NO - I giorni
dell'arcobaleno
Cile, 1988. Il
dittatore Augusto Pinochet è costretto dalle pressioni
internazionali a legittimare il proprio regime attraverso un
referendum popolare. I leader dell'opposizione decidono quindi di
chiedere al brillante pubblicitario René Saavedra una consulenza
sulla campagna per il NO. I partiti vorrebbero infatti che i messaggi
fossero incentrati esclusivamente sull'accusa ai crimini perpetrati
dal regime, che finalmente potrebbero essere denunciati in uno spazio
libero sulle tv nazionali. Ma René, invece, produce una campagna
anticonformista, con un linguaggio nuovo, e completamente basato sul
concetto di “allegria”, legato alla possibilità offerta dal
cambiamento di regime. La manovra, apparentemente spregiudicata e
guardata con scetticismo anche fra le fila dell'opposizione, si
rivela un grosso successo, tanto da spingere il governo a manovre
intimidatorie verso gli avversari. Dal canto suo, René, dapprima
restio a coinvolgersi fino in fondo perché convinto che la
competizione sia truccata, inizia progressivamente a investire tutte
le sue forze nel progetto.
L'equità,
la giustizia, la libertà sono più che parole: sono prospettive.
(V per
Vendetta)
Terzo film della trilogia
che Pablo Larrain ha dedicato al Cile e ai bui anni della dittatura
di Pinochet: il primo, Tony Manero, raccontava infatti il
tentativo di scalata al successo di uno showman durante gli anni del
regime; il secondo, Post Mortem, era invece incentrato più
direttamente sul golpe del 1973 che aveva portato il generale al
potere. Stavolta ci si sposta avanti di un decennio, ai tempi dello
storico referendum che spianò la strada al ritorno della democrazia,
raccontato attraverso l'innovativa campagna pubblicitaria
dell'opposizione - il personaggio di René Saavedra è comunque di
finzione, ma si ispira a Eugenio Gàrcia e José Manuel Salcedo, che
effettivamente furono i creativi dell'operazione. E' una scelta che,
già soltanto negli intenti, sembra costituire il naturale punto
d'approdo del percorso iniziato con i precedenti lavori, in un mix di
riflessione storica e analisi dei linguaggi spettacolari capaci di
definire uno spazio multiforme, netto nei contenuti (non c'è dubbio
da che parte si schieri l'autore) ma estremamente composito nei
sentimenti che mette in campo.
Al di là delle
inevitabili (e doverose) valutazioni politiche che il film innesca,
colpisce infatti la feconda dialettica interna che viene messa in
campo, e che si articola attraverso un gioco di opposizioni molto
complesso: il concetto dell'allegria si accompagna così a un clima
tutt'altro che sereno e che, proprio in virtù del suo stridente
messaggio, rappresenta tanto un azzardo quanto una prospettiva
sganciata dalla contingenza degli eventi e proiettata in un futuro
assolutamente ideale. E' interessante in tal senso il messaggio che
René ripete quasi meccanicamente ogni qual volta presenta una delle
sue campagne: “ciò che state per vedere è in linea con l'attuale
contesto sociale”. In effetti, un'altra delle feconde
contraddizioni della storia è questa sua proiezione futura, che però
sta in un presente percepito molto chiaramente da René, nonostante
la sua natura apolide. Il ragazzo è infatti figlio di un esule ed è
tornato in Cile da non molto tempo, tanto da essere chiaramente
percepito come un “esterno”.
Larrain lavora proprio
sul doppio registro che vede da un lato René fautore della
gigantesca macchina pubblicitaria che mette il pubblico di fronte
alla prospettiva di una felicità futura, il suo essere cioè un
perfetto ingranaggio interno
del sistema di opposizione; per contro, però, lo stesso
protagonista è sempre altro rispetto al contesto che pure
dimostra di capire molto meglio dei colleghi. Prova ne sia il fatto
che l'attore Gael Garcia Bernal attraversa quasi tutto il film con
un'espressione neutra, se non vagamente contrita, raramente rotta da
sorrisi più vicini a una smorfia che a una liberazione nel segno di
quella “allegria” che pure egli “vende” attraverso le sue
pubblicità. Il finale stesso lo vede solo tra la folla che festeggia
la vittoria.
Questa sua natura
“sospesa” è peraltro la stessa che la vicenda radiografa con
altrettanta sapienza. Il Cile del 1988 è infatti una nazione a metà
del guado, perché attraversa la fase di incertezza e rischio legata
a un referendum che impone al regime di allargare le maglie della
censura, dove i funzionari governativi si impegnano però in una
sotterranea opera di dissuasione attraverso azioni intimidatorie.
Esiste così un doppio dialogo: quello fra la realtà immaginata e
quella reale (fatta di intimidazioni) e quella fra le differenti
pubblicità. Non stupisce, pertanto, che, a partire da un certo
momento, si instauri una vera e propria dinamica del “rimpallo”,
attraverso la quale gli spot iniziano a interagire fra loro, a
scontrarsi dialetticamente. Il tutto mentre gli stessi fautori delle
campagne si dividono, si lanciano accuse, discutono le strategie da
tenere.
Tutto è riassumibile in
ciò che René, giustamente, imputa al regime: la sua capacità
proteiforme, che gli ha permesso di impadronirsi di concetti
altrimenti considerati a lui avversi. La gente è portata a sostenere
Pinochet perché questi incarna apparentemente la possibilità di una
vita migliore, nonostante i metodi brutali con cui reprime gli
oppositori. Si tratta quindi di operare un ulteriore ribaltamento,
attraverso una visione del futuro che riporti a casa i concetti
fondamentali di chi si oppone all'esistente. E che, per farlo, deve
adottare linguaggi promulgati da un protagonista che guarda
all'esterno dei confini nazionali, assaporando e comprendendo
“l'attuale contesto sociale”.
Il tutto è poi elevato a
un livello più raffinato attraverso il gioco di realtà e finzione
della messinscena: il riferimento non è tanto alla componente
fiction che circonda il protagonista, quanto allo stile vero e
proprio, dove la fotografia sovraesposta restituisce il sapore delle
immagini “consumate”, tipiche dei nastri d'epoca. La
ricostruzione e i reali spot del 1988 entrano quindi anch'essi in
reciproca interazione, riverberando il gioco di rimpalli alla base
dell'operazione. Ma, ancor più, la dialettica del film è pure
quella tra la sfida generale della nazione e il dramma personale e
umano di René, che si convince a donare tutto se stesso per la
causa, quando si rende conto di come la dittatura coinvolga
direttamente il suo microcosmo, con la moglie spesso in prigione per
le sue proteste al regime, e un figlio cui offrire un mondo migliore.
Si può così comprendere quanto apparentemente semplice, ma in
realtà molto complessa, sia effettivamente la prospettiva adottata
da Larrain per questo suo preziosissimo film.
Presentato in anteprima
italiana al Torino Film Festival 2012.
NO – I giorni
dell'arcobaleno
(NO)
Regia: Pablo Larrain
Sceneggiatura: Pedro
Peirano
Origine:
Cile/Francia/Usa, 2012
Durata: 118'
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