Le streghe di Salem
Salem, Massachussets.
Heidi è un'ex tossicodipendente che, uscita dal tunnel, lavora come
DJ in una stazione radiofonica insieme ai colleghi Whitey e Herman.
Un giorno riceve un pacchetto dal gruppo rock “I Signori”,
contenente un disco in vinile: la musica le provoca turbamento e
visioni di antichi sabba stregoneschi, che preludono a una discesa in
un abisso oscuro. Spettatori attivi della vicenda sono le sue tre
vicine di casa, che sembrano sapere molto bene ciò a cui Heidi è
destinata. Intanto, il professor Matthias, che ha scritto un libro
sui processi alle streghe di Salem, indaga sulla misteriosa melodia e
scopre così il legame fra Heidi e un'antica maledizione...
Si riparte da Halloween
II, film piuttosto trascurato e sottovalutato, che, alla luce de
Le streghe di Salem, torna invece a noi come un importante
punto di snodo nella poetica di Rob Zombie: è con quel film,
infatti, che l'autore americano segna uno scarto che lo porta ad
allontanarsi dalle dinamiche familiari dei suoi primi tre film (La
casa dei 1000 corpi, La casa del diavolo e Halloween:
The Beginning) per adottare un punto di vista preminentemente
femminile. Le donne diventano così figure in grado di
controllare forze che sovrastano la sfera dell'umano.
Heidi, come Laurie
Strode, è l'anello di congiunzione fra le due sfere ed è sospesa in
una narrazione perennemente a metà tra dimensioni contrapposte: c'è
il dramma concreto e personale della tossicodipendenza e quello
astratto e sovrannaturale della maledizione stregonesca; c'è il
presente fatto di relazioni, lavoro e affetti, e il passato magico;
c'è una dimensione interiore e fisica che vede Heidi
progressivamente sfiorire, come deprivata del sé, e quella esteriore
che i titoli di coda oggettivizzano in un evento traumatico per la
città (abbastanza simile al massacro dei Myers in Halloween: The
Beginning, non a caso).
Ci sono poi altre due
contrapposizioni: quella fra l'amore che Rob Zombie prova per sua
moglie Sheri Moon, cui dona una centralità assoluta, come a
glorificarne la portata iconica in quanto sua musa ispiratrice; e
l'accanimento sadico nei confronti del suo personaggio, che fra
destino e fato (evocati esplicitamente) non sembra poter
predeterminare il suo percorso, ma è vittima invece degli eventi,
anche in questo caso come la Laurie di Halloween II. Zombie
affronta questa dicotomia con un tono assorto e fondato in larga
parte sull'anticlimax, che conferisce al film una caratura
malinconica. Per paradossale che possa sembrare, il gioco di
amore/odio che l'autore instaura nei confronti di Sheri/Heidi ha la
forza di un rituale di corteggiamento attraverso il quale il
sacrificio del personaggio si concretizza come espressione d'amore
nei confronti della donna, cui è demandato il difficile compito di
essere genitrice di un ordine nuovo.
In questo senso, Le
streghe di Salem costituisce una perfetta evoluzione delle saghe
precedentemente citate, perché anche stavolta Zombie
costruisce una mitologia orrorifica che si pone come nuovo
ordine universale, da sostituire al vecchio. Un ordine che ora è
tutto “al femminile”, dove l'uomo è relegato a ruoli di contorno
in quanto figura cartesiana: i personaggi maschili sono infatti in
larga parte studiosi o sacerdoti, dunque custodi di una tradizione o
membri di ordini volti alla salvaguardia della ragione e dello status
quo, in contrapposizione a una componente femminile che chiaramente
vira all'irrazionale e al dionisiaco.
Per officiare questo
rituale, Zombie utilizza un linguaggio sì serioso e blasfemo - che abbandona il consueto stile "sporco" e la camera a mano - ma in
larga parte ludico, nella misura in cui (come ne La casa dei 1000
corpi) si appella al Cinema e al ricco apparato iconografico
utile per esprimere il suo amore: da Méliès a Polanski e Kubrick,
passando per Lucio Fulci, Le streghe di Salem utilizza tutta la parafernalia che
il cinema più visionario, magico e “irrazionale” sia stato in
grado di produrre per descrivere un perimetro originale. Uno spazio
che alla base è “di genere”, basti pensare a come è
esibita la finzione delle maschere o delle creature in lattice; ma
che si astrae poi in una dimensione visionaria, tanto da spostare
la barra del film dai semplici confini dell'horror a quelli dei
grandi visionari come Ken Russell (l'uso espressivo e
coreograficamente blasfemo delle icone religiose), Alejando
Jodorowski (la frontalità delle figure incappucciate e dei corpi nudi) o David Lynch (la sequenza sul palcoscenico, che rimanda a
Mulholland Drive).
In questo modo, Rob
Zombie riesce a comporre un film maturo e pervasivo, che scivola
sottopelle con la forza delle sue immagini, trasmettendo allo spettatore uno stato di turbamento, che si stempera però nella fascinazione per la bellezza dello spettacolo. Un film di pura regia,
totalmente iscritto in una dimensione cinefila personale e
a-temporale: caratteristica, quest'ultima, propria di tutto il suo
cinema, da sempre sospeso in una non-epoca in perenne rimbalzo fra
gli anni Trenta, Settanta e i decenni passati. Era dai tempi del John
Carpenter de Il Signore del Male che un regista non riusciva a realizzare un titolo così ambizioso e personale, e in perenne
oscillazione fra gli opposti: la dimostrazione di come sia ancora
possibile un horror di qualità (per quanto il regista giustamente
rivendichi la dicitura di “dramma”) e di quanto Zombie abbia
preso sul serio il suo lavoro, consegnandosi oggi a noi come uno dei
registi più importanti e coerenti della scena contemporanea.
Le streghe di Salem
(Lords of Salem)
Regia e sceneggiatura:
Rob Zombie
Origine: Usa, 2012
Durata: 101'
Collegati:
17 commenti:
grande Dav, ottima rece, molto analitica, la mia è un po sempliciotta forse perchè l'ho scritta ieri sera tornato dal cinema e dopo una giornata lavorativa un po sfiancante, quindi rileggendola mi rendo conto di aver omesso alcune cose.
Cmq come ti dicevo nel mio blog questo film è bello, interessante, mal almeno per me, non ai livelli delle altre pellicole di Rob, anche se non posso negare che dal punto di vista visivo il film lascia veramente a bocca aperta.
Curiosità, tu che sei appassionato di film d'animazione il lungometraggio di Rob l'hai visto??? Non che quel film mi interessi, era solo una curiosità :-)
No, ce l'ho ma devo ancora vederlo.
ah ok, boh se lo vedi fa sapere com'è, giusto per curiosità ;-)
PS: Cmq quanto era spaventosa Meg Foster nel film??? Era veramente l'essenza della malvagità, un plauso all'attrice che è stata davvero brava, una vera STREGA :-)
Bella rece, sono fresco di visione e il film mi sta entrando in circolo lentamente, non è stato amore immediato diciamo. Mi ha messo una tristezza...e anche inquietudine
, madò ho ancora impresso lo sguardo di Meg Foster....
Porca vacca, allora non ha fatto paura solo a me, Meg Foster era veramente terrificante....
E' proprio il caso di dirlo, una performance da urlo..di terrore
Tristezza e inquietudine sono in effetti le sensazioni giuste, è un film molto raffinato (sebbene "forte"), diverso dal solito!
concordo, noto che seppur stia piacendo in generale, in giro in alcuni dei nostri blogger amici ne parlano malissimo, peccato.
Ci meritiamo altri decenni di robaccia inutile...
già, ma poi dovresti leggerne le motivazioni, tutti si arrabbiano perchè Rob ha voluto omaggiare Kubrick, Polanski ecc, lo accusano di essere presuntuoso, dicone che lui voleva dimostrare di essere il più figo, quando invece Rob ha sempre ribadito il suo rispetto per i maestri del passato, mah.... a volte la gente parla per dar fiato alla bocca, cmq nel complesso, salvo i soliti "sapienti" il film sta piacendo, soprattutto alla critica, il che non può che farmi piacere dato che i critici di solito tendono sempre a snobbare gli horror :-)
Rob RULES
Il film è sicuramente ambizioso e perciò stuzzica i "pruriti" di molti, ma in realtà l'ambizione è esattamente ciò di cui certo cinema oggi ha bisogno, viste le pastoie della mediocrità in cui incappano molti.
Si può discutere se il film sia pienamente riuscito o meno, ma secondo me questo è uno dei casi in cui bisogna schierarsi apertamente per il sostegno: troppo facile farlo solo con i film di Nolan :-)
Quindi, sì, Rob Rules sicuramente ;)
Pienamente d'accordo socio ;-)
Mi ha mandato qua quel pazzerello di Myers.
La rece è fantastica, ha fatto bene a indirizzarmi qua.
Ed è scritta con distacco e competenza, non con la testa zombiezzata da zombie.
Però credo che le tematiche che tiri fuori (in maniera davvero potente) siano OLTRE il film e le ambizioni di Zombie.
Insomma, una specie di esegesi della Comemdia di Dante che sovrasta l'intentio autoris.
Bravo, il film rimane monnezza per me ma apprezzo comunque questo tuo intelligente e misurato approccio.
Grazie per le parole di apprezzamento.
Ovviamente tutto è possibile, comunque l'arte ha anche questo scopo, ovvero andare oltre le intenzioni conscie dell'autore (anche se in questo caso secondo me erano ben conscie, ma sono punti di vista :)
anche io come te e myers 82 difendo a spada tratta questo film che per forma si distacca da tutto il ciarpame che c'è in giro sia nel genere horror che al di fuori.LA tua recensione è molto suggestiva e offre interessanti spunti di riflessione...per me Zombie ha messo in piazza tutto il suo teatro degli orrori ossessivo/compulsivo. e molti si sono fermati solo alle blasfemie che ZOmbie inserisce...
che tra l'altro le blasfemie sono, assieme all'uso della cinepresa e alla fotografia, la punta di diamante della pellicola.
Cmq è curioso che il film sia piaciutò più alla critica specializzata che al pubblico, su ciak addirittura l'han messo come "colpo di fulmine" del mese, di regola ciak stronca il 90% degli horror.
In effetti sto notando che la blasfemia infastidisce molta gente: ma a quel punto perché andare a vedere un horror? Davvero un decennio di remake ha spappolato il gusto corrente...
Alla seconda visione io non ci ho fatto quasi più caso invece, visto che il film è potente al di là di quegli aspetti.
Esattamente, se alla gente da fastidio la blasfemia nei canali rai è pieno di "perle" come Don matteo o "che dio ci aiuti" hahaahahhah XD
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