"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

giovedì 9 maggio 2013

Effetti collaterali

Effetti collaterali

Dopo una serie di sfortunati eventi (il marito viene arrestato per insider trading, un aborto la priva della bambina che portava in grembo e il tenore di vita passa repentinamente dal lusso al semplice sostentamento), Emily Taylor cade in uno stato di profonda depressione, tanto da iniziare a manifestare comportamenti autolesionisti. Rimasta fortunatamente illesa dopo un tentato suicidio, Emily viene presa in cura dal dottor John Banks: le medicine, però, provocano dei comportamenti imprevisti, tanto che Emily, in stato di incoscienza, arriva a uccidere il marito Martin (da poco uscito di prigione e intento a rifarsi una vita). Il processo sembra indirizzarsi verso un'assoluzione per incapacità d'intendere e di volere ma Banks inizia a subire l'ostracismo dei colleghi per la cattiva pubblicità che gli eventi gli hanno procurato. L'uomo pertanto indaga su cosa sia realmente successo e scopre una verità molto più complessa...


Qualche mese fa Steven Soderbergh ha annunciato di volersi prendere una pausa dopo anni di superlavoro che lo hanno visto sfornare decide di pellicole: Effetti collaterali non è destinata a essere la pellicola dell'arrivederci (è in fase di completamento l'ultima Behind the Candelabra), ma certo appare quasi un naturale punto d'approdo di una fase che da The Informant!, passando per Contagion, Knockout e (in parte) Magic Mike, descrive un percorso coerente, la cui conclusione è ora affidata a un'opera decisamente più strutturata del solito, apparentemente “chiusa” fra continui twist narrativi, quasi a voler creare un sistema di riferimenti complessi in grado di “contenere” la mole di influenze fin qui disseminate.

Soderbergh compie, insomma, un'operazione non dissimile da quella tentata (con minore fortuna) da Christopher Nolan con Il cavaliere oscuro: Il ritorno. Qui come lì in primo piano sembra ergersi l'operazione di scrittura, attraverso una trama complessa, fitta di dialoghi e riferimenti che si allontanano via via dalla mera vicenda thriller per interessare ambiti più ampi. C'è quindi il dramma di Emily, che – secondo una logica dei cerchi concentrici – diventa progressivamente un atto d'accusa ai soprusi delle industrie farmaceutiche (e qui il parallelo con Contagion si fa più evidente); un meccanismo stritolatore che coinvolge un uomo in cerca di una possibile via d'uscita dal problema in cui è rimasto coinvolto (come in The Informant!); e infine una spietata riflessione sui meccanismi dell'avidità e degli status symbol (Magic Mike docet!).

Nelle mani di Soderbergh, però, l'opera si eleva dallo status di semplice thriller di fattura para-letteraria per diventare materia duttile, che il regista manipola con la consueta scaltrezza e quel piacere del fare cinema che ormai si apprezza nella sua opera: per l'evidente eleganza e fluidità con cui giostra le sterzate del plot, assecondando i toni e ammantando tutto di una perenne aura d'ambiguità; per i divertiti giochi cinefili che, fin dalla circolarità di una vicenda che si apre e si chiude con un carrellata ad avvicinarsi e ad allontanarsi da una finestra, chiamano in causa il nume tutelare di Alfred Hitchcock (anche se la vicenda è decisamente poco hitchcockiana nella fattura); ma soprattutto per l'utilizzo assolutamente sorprendente del cast. Già la scelta di Jude Law è indicativa di una visione d'autore che, come già in Contagion, affida all'attore inglese il ruolo di ago della bilancia nel ribaltamento delle prospettive e nel disvelamento della finzione che attiene alla realtà messa in scena.

Ma ancor più forte è la scelta di un'attrice come Rooney Mara, emblema di una fisicità trasparente nella sua figura minuta, eppure capace di evocare un senso di corporalità offesa come poche altre interpreti oggi sono in grado di fare: l'ex Lisbeth Salander di David Fincher, infatti, dona ai suoi ruoli un'identificazione con il dramma così forte e così ben iscritta sul proprio corpo, da conferire a un ruolo altrimenti strumentale come quello di Emily uno spessore e una veridicità, che non fa altro che esaltare poi la geniale doppiezza del personaggio. Lo spettatore è infatti portato a empatizzare con un'interprete che agisce con tale trasporto, e a credere nella sua funzione di vittima, tanto da lasciarsi poi sorprendere dagli improvvisi ribaltamenti della storia.

Parimenti si può dire del sempre ottimo Channing Tatum, qui completamente ribaltato rispetto all'iconografia macho di Magic Mike e costretto nel ruolo di vittima suo malgrado; o una Catherine Zeta-Jones apparentemente irreprensibile e invece inscritta in un gioco di seduzioni. Soderbergh ossequia regole di genere, sfrutta i ribaltamenti per sorprendere, ma allo stesso tempo mette in scena un mondo di doppi, emblema di una realtà fondata sugli inganni, e fa emergere un ritratto sociale molto cupo, dove il fascino per la perizia cinematografica si salda al racconto di un universo senza morale, in un perenne rimpallo di meraviglia e orrore.

Dei tanti attori, Rooney Mara, come la Gina Carano di Knockout, resta comunque la principale cartina di tornasole, il terreno di gioco della vicenda, e non a caso il ritmo sembra assecondare in particolare le varie sfumature di un ruolo che passa attraverso continui sbalzi d'umore, dall'iperattività sessuale, al sonnambulismo assassino, fino al calcolo perverso del gioco del potere. I meccanismi, insomma, non possono mai prescindere dalle persone che li pongono in essere e, quindi, questo cinema così apparentemente algido e calcolatore è in fondo soltanto un racconto di esseri umani e delle regole che guidano le loro azioni.


Effetti collaterali
(Side Effects)
Regia: Steven Soderbergh
Sceneggiatura: Scott Z. Burns
Origine: Usa, 2013
Durata: 106'



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2 commenti:

myers82 ha detto...

sempre ottime le tue rece dav, direi che concordo in pieno soprattutto sulla splendida Rooney che da sola regge tutto il film, che cmq è proprio un bel thriller.
Spero che Soderbergh ci ripensi su questa storia di lasciare il cinema, è un bravo regista.

Death ha detto...

Ottimo thriller che sembra partire come atto d'accusa e poi inforca alcune diramazioni non scontate, anche se finalizzate alla semplice narrativa. A me ha intrattenuto per tutta la durata ed è riuscito a sorprendermi parecchie volte (il trailer "ingannevole" ha contribuito a spiazzarmi). Non ho visto The Informant! quindi non saprei dire, ma il paragone con Contagion viene davvero da sé :)