"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

lunedì 6 maggio 2013

Il labirinto delle passioni

Il labirinto delle passioni

Patsy Brand lavora come ballerina di rivista e si ritrova a fare da mecenate a Jill Cheyne, giunta dalla campagna in cerca di successo e rimasta senza denaro dopo aver subito un furto. Con scaltrezza e abilità, Jill riesce in breve a ritagliarsi un ruolo di primo piano e ad accettare anche le avances di un facoltoso principe: la sua vita cambia in breve tempo e a farne le spese è il rapporto con l'eterno fidanzato Hugh Fielding. Patsy intanto si sposa con Levett, collega di Hugh, che però ha una relazione con un'altra donna nelle colonie inglesi dove lavora. Quando scopre il doppiogioco del marito, Patsy decide di lasciarlo: sul posto c'è anche Hugh, che ancora aspetta il ritorno di Jill e che lotta contro una brutta febbre. Fra i due sboccerà l'amore.


Le ballerine che scendono da una scala a chiocciola, la soggettiva di uno spettatore che scruta le ragazze con un binocolo e Patsy che respinge le attenzioni di un ammiratore, che si complimenta per la sua chioma bionda, dimostrandogli che si tratta soltanto di una parrucca: sebbene soltanto al primo film, Alfred Hitchcock ha già le idee molto chiare su cosa gli interessi, e nei pochi minuti iniziali già inanella una serie di temi e figure retoriche che impareremo a conoscere molto bene nel suo cinema, i motivi spiraliformi, il voyeurismo e la finzione. Con poche inquadrature, il regista inglese descrive insomma uno spazio che è tutto di finzione e di esteriorità esibita, ma ben diversa nella propria sostanza. Perché solo conoscendo bene i meccanismi dell'apparenza si può tentare di alzarne il velo e scoprire cosa c'è sotto.

Il bello è notare come il regista inglese già si impegni nel codificare la propria poetica in una forma espressiva che sia forte soprattutto sul piano del linguaggio: siamo ancora nell'epoca del muto, ma il film evita le esasperazioni recitative tipiche del periodo, in favore di una mimica più naturale e capace perciò di sottolineare con il giusto vigore lo slittamento dei personaggi nelle rispettive zone oscure. Il tono stesso della storia mira a confondere lo spettatore, la prima parte vira soprattutto sui toni della commedia, complici le gag del simpatico cane Cuddles (che sembra capire le psicologie altrui meglio degli umani) e un gioco di corteggiamenti incrociati e ribaltamenti sui concetti di ingenuità e seduzione che rendono l'insieme variegato e incalzante, oltre che sorprendentemente leggero e romantico. Jill in particolare si offre inizialmente in quanto personaggio sprovveduto e idealista, giunta dalla campagna con una lettera di presentazione e pronta a gettarsi senza rete nel mondo dello spettacolo: quando però ne avrà l'occasione, sfoggerà una scaltrezza e un cinismo capace di non guardare in faccia a nessuno.


(qui sopra: una foto di scena del film basata sulla scena della parrucca)

Hithcock già si diverte, insomma, a giocare con le opposizioni, sovrapponendo in più di un caso elementi iconograficamente simili ma dai significati totalmente opposti: ne è buon esempio la mano di Patsy che saluta il marito in partenza dall'Inghilterra, che diventa quella dell'amante che lo accoglie in Africa, o il salvataggio che si tramuta in annegamento. Allo stesso tempo, la seconda parte del racconto sovverte completamente il tono della prima, si fa più cupa e violenta, nonostante l'apertura degli spazi dal chiuso del teatro o degli appartamenti alle lande soleggiate delle colonie inglese in Africa. La deriva finisce per assumere toni vagamente orrorifici o, comunque, fantastici, come testimoniano le visioni che assalgono Levett nel finale, quando lo spirito dell'amante morta torna a perseguitarlo e a spingerlo a tentare di eliminare anche la moglie.

I legami sentimentali vengono così messi alla berlina (“lei crede nell'amore?” è la domanda che Levett rivolge a Patsy) e ogni sentimento che attraversa la pellicola si annulla nell'opportunismo uguale e contrario che guida le principali azioni dei personaggi. Emerge però uno spirito di coesione che attraversa le persone più umili e che denota una dicotomia abbastanza netta fra chi è meno abbiente e chi, invece, è attratto dalle lusinghe del successo e del potere. Patsy viene così aiutata dai proprietari della casa in cui vive a raggiungere l'Africa e trova una naturale corrispondenza amorosa in Hugh, infine capace di recidere il legame con Jill, ormai immeritevole della sua attenzione. Siamo insomma a metà strada fra una mera ancorché efficace visione “anticapitalista” e un percorso di formazione che Patsy deve compiere passando attraverso il senso di colpa per non essere riuscita a impedire la perdizione di Jill e la sofferenza per l'inganno perpetrato da Levett ai suoi danni. Come avremo modo di vedere anche nell'Hitchcock futuro, la salvezza è un qualcosa che va guadagnato.


(qui sopra: fotobusta italiana)

Uscito in Italia con il titolo Il labirinto delle passioni e girato in parte proprio nel nostro paese, il film circola oggi come Il giardino del piacere, traduzione del titolo originale (che designa il teatro in cui lavorano Patsy e Jill). Sebbene rappresenti l'esordio registico di Hitchcock, la pellicola fu distribuita dopo il fortunato e successivo Il pensionante. Oggi è tranquillamente visibile su YouTube (con didascalie in lingua originale) essendo ormai libera dai diritti, ed è disponibile in DVD.

All'epoca Hitchcock veniva dalla gavetta come aiuto, e aveva alle spalle un progetto abortito per mancanza di fondi (Number 13), oltre alla coregia (non accreditata) di Always Tell Your Wife, che lo aveva messo in buona luce. Pertanto, il produttore Michael Balcon decise di puntare sul suo nome per svecchiare un panorama in crisi e gli affido il film insieme al successivo L'aquila della montagna, oggi purtroppo perduto. Assistente alla regia era Alma Reville, che in seguito sarebbe diventata la moglie e la compagna di vita dello stesso Hitchcock: a dispetto dei legami travagliati descritti nella storia, insomma, il lieto fine è arrivato ugualmente per tutti.

(qui sotto: la troupe de L'aquila della montagna al lavoro. Si riconoscono in basso un giovanissimo Alfred Hitchcock e, a destra, la moglie e assistente Alma Reville)



Il labirinto delle passioni (aka Il giardino del piacere)
Regia: Alfred Hitchcock
Sceneggiatura: Eliot Stannard (dal romanzo di Oliver Sandys)
Origine: UK, 1925 (muto)
Durata: 60'

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