Effetti collaterali
Dopo una serie di
sfortunati eventi (il marito viene arrestato per insider trading, un
aborto la priva della bambina che portava in grembo e il tenore di
vita passa repentinamente dal lusso al semplice sostentamento), Emily
Taylor cade in uno stato di profonda depressione, tanto da iniziare a
manifestare comportamenti autolesionisti. Rimasta fortunatamente
illesa dopo un tentato suicidio, Emily viene presa in cura dal dottor
John Banks: le medicine, però, provocano dei comportamenti
imprevisti, tanto che Emily, in stato di incoscienza, arriva a
uccidere il marito Martin (da poco uscito di prigione e intento a
rifarsi una vita). Il processo sembra indirizzarsi verso
un'assoluzione per incapacità d'intendere e di volere ma Banks
inizia a subire l'ostracismo dei colleghi per la cattiva pubblicità
che gli eventi gli hanno procurato. L'uomo pertanto indaga su cosa
sia realmente successo e scopre una verità molto più complessa...
Qualche mese fa Steven
Soderbergh ha annunciato di volersi prendere una pausa dopo anni di
superlavoro che lo hanno visto sfornare decide di pellicole: Effetti
collaterali non è destinata a essere la pellicola
dell'arrivederci (è in fase di completamento l'ultima Behind the
Candelabra), ma certo appare quasi un naturale punto d'approdo di
una fase che da The Informant!, passando per Contagion,
Knockout e (in parte) Magic Mike, descrive un percorso
coerente, la cui conclusione è ora affidata a un'opera decisamente
più strutturata del solito, apparentemente “chiusa” fra continui
twist narrativi, quasi a voler creare un sistema di
riferimenti complessi in grado di “contenere” la mole di
influenze fin qui disseminate.
Soderbergh compie,
insomma, un'operazione non dissimile da quella tentata (con minore
fortuna) da Christopher Nolan con Il cavaliere oscuro: Il ritorno.
Qui come lì in primo piano sembra ergersi l'operazione di scrittura,
attraverso una trama complessa, fitta di dialoghi e riferimenti che
si allontanano via via dalla mera vicenda thriller per interessare
ambiti più ampi. C'è quindi il dramma di Emily, che – secondo una
logica dei cerchi concentrici – diventa progressivamente un atto
d'accusa ai soprusi delle industrie farmaceutiche (e qui il parallelo
con Contagion si fa più evidente); un meccanismo stritolatore
che coinvolge un uomo in cerca di una possibile via d'uscita dal
problema in cui è rimasto coinvolto (come in The Informant!);
e infine una spietata riflessione sui meccanismi dell'avidità e
degli status symbol (Magic Mike docet!).
Nelle mani di Soderbergh,
però, l'opera si eleva dallo status di semplice thriller di fattura
para-letteraria per diventare materia duttile, che il regista
manipola con la consueta scaltrezza e quel piacere del fare cinema
che ormai si apprezza nella sua opera: per l'evidente eleganza e
fluidità con cui giostra le sterzate del plot, assecondando i toni e
ammantando tutto di una perenne aura d'ambiguità; per i divertiti
giochi cinefili che, fin dalla circolarità di una vicenda che si
apre e si chiude con un carrellata ad avvicinarsi e ad allontanarsi
da una finestra, chiamano in causa il nume tutelare di Alfred
Hitchcock (anche se la vicenda è decisamente poco hitchcockiana
nella fattura); ma soprattutto per l'utilizzo assolutamente
sorprendente del cast. Già la scelta di Jude Law è indicativa di
una visione d'autore che, come già in Contagion, affida
all'attore inglese il ruolo di ago della bilancia nel ribaltamento
delle prospettive e nel disvelamento della finzione che attiene alla
realtà messa in scena.
Ma ancor più forte è la
scelta di un'attrice come Rooney Mara, emblema di una fisicità
trasparente nella sua figura minuta, eppure capace di evocare un
senso di corporalità offesa come poche altre interpreti oggi sono in
grado di fare: l'ex Lisbeth Salander di David Fincher, infatti, dona
ai suoi ruoli un'identificazione con il dramma così forte e così
ben iscritta sul proprio corpo, da conferire a un ruolo altrimenti
strumentale come quello di Emily uno spessore e una veridicità, che
non fa altro che esaltare poi la geniale doppiezza del personaggio.
Lo spettatore è infatti portato a empatizzare con un'interprete che
agisce con tale trasporto, e a credere nella sua funzione di vittima,
tanto da lasciarsi poi sorprendere dagli improvvisi ribaltamenti
della storia.
Parimenti si può dire
del sempre ottimo Channing Tatum, qui completamente ribaltato
rispetto all'iconografia macho di Magic Mike e
costretto nel ruolo di vittima suo malgrado; o una Catherine
Zeta-Jones apparentemente irreprensibile e invece inscritta in un
gioco di seduzioni. Soderbergh ossequia regole di genere, sfrutta i
ribaltamenti per sorprendere, ma allo stesso tempo mette in scena un
mondo di doppi, emblema di una realtà fondata sugli inganni, e fa
emergere un ritratto sociale molto cupo, dove il fascino per la
perizia cinematografica si salda al racconto di un universo senza
morale, in un perenne rimpallo di meraviglia e orrore.
Dei tanti attori, Rooney
Mara, come la Gina Carano di Knockout, resta comunque la
principale cartina di tornasole, il terreno di gioco della vicenda, e
non a caso il ritmo sembra assecondare in particolare le varie
sfumature di un ruolo che passa attraverso continui sbalzi d'umore,
dall'iperattività sessuale, al sonnambulismo assassino, fino al
calcolo perverso del gioco del potere. I meccanismi, insomma, non
possono mai prescindere dalle persone che li pongono in essere e,
quindi, questo cinema così apparentemente algido e calcolatore è in
fondo soltanto un racconto di esseri umani e delle regole che guidano
le loro azioni.
Effetti collaterali
(Side Effects)
Regia: Steven
Soderbergh
Sceneggiatura: Scott
Z. Burns
Origine: Usa, 2013
Durata: 106'
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2 commenti:
sempre ottime le tue rece dav, direi che concordo in pieno soprattutto sulla splendida Rooney che da sola regge tutto il film, che cmq è proprio un bel thriller.
Spero che Soderbergh ci ripensi su questa storia di lasciare il cinema, è un bravo regista.
Ottimo thriller che sembra partire come atto d'accusa e poi inforca alcune diramazioni non scontate, anche se finalizzate alla semplice narrativa. A me ha intrattenuto per tutta la durata ed è riuscito a sorprendermi parecchie volte (il trailer "ingannevole" ha contribuito a spiazzarmi). Non ho visto The Informant! quindi non saprei dire, ma il paragone con Contagion viene davvero da sé :)
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