e Stephen litigano sulla necessità di tenere il televisore ancora acceso – scena assente nell’edizione italiana).
Con grande maestria Romero mette quindi in scena un discorso che si articola su direttrici oppositive tali da costruire riferimenti incrociati fra la realtà “ideale” dei protagonisti e quella caotica dei media: gli scienziati propongono soluzioni logiche che sforano in verità nella pazzia (suggeriscono di usare l’atomica sulle città) e vengono sbeffeggiati da un pubblico che non accetta le loro teorie e ragiona secondo emotività. Il tutto si riflette nella progressiva disgregazione del nucleo formato dai quattro protagonisti, dove né l’amicizia virile (destinata a essere distrutta dal contagio), né il rapporto di coppia tradizionale (Stephen e Fran sembrano odiarsi per tutta la durata del film e non trovano mai un punto di accordo) garantisce una speranza di salvezza.
Il sistema di riferimenti però va oltre lo stesso film e diventa riflessione metacritica sul cosa viene messo in scena: il film ostenta infatti una confezione pop (memorabile il sangue di un rosso vivissimo, tanto da apparire finto) che pone al centro dell’attenzione soprattutto la natura fascinatoria dell’oggetto. Il Mall diventa così un quinto personaggio dall’aria seducente, con le sue promesse di infinite risorse (alimentari, commerciali, valutarie e altro), in grado di attirare tutte le tipologie di personaggi, viventi e non. Il Mall, in un certo senso, è il vero personaggio positivo del film, l’unico quantomeno che resta coerente con se stesso e che non appare fuori quadro rispetto al caos del mondo, poiché in sé riassume la bulimia di una società che non riesce a rispettare la vita e si esalta per l’inanimato. I suoi manichini, pensati per essere riflesso dei clienti vivi, spaventano come fossero zombi, le sue merci hanno una matericità che si riflette nel barocchismo delle carni (umane) lacerate e la sua posizione fuori dalle grandi città, contrapposta all’autosufficienza che le sue ricchezze garantiscono agli occupanti, ne fanno a un tempo il centro e la periferia del mondo. Una magnifica prigione di lusso le cui lusinghe non risparmiano nessuno. Sicuramente una delle più geniali location della storia del cinema!
Proprio questo aspetto così seducente viene però a scontrarsi con un raffinato lavoro musicale (nell’edizione americana) che spesso è dissonante rispetto alle imprese, o quantomeno conserva una sensibilità umana capace di gridare il dolore del regista per l’apocalisse che si va consumando anche nei momenti più ameni. In questo senso è interessante notare come il culto dell’oggetto che i personaggi umani consumano, va di pari passo con l’anacronismo insito nell’idea di “rispettare la morte”, che costringe la comunità dei portoricani nel ruolo dei cattivi contro cui inviare le truppe speciali.
Il film risulta quindi perfettamente capace di catturare lo spirito di un’epoca che nell’edonismo vacuo dei modelli che andava a instaurare siglava già il proprio declino morale, sacrificando l’umanità sull’altare del materialismo: ma il film evidenzia questi aspetti senza urlarli, suggerendo anzi una sottile intesa con la società del tempo, tanto da rendere davvero lo zombie l’icona pop del new horror, e instaurando una logica del massacro che diventa momento ludico. A creare le giuste crepe nel tessuto delle apparenze ci pensa però il bellissimo personaggio femminile di Fran, depositaria di vita e perciò fra le poche a interrogarsi criticamente su cosa stia succedendo, tanto da rendersi protagonista anche di alcuni momenti fuggevoli ma molto toccanti con i morti (si veda quando scosta la porta per disincagliare il vestito di una suora-zombie, altra scena mancante nel montaggio nostrano).
Il film attualmente circola in differenti versioni, realizzate a seconda dei mercati in cui fu proposto: l’edizione italiana è la più breve e calca soprattutto il pedale dello spettacolo, attraverso un uso invasivo delle pur bellissime musiche dei Goblin che la rendono certamente più grintosa e incalzante, ma perde per strada molti momenti fondamentali per la definizione delle dinamiche di gruppo. Meglio la versione cinematografica americana curata direttamente da Romero, più ragionata e sfaccettata, e preferibile anche al montaggio esteso, che diluisce eccessivamente il ritmo della storia.
Zombi
(Dawn of the Dead)
Regia e sceneggiatura: George A. Romero
Origine: Usa, 1978
Durata: 122’ (edizione cinematografica americana), 114’ (edizione italiana), 134’ (edizione estesa)
Zombi su Wikipedia
Zombi su Homepage of the Dead (in inglese)
Zombi su Zombie Wiki (in inglese)
Tour delle location (in inglese)
Intervista a Leonard Lies (comparsa – in inglese)
Intervista al responsabile degli FX Tom Savini (in inglese)
Tema musicale di Zombi
Trailer di Zombi
2 commenti:
allora qualche blogger ancora sopravvive...facebook e twitter non hanno zombizzato ancora tutti...bella la tua cavalcata nella trilogia degli zombi, complimenti! Zombi è uno dei miei culti, lo avrò visto almeno dieci volte e ho il mitico cofanetto con le 5 edizioni, prima o poi vorrei parlarne anch'io...grazie della citazione...
Hehehe, ciao Zone, parafrasando il celebre motto "finché c'è vita c'è... blog!" e quindi si continua, al di là delle mode e delle zombificazioni imperanti ;)
Il progetto in realtà mira a ripercorrere tutta la saga mentre in questi giorni viene presentato a venezia il nuovo "Survival of the Dead" (oddio, magari con il tempo sarà bello recuperare anche il Romero meno conosciuto, ad esempio quello dello splendido "Knightriders").
"La terra dei morti viventi" è in arrivo a strettissimo giro, per il penultimo "Diary of the Dead" ci sarà da attendere un po' perché non ho avuto ancora occasione di vederlo.
Quanto alla citazione di Scaglie, oltre a essere doverosa, è stata un piacere come sempre!
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