"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

lunedì 27 maggio 2013

NO - I giorni dell'arcobaleno

NO - I giorni dell'arcobaleno

Cile, 1988. Il dittatore Augusto Pinochet è costretto dalle pressioni internazionali a legittimare il proprio regime attraverso un referendum popolare. I leader dell'opposizione decidono quindi di chiedere al brillante pubblicitario René Saavedra una consulenza sulla campagna per il NO. I partiti vorrebbero infatti che i messaggi fossero incentrati esclusivamente sull'accusa ai crimini perpetrati dal regime, che finalmente potrebbero essere denunciati in uno spazio libero sulle tv nazionali. Ma René, invece, produce una campagna anticonformista, con un linguaggio nuovo, e completamente basato sul concetto di “allegria”, legato alla possibilità offerta dal cambiamento di regime. La manovra, apparentemente spregiudicata e guardata con scetticismo anche fra le fila dell'opposizione, si rivela un grosso successo, tanto da spingere il governo a manovre intimidatorie verso gli avversari. Dal canto suo, René, dapprima restio a coinvolgersi fino in fondo perché convinto che la competizione sia truccata, inizia progressivamente a investire tutte le sue forze nel progetto.


L'equità, la giustizia, la libertà sono più che parole: sono prospettive.
(V per Vendetta)

Terzo film della trilogia che Pablo Larrain ha dedicato al Cile e ai bui anni della dittatura di Pinochet: il primo, Tony Manero, raccontava infatti il tentativo di scalata al successo di uno showman durante gli anni del regime; il secondo, Post Mortem, era invece incentrato più direttamente sul golpe del 1973 che aveva portato il generale al potere. Stavolta ci si sposta avanti di un decennio, ai tempi dello storico referendum che spianò la strada al ritorno della democrazia, raccontato attraverso l'innovativa campagna pubblicitaria dell'opposizione - il personaggio di René Saavedra è comunque di finzione, ma si ispira a Eugenio Gàrcia e José Manuel Salcedo, che effettivamente furono i creativi dell'operazione. E' una scelta che, già soltanto negli intenti, sembra costituire il naturale punto d'approdo del percorso iniziato con i precedenti lavori, in un mix di riflessione storica e analisi dei linguaggi spettacolari capaci di definire uno spazio multiforme, netto nei contenuti (non c'è dubbio da che parte si schieri l'autore) ma estremamente composito nei sentimenti che mette in campo.

Al di là delle inevitabili (e doverose) valutazioni politiche che il film innesca, colpisce infatti la feconda dialettica interna che viene messa in campo, e che si articola attraverso un gioco di opposizioni molto complesso: il concetto dell'allegria si accompagna così a un clima tutt'altro che sereno e che, proprio in virtù del suo stridente messaggio, rappresenta tanto un azzardo quanto una prospettiva sganciata dalla contingenza degli eventi e proiettata in un futuro assolutamente ideale. E' interessante in tal senso il messaggio che René ripete quasi meccanicamente ogni qual volta presenta una delle sue campagne: “ciò che state per vedere è in linea con l'attuale contesto sociale”. In effetti, un'altra delle feconde contraddizioni della storia è questa sua proiezione futura, che però sta in un presente percepito molto chiaramente da René, nonostante la sua natura apolide. Il ragazzo è infatti figlio di un esule ed è tornato in Cile da non molto tempo, tanto da essere chiaramente percepito come un “esterno”.

Larrain lavora proprio sul doppio registro che vede da un lato René fautore della gigantesca macchina pubblicitaria che mette il pubblico di fronte alla prospettiva di una felicità futura, il suo essere cioè un perfetto ingranaggio interno del sistema di opposizione; per contro, però, lo stesso protagonista è sempre altro rispetto al contesto che pure dimostra di capire molto meglio dei colleghi. Prova ne sia il fatto che l'attore Gael Garcia Bernal attraversa quasi tutto il film con un'espressione neutra, se non vagamente contrita, raramente rotta da sorrisi più vicini a una smorfia che a una liberazione nel segno di quella “allegria” che pure egli “vende” attraverso le sue pubblicità. Il finale stesso lo vede solo tra la folla che festeggia la vittoria.

Questa sua natura “sospesa” è peraltro la stessa che la vicenda radiografa con altrettanta sapienza. Il Cile del 1988 è infatti una nazione a metà del guado, perché attraversa la fase di incertezza e rischio legata a un referendum che impone al regime di allargare le maglie della censura, dove i funzionari governativi si impegnano però in una sotterranea opera di dissuasione attraverso azioni intimidatorie. Esiste così un doppio dialogo: quello fra la realtà immaginata e quella reale (fatta di intimidazioni) e quella fra le differenti pubblicità. Non stupisce, pertanto, che, a partire da un certo momento, si instauri una vera e propria dinamica del “rimpallo”, attraverso la quale gli spot iniziano a interagire fra loro, a scontrarsi dialetticamente. Il tutto mentre gli stessi fautori delle campagne si dividono, si lanciano accuse, discutono le strategie da tenere.

Tutto è riassumibile in ciò che René, giustamente, imputa al regime: la sua capacità proteiforme, che gli ha permesso di impadronirsi di concetti altrimenti considerati a lui avversi. La gente è portata a sostenere Pinochet perché questi incarna apparentemente la possibilità di una vita migliore, nonostante i metodi brutali con cui reprime gli oppositori. Si tratta quindi di operare un ulteriore ribaltamento, attraverso una visione del futuro che riporti a casa i concetti fondamentali di chi si oppone all'esistente. E che, per farlo, deve adottare linguaggi promulgati da un protagonista che guarda all'esterno dei confini nazionali, assaporando e comprendendo “l'attuale contesto sociale”.

Il tutto è poi elevato a un livello più raffinato attraverso il gioco di realtà e finzione della messinscena: il riferimento non è tanto alla componente fiction che circonda il protagonista, quanto allo stile vero e proprio, dove la fotografia sovraesposta restituisce il sapore delle immagini “consumate”, tipiche dei nastri d'epoca. La ricostruzione e i reali spot del 1988 entrano quindi anch'essi in reciproca interazione, riverberando il gioco di rimpalli alla base dell'operazione. Ma, ancor più, la dialettica del film è pure quella tra la sfida generale della nazione e il dramma personale e umano di René, che si convince a donare tutto se stesso per la causa, quando si rende conto di come la dittatura coinvolga direttamente il suo microcosmo, con la moglie spesso in prigione per le sue proteste al regime, e un figlio cui offrire un mondo migliore. Si può così comprendere quanto apparentemente semplice, ma in realtà molto complessa, sia effettivamente la prospettiva adottata da Larrain per questo suo preziosissimo film.

Presentato in anteprima italiana al Torino Film Festival 2012.


NO – I giorni dell'arcobaleno
(NO)
Regia: Pablo Larrain
Sceneggiatura: Pedro Peirano
Origine: Cile/Francia/Usa, 2012
Durata: 118'


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