Torniamo ancora una volta nei confortevoli territori di Supergulp! perché l’uscita del quinto DVD ha riportato alla luce un autentico gioiello in semianimazione, La secchia rapita, realizzato da Pino Zac e trasmesso il 12 ottobre 1972 nella quinta puntata di Gulp! La matrice è ovviamente fornita dal celebre poema eroicomico di Alessandro Tassoni, che racconta in dodici canti la guerra fra Modena e Bologna del 1325, con le debite variazioni utili all’autore per portare avanti il suo intento satirico.
Nell’immaginazione del poeta, infatti, la secchia (un normalissimo secchio di legno) diviene il pretesto per l’inasprirsi del conflitto, dal momento che i modenesi, dopo aver respinto i rivali dentro le loro mura ed essersi dissetati con l’acqua di un pozzo, rubano il contenitore come trofeo e testimonianza del successo. Scritto nel 1615, ma pubblicato nel 1622, La secchia rapita è un racconto gustoso, dove alberga il gusto per il paradosso e per la caratterizzazione caricaturale, simbolo di una concezione artistica che non si riconosce nelle autorità (artistiche, spirituali e temporali).
Per le ovvie ragioni legate alla necessità di contenere i fatti nei soli dieci minuti di durata del “fumetto in Tv”, la versione televisiva opta per una netta compressione degli eventi e si limita al solo primo canto, concludendosi con il ritorno degli “eroi” a Modena dove la secchia resta a ricordo della battaglia. Il racconto segue fedelmente il testo originario, pur sintetizzandolo e facendolo recitare in parte ai protagonisti ma soprattutto a un narratore con tanto di cetra, caricatura dello stesso Tassoni, ispirato per l’occasione da un Apollo che alle ali divine unisce una ben più terrena barbetta incolta!
La recitazione è volutamente esasperata nel tono per rimarcare la natura grottesca dei fatti, ed è sottoposta a un curioso processo di “localizzazione” attraverso cadenze dialettali emiliane: scelta di per sé coraggiosa e che non teme di tagliare fuori una parte di spettatori possibilmente spaventati dall’alterità che la scelta giocoforza mette in campo (facile scommettere quali sarebbero invece le reazioni nella televisione odierna).
I disegni (alla cui realizzazione ha collaborato Giuliano D’Ignazio) riportano il tipico tratto delle opere di Pino Zac e uniscono al tratto sottile un gusto per figure grottesche e rubiconde: domina comunque una essenzialità che trova la sua maggior evidenza nelle scene di massa, dove la confusione dei corpi produce figure dal tratto più incerto e dai colori più evanescenti, dove spesso le masse si confondono in una tinta uniforme e restituiscono l’idea del caos in una battaglia dove a combattere sono degli autentici spiantati e non esiste gloria quanto trambusto. Non mancano scelte stilistiche che riescono ad aggiornare magnificamente l’intento originario di Tassoni al format del tele-fumetto: in particolare la cruenza degli scontri viene ribaltata di segno attraverso immagini comiche in cui le guance o i nasi degli avversari sono affettati come fossero salumi, in una geniale intuizione che sembra rimandare ai capolavori grotteschi del grande collega Benito Jacovitti, ma che è anche fedelissima alle atmosfere evocate da alcuni passaggi del poema (“che gli tagliò quella testaccia riccia / con una pestarola da salciccia”).
L’animazione invece si limita a far recitare il Tassoni e il “Potta” (ovvero il potestà modenese), mentre per il resto si segue la formula del fumetto televisivo, con tanto di baloon, onomatopee e, soprattutto, una regia che isola i dettagli e restituisce il senso del movimento, aiutata naturalmente da un apparato sonoro puntuale e che nella sua essenzialità sa focalizzarsi sui punti principali (lo scorrere d’acqua nella secchia, il rumore della folla che combatte). A rivederlo oggi pare incredibile che la televisione italiana abbia prodotto un simile capolavoro, capace di unire un gusto popolare a una incredibile ricercatezza nella scelta del testo: d’altronde Pino Zac (pseudonimo di Giuseppe Zaccaria) è stato nella sua vita poeta e artista satirico, quindi il suo interesse per l’opera di Tassoni appare comprensibile.
Tra i fautori dell’unione di “alto” e “basso”, contrario al poema epico e invece più incline a una satira di costume, qui evidente nella grottesca figura del potestà, Tassoni era alfiere di un tipo di poesia che si rivolgesse a un pubblico non d’élite ma popolare. Sicuramente avrebbe gradito questa splendida trasposizione del suo lavoro.
Biografia e disegni di Pino Zac
La secchia rapita: il poema su Wikipedia
Alessandro Tassoni su Wikipedia
Il poema originale
1 commento:
Bene!, ero incerta se comprare uno dei dvd, giusto per nostalgia, almeno so su quale numero puntare.
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