Venezia 70: eccesso di
zelo
Un'altra Mostra è finita
e si torna a casa, cercando di riordinare le idee, mentre le maggiori
testate italiane celebrano il trionfo italiano. Tagliamo subito la
proverbiale testa al toro (o meglio, al leone!): non ho visto Sacro
GRA, non per snobismo, ma per semplice calcolo. Di solito evito i
film italiani per recuperarli poi con calma in sala, e mi dedico alle
pellicole che avrei difficoltà a reperire altrimenti (o che vedrei
in sala doppiate, preferisco sempre le versioni originali). Nei
prossimi giorni vorrei fare dei brevi report dedicati alle pellicole
più interessanti del festival, in questa sede mi limito a fornire le
mie impressioni, considerati anche i tre anni d'assenza che avevo
sottolineato nel pezzo della vigilia.
L'impatto è sicuramente
forte, si sente molto la differenza rispetto all'era Muller, il nuovo
gruppo ha lavorato in modo da dare alla Mostra un'identità molto
specifica, fatta di pellicole solide (pochissimi gli sbagli),
inserite in programmazioni organiche dove spesso i temi rimbalzavano
da uno schermo all'altro. Anche laddove lo spirito era orientato al
più puro entertainment (il vertiginoso Gravity di Cuaron,
l'horror Wolf Creek 2 di Greg McLean), in filigrana emergevano
sempre una concretezza e una capacità di stare nella realtà, nella
Storia o nei drammi personali dei protagonisti davvero notevoli. Di
concerto, sezioni a volte avvertite come autentici corpi estranei (la
Settimana della Critica, le Giornate degli Autori, Orizzonti e la
retrospettiva, stavolta dedicata ai Classici Restaurati) sono apparsi
decisamente più affini di quanto non fossero in passato al programma
principale, dando l'idea di una formula rigidamente strutturata, ma
allo stesso tempo “liquida”, dove le suggestioni scivolavano fra
una sala e l'altra.
Certo, tanta coerenza ha
avuto il suo inevitabile rovescio della medaglia, dato dal fatto che
in questo modo il programma è apparso eccessivamente monocorde,
refrattario a slanci davvero liberatori nell'assurdo o nell'estremo
(a parte, forse, con il folle Sion Sono di Jigoku de naze
warui/Why Don't You Play in Hell?), quasi come a voler rimarcare
con eccessiva puntigliosità la differenza con le follie della
precedente direzione di Muller. Non è un caso se l'impressione
generale è quella di un programma molto buono nella sostanza (tanti
i titoli di valore), ma generalmente privo di punte davvero
entusiasmanti.
Sono state insomma
rispettate le previsioni che avevo fatto prima di partire per il Lido, con una Mostra rigorosa e decisamente più controllata anche
nel numero dei titoli, tanto che – a parte il solo Kim Ki-Duk
confinato principalmente in sale di piccole dimensioni – non c'è
stata nemmeno la consueta fatica nell'accedere alle visioni e tutto è
parso molto ben razionalizzato. Ecco, quello della gestione degli
spazi rimane un altro capitolo da esplorare e che stavolta ha
mostrato segnali incoraggianti: la Mostra di Venezia, lo si dice
poco, non è un evento “facile” o “rilassante”. Per capire lo
stato d'animo con cui la si affronta bisogna pensare a una maratona
sportiva. Ci si diverte, certo, ma la logistica è spesso logorante,
il personale di sala è maniacale nel proibire o controllare, e il
Lido è una zona di relax, ma non di villeggiatura, quindi risulta
carente di servizi adeguati. Da questo punto di vista va accolto con
favore il tentativo di andare incontro alle esigenze dei
frequentatori, creando un luogo che fosse sì di visione e di lavoro,
ma dove fosse possibile anche ritagliarsi un momento di pace,
all'interno di una scenografia più “aperta” e meno oppressiva
che in passato. Il tutto in attesa di dare forma alla più volte
annunciata cittadella del cinema (di cui si vedranno i primi,
palpabili, segnali l'anno prossimo con l'annunciato rinnovo della
sala Darsena, una delle più grandi del complesso).
Insomma, si torna a casa
con la soddisfazione di un evento che, pur con tutti i suoi limiti,
si muove e cerca un posto nella contemporaneità, all'interno di
fermenti che si spera continueranno a essere incanalati nel modo
giusto, magari con un piglio più eclettico e uno zelo meno
eccessivo. Qualcosa, insomma, si muove.
3 commenti:
Ottimo resoconto aspetto le rece dettagliate ;-)
Giusto per avere qualche breve anticipazione poi l'hai visto "Joe"??? è bello??? cm'è la performance di Nic???
Wolf Creek 2 invece??? un mio amico era al lido e mi ha detto che è fighissimo, anche meglio del primo.
Ciao Fabio, sì, visti entrambi :-)
"Joe" è bello, ma non so che tipo di film ti aspetti, è una specie di "Gran Torino": Nic se la cava molto bene, ma personalmente avrei messo un attore più grande come età (questa valutazione comunque è soggettiva). Il film ha anche vinto un premio per l'attore emergente (il giovane Tye Sheridan).
"Wolf Creek 2" è una bomba, di questo farò la recensione lunga :-)
Perfetto, se è sullo stile di Gran Torino si va alla grande e poi cmq il grande Nic vale la visione ;-)
Wolf Creek 2 non vedo l'ora, il primo mi era piaciuto assai, si vocifera che da noi uscirà al cinema in febbraio, speriamo sia una notizia certa, cmq aspetto con ansia la tua rece ;-)
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