Il cacciatore di tesori Brock Lovett raggiunge il relitto del Titanic nella speranza di ritrovare un prezioso e dimenticato diamante, il “Cuore dell’Oceano”. La spedizione, che ottiene risonanza internazionale, gli permette di entrare in contatto con Rose DeWitt Bukater, la donna che, ormai centenaria, è fra i sopravvissuti del naufragio e cui era stato regalato il gioiello dal ricco ma meschino fidanzato Cal. Rose racconta quindi gli eventi di quel lontano 1912, la sua volontà di non accettare quel fidanzamento imposto dalle disastrose condizioni economiche della pur prestigiosa famiglia e l’incontro con Jack Dawson, un giovane artista senza fissa dimora che aveva vinto il biglietto per il viaggio in una partita di poker. Fra i due giovani era sbocciato un amore contrastato dalle circostanze, ma che si era rivelato importante per condurre Rose alla salvezza.
“You have a gift, Jack. You do: you see people”
“I see you”
C’è una circolarità che spesso ritorna nei film di James Cameron ed è quella che iscrive in un momento iniziale quello che poi sarà il finale: nel caso specifico la tragedia del Titanic è annunciata già dagli eventi storici che rendono noti i fatti e che il film in ogni caso si premura di spiegare dettagliatamente attraverso una simulazione al computer fornita da uno degli assistenti di Brock Lovett. Non c’è sorpresa, come non ci sono dubbi sulla storia d’amore cui andremo ad assistere nelle tre ore di visione: ciò che infatti interessa, ancora una volta, è imparare a vedere ciò che è lampante ma che non è mai stato visto davvero.
Ecco dunque che il film si configura stabilmente come un continuo sabotaggio ai danni delle convinzioni errate di un micro-universo sintetizzato dallo stesso Titanic: siamo infatti ancora di fronte a un cascame di quel mondo tecnologico che Cameron ammira nella sua possanza e nelle possibilità che offre, ma che allo stesso tempo teme nelle sue implicazioni. L’amore che travalica le classi sociali fra Rose e Jack, quindi, diventa al contempo una incredibile possibilità offerta da un viaggio che vede tutti insieme poveri e ricchi, ma anche una dimostrazione del feroce classismo pure insito in una società al massimo del suo fulgore tecnologico, ma ancora incapace di coniugare il progresso nel senso di un reale benessere collettivo e che non esita a mostrare anzi il suo lato più avido e spietato (ad esempio negando la salvezza ai naufraghi delle classi inferiori).
Il personaggio di Rose, in particolare, è costretto quindi ad attraversare un percorso che, da donna fragile e capricciosa, le permetta di configurarsi come nuova eroina cameroniana, capace di affrontare con coraggio le avversità in nome di ciò che vuole e non del destino impostole dagli eventi e dalla famiglia. Rose appare infatti inizialmente vittima tanto del vanesio e superficiale fidanzato Cal, quanto della madre che la sfrutta per ottenere quella ricollocazione sociale negatale dai disastri finanziari in cui l’ha precipitata il marito. L’incontro con Jack è dunque propedeutico a quella simbolica rinascita che la ragazza attuerà nel finale lottando per la propria sopravvivenza e adottando infine il cognome dell’amato, a marcare la distanza con la vita precedente. Un percorso scandito da attraversamenti fisici dei “livelli” della nave, in una contaminazione fra classi superiori e inferiori che travalichi quelle apparenze che pure permettono a Jack di non sfigurare durante il pranzo nella sala principale e che sia fatta di gesti concreti, siano essi un ballo o un “volgare” atto di sputare. Il tutto sfocia da un lato nella splendida sequenza del ritratto, dove il gioco di sguardi riflette un erotismo velato, capace di ricollocare l’atto della visione nella concretezza della carne e della riproduzione artistica con cui Cameron riscrive gli ordini sociali; e dall’altro in quella, altrettanto straordinaria, del “volo” sulla prua della nave dove il desiderio di liberazione fisica viene reso metaforicamente con l’immaginario librarsi sulle acque dell’oceano.
Cameron gioca dunque la sua partita su più livelli, cercando di non deludere le aspettative di un pubblico che si aspetta un grande evento spettacolare e una trascinante storia d’amore, ma non perde mai di vista la possibilità di fare, del rapporto fra i due, un paradigma di una situazione più grande. Non a caso Jake o Rose sono sempre presenti laddove accadono eventi importanti (ad esempio è la ragazza a notare la scarsità di scialuppe e ad apprendere, prima della maggioranza dei passeggeri, che la nave è destinata ad affondare) e attraversano il Titanic in tutti i suoi diversi comparti, dal ponte fino alla sala macchine: il regista osa anche molto istillando il dubbio che addirittura possano essere i due giovani protagonisti gli involontari artefici del disastro, poiché il loro amoreggiare disturba i marinai sulla coffa, ritardando dunque la visione dell’iceberg con cui il transatlantico entra in collisione. In effetti ciò che il film mette in scena è un autentico rivolgimento del mondo, che poggia su una attentissima documentazione degli eventi reali, ma poi sfocia tranquillamente nel puro cinema attraverso la concezione muscolare cara all’autore. Quando infatti vediamo Rose dimenarsi nell’acqua per salvare l’amato, e affrontare insieme a lui un Cal armato di pistola è alquanto indubbio che siamo ormai all’interno di un melodramma puramente cinematografico, dove ciò che conta non è soltanto la ricostruzione (pure prodigiosa) di un disastro, ma la messinscena di una collisione di forze depositarie di visioni del mondo differenti.
Il tutto dunque confluisce nell’ultima parte del film, dove l’affondamento raggiunge i suoi vertici di enfasi drammatica, con la messinscena dello scafo spezzato (rappresentata al cinema per la prima volta) che davvero risulta, oltre che straordinariamente potente, anche crudamente paradigmatica della disfatta di un sogno tecnologico effimero perché basato unicamente sullo sfoggio di potenza, in barba a qualsiasi precauzione (si veda il capitano che non ordina di rallentare nonostante sia messo al corrente della presenza di iceberg). Ancora oggi, nonostante i 13 anni di distanza dalla realizzazione, queste sequenze da sole bastano al film per svettare oltre le semplici catalogazioni di disaster movie o di mero dramma sentimentale.
Titanic alla fine è invece un film che segna il tentativo di riappropriarsi del sogno attraverso la presa di coscienza di un errore che pure non mina alle fondamenta la bellezza di un universo pensato per segnare un passo verso una migliore realizzazione umana. Per questo l’ultima circolarità che la storia mette in scena è quella che vede Rose tornare sul luogo del disastro per riconsegnare alle acque il Cuore dell’Oceano. E’ come se tutta la sua vita altro non fosse stata che una parentesi (non a caso mantenuta fuori dalla narrazione) in cui lei ha onorato la promessa fatta a Jack di attraversare intensamente ogni giorno: a questo punto resta soltanto l’atto del restituire quel gioiello diventato inconsapevolmente pegno del giuramento e motore della storia. Una vicenda dunque finisce, mentre un’altra visione umana si profila all’orizzonte, destinata a sbocciare fra la vegetazione di Pandora, nel capolavoro Avatar.
Titanic
(id.)
Regia e sceneggiatura: James Cameron
Origine: Usa, 1997
Durata: 187’
Sito ufficiale americano
Lunga intervista del 1999 a James Cameron (in inglese)
Pagina di Wikipedia Italia di Titanic
Trailer italiano di Titanic
Trailer americano di Titanic
Sito dedicato al transatlantico Titanic
Sito della “Titanic Historical Society” (in inglese)
Titanic il sequel (divertentissima parodia Mtv Movie Awards – in inglese)
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2 commenti:
un film immenso, che piu invecchia, piu acquista potere. Cameron maestro nel gestire la storia nella Storia; un film da vedere e amare almeno una volta, se si ama questa grande Arte.
...con avatar a che quota di visioni siamo arrivati? :D
Chris (assiduo frequentatore)
Ciao Chris e grazie per i tuoi commenti ;)
Con "Avatar" sono fermo a tre visioni (a Milano, Taranto e Roma), l'ideale sarebbe farlo fermentare un po' e poi tornare in sala dopo qualche mese, ma purtroppo è difficile di questi tempi (francamente rimpiango parecchio i periodi e i cinema di seconda e terza visione, e di solito non sono un tipo che rimpiange il passato). Ma chissà che non ci si riesca, mai dire mai.
Quanto a "Titanic" è un film che sono molto contento di aver ritrovato, all'epoca non lo considerai con il dovuto rispetto!
A presto.
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