Le 5 leggende
Babbo Natale (Nord),
il Coniglietto pasquale (Calmoniglio), la Fatina dei Denti (Dentina)
e Sandman (Sandy), l'Uomo dei Sogni, sono i Guardiani che proteggono
i bambini e infondono nel mondo meraviglia, speranza, gioia e sogno.
La loro missione sta però per essere messa a dura prova dal ritorno
di Pitch Black, l'Uomo Nero, che intende far trionfare la Paura
cancellando dai cuori dei bambini la fede nei valori positivi e nell'esistenza stessa dei Guardiani. Così,
i quattro sono costretti a unire le forze e, dietro mandato del
misterioso Uomo della Luna, che su tutto vigila, devono anche
annettere alla compagnia un nuovo Guardiano: si tratta di Jack Frost,
maestro delle nevi e dell'inverno. Ma quale ruolo può avere un
personaggio così solitario e dispettoso, spesso associato al freddo
e alle intemperie, con i Guardiani? La missione si sposa quindi con
la ricerca del “centro” di Jack, collegato al suo passato, quando
ancora era un essere umano...
Guillermo Del Toro ha
compiuto il miracolo: il grande regista messicano (qui produttore
esecutivo e consulente artistico) è infatti riuscito a piegare alla
propria poetica la formula della Dreamworks Animation, da sempre
appiattita su ritmi forsennati e banali ammiccamenti alla cultura
pop, incapaci di esprimere appieno la forza delle pur buone idee a
disposizione. Incredibile ma vero, nell'anno in cui la concorrente
Pixar ha sfornato l'unico suo prodotto deludente (Brave),
afflitto proprio dai difetti che sempre erano imputabili alla
Dreamworks, la casa della mezzaluna ci regala il film più maturo
della sua produzione, un'ode dolcissima e poetica al meraviglioso e
alla capacità di sognare.
La mano di Del Toro è
evidentissima nel piacere della narrazione e nel ritmo contemplativo
che permette alla storia di dispiegarsi senza rinunciare mai
all'esaltazione delle caratteristiche precipue di un racconto pensato
per il bambino che è in ogni spettatore, come a voler proclamare il
valore della fede nel fantastico. Non siamo molto lontani nemmeno dai
territori di uno Steven Spielberg e in effetti serpeggia un'atmosfera
da fantasy pre-digitale (nonostante le mirabilia tecniche
offerte proprio dalla Computer Graphic), vicine anche a certe opere
di Hayao Miyazaki (i buffi elfi di Babbo Natale sembrano usciti da
un'opera del Maestro giapponese) e ai libri di Michael Ende, con in
testa l'indimenticata Storia infinita. Anche in questo caso,
infatti, il racconto, oltre a costituire un'epica avventura che
avviluppa lentamente lo spettatore nelle spire di una grande
battaglia fra Bene e Male, è altresì una ricognizione critica e un
lavoro di smontaggio e rimontaggio sui codici della narrazione e
della mitologia popolare.
I Guardiani del film,
infatti, mostrano una natura “teorica”, in quanto risultano
costruiti secondo una dinamica di gruppo che guarda ai codici delle
fiabe e dei racconti d'avventura: Nord è un personaggio istrionico
ed è il capobanda, raffigurato come una sorta di vecchio pirata (con
tanto di scimitarre e tatuaggi); Calmoniglio è l'elemento irrequieto
e più “bellicoso” del gruppo; Sandman è il buffo comprimario
silenzioso, che nella sua apparenza quieta e pacioccona nasconde
incredibili poteri; Dentina è l'elemento “schizzato” e
iperattivo. La loro interazione funziona quindi anche in
virtù delle reciproche e diverse caratteristiche caratteriali. I
quattro, naturalmente, rappresentano poi anche diverse “tappe”
del fantastico, in rapporto al tempo e all'età delle persone: c'è
il Natale, la Pasqua, il momento del sonno e quello della perdita dei
denti da latte, che segna il passaggio dalla prima infanzia alla
vigilia dell'adolescenza.
L'interazione dei Guardiani
diventa così anche un simbolico percorso di formazione che si definisce
attraverso il confronto con l'Uomo Nero, rappresentante dei
timori collegati alla perdita dell'innocenza e, quindi, al
raggiungimento dell'età adulta. Non a caso la lotta si snoda su un
piano ideale che è anche quello del mantenimento della linearità
del tempo: Pitch Black, infatti, vuole far “tornare indietro” il
mondo ai secoli bui, laddove i Guardiani vigilano perché ogni
bambino possa sostanzialmente compiere il suo percorso di vita
in maniera lineare.
Il punto di fuga offerto
da una dicotomia così netta è garantito da Jack Frost, il quale è
effettivamente il personaggio che deve compiere il suo percorso, ma
lo deve fare sia sconfiggendo Pitch (e dunque proteggendo la
linearità temporale) sia “tornando indietro” all'infanzia,
secondo una dinamica quasi psicanalitica che dice della complessità
del testo. Il confronto con i ricordi, che permettono di individuare
il “centro” del personaggio, ha infatti il sapore di una seduta
che permette a Jack di diventare finalmente membro a tutti
gli effetti del gruppo e di costituire allo stesso tempo l'elemento
cerniera con quell'infanzia che i Guardiani (guarda caso tutti
adulti) di fatto proteggono, ma dimostrano di non conoscere fino in
fondo.
Al contrario, Jack è
l'unico a coltivare ancora il piacere del gioco e della
collaborazione con i bambini, perché è l'unico a comprendere
realmente la materia in cui è coinvolto. Ci riesce per un motivo
molto semplice: perché, oltre al divertimento, conosce la mancanza
dello stesso. I ragazzi infatti si giovano dei suoi poteri, ma non
riescono a vederlo. Frost, insomma, è l'unico personaggio che non
aderisce facilmente a uno schema (la storia infatti stravolge anche
abbastanza la sua classica iconografia, mostrandolo come un novello Peter Pan) e per questo si dimostra un personaggio
particolarmente maturo, a metà fra i due mondi contrapposti. Il suo
cuore guarda all'innocenza (matrice dei valori difesi dai
Guardiani), ma non ignora né demonizza semplicemente il potere della
Paura che attiene a Pitch: al contrario, ne comprende bene la forza,
e perciò lo scontro con il cattivo assume anche i termini di una
contesa personale.
L'aspetto più
interessante (e qui ritroviamo ancora Del Toro e il suo amore per
i legami affettivi) è però dato dal fatto che la cognizione di
Frost non lo pone come elemento più potente del gruppo (qualifica
che può invece essere attribuita a Sandman, che pure subisce più
degli altri la forza di Pitch): al contrario, la vittoria arriva
grazie alla cooperazione che Jack permette di instaurare fra
Guardiani e bambini, che nel finale si uniscono contro il nemico
comune, in una dinamica che eleva a potenza la forza del gruppo, dove
protetti e protettori si aiutano a vicenda.
Jack Frost è, insomma,
l'elemento a un tempo destabilizzante (perché rompe gli schemi) e
fortificante dei mondi che la vicenda pone in essere. Il film è quindi costruito interamente dal suo punto di vista, e la sua storia
aderisce naturalmente alla prospettiva cara a Del Toro, al regista
Peter Ramsey e a William Joyce, figura eclettica, animatore e autore
dei romanzi di partenza, che si ritaglia il ruolo del Michael Ende
della situazione.
Il risultato finale è
uno dei cartoon del decennio, che recupera la forza dell'innocenza in
una struttura apparentemente semplice, ma in realtà complessa e
matura: un perfetto film di Natale.
Le 5 leggende
(Rise of the
Guardians)
Regia: Peter Ramsey
Sceneggiatura: David
Lindsey-Abaire (ispirato a I guardiani dell'infanzia
di William Joyce e al cortometraggio The Man in the Moon, dello
stesso autore)
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