"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

domenica 9 dicembre 2012

Le 5 leggende

Le 5 leggende

Babbo Natale (Nord), il Coniglietto pasquale (Calmoniglio), la Fatina dei Denti (Dentina) e Sandman (Sandy), l'Uomo dei Sogni, sono i Guardiani che proteggono i bambini e infondono nel mondo meraviglia, speranza, gioia e sogno. La loro missione sta però per essere messa a dura prova dal ritorno di Pitch Black, l'Uomo Nero, che intende far trionfare la Paura cancellando dai cuori dei bambini la fede nei valori positivi e nell'esistenza stessa dei Guardiani. Così, i quattro sono costretti a unire le forze e, dietro mandato del misterioso Uomo della Luna, che su tutto vigila, devono anche annettere alla compagnia un nuovo Guardiano: si tratta di Jack Frost, maestro delle nevi e dell'inverno. Ma quale ruolo può avere un personaggio così solitario e dispettoso, spesso associato al freddo e alle intemperie, con i Guardiani? La missione si sposa quindi con la ricerca del “centro” di Jack, collegato al suo passato, quando ancora era un essere umano...


Guillermo Del Toro ha compiuto il miracolo: il grande regista messicano (qui produttore esecutivo e consulente artistico) è infatti riuscito a piegare alla propria poetica la formula della Dreamworks Animation, da sempre appiattita su ritmi forsennati e banali ammiccamenti alla cultura pop, incapaci di esprimere appieno la forza delle pur buone idee a disposizione. Incredibile ma vero, nell'anno in cui la concorrente Pixar ha sfornato l'unico suo prodotto deludente (Brave), afflitto proprio dai difetti che sempre erano imputabili alla Dreamworks, la casa della mezzaluna ci regala il film più maturo della sua produzione, un'ode dolcissima e poetica al meraviglioso e alla capacità di sognare.

La mano di Del Toro è evidentissima nel piacere della narrazione e nel ritmo contemplativo che permette alla storia di dispiegarsi senza rinunciare mai all'esaltazione delle caratteristiche precipue di un racconto pensato per il bambino che è in ogni spettatore, come a voler proclamare il valore della fede nel fantastico. Non siamo molto lontani nemmeno dai territori di uno Steven Spielberg e in effetti serpeggia un'atmosfera da fantasy pre-digitale (nonostante le mirabilia tecniche offerte proprio dalla Computer Graphic), vicine anche a certe opere di Hayao Miyazaki (i buffi elfi di Babbo Natale sembrano usciti da un'opera del Maestro giapponese) e ai libri di Michael Ende, con in testa l'indimenticata Storia infinita. Anche in questo caso, infatti, il racconto, oltre a costituire un'epica avventura che avviluppa lentamente lo spettatore nelle spire di una grande battaglia fra Bene e Male, è altresì una ricognizione critica e un lavoro di smontaggio e rimontaggio sui codici della narrazione e della mitologia popolare.

I Guardiani del film, infatti, mostrano una natura “teorica”, in quanto risultano costruiti secondo una dinamica di gruppo che guarda ai codici delle fiabe e dei racconti d'avventura: Nord è un personaggio istrionico ed è il capobanda, raffigurato come una sorta di vecchio pirata (con tanto di scimitarre e tatuaggi); Calmoniglio è l'elemento irrequieto e più “bellicoso” del gruppo; Sandman è il buffo comprimario silenzioso, che nella sua apparenza quieta e pacioccona nasconde incredibili poteri; Dentina è l'elemento “schizzato” e iperattivo. La loro interazione funziona quindi anche in virtù delle reciproche e diverse caratteristiche caratteriali. I quattro, naturalmente, rappresentano poi anche diverse “tappe” del fantastico, in rapporto al tempo e all'età delle persone: c'è il Natale, la Pasqua, il momento del sonno e quello della perdita dei denti da latte, che segna il passaggio dalla prima infanzia alla vigilia dell'adolescenza.

L'interazione dei Guardiani diventa così anche un simbolico percorso di formazione che si definisce attraverso il confronto con l'Uomo Nero, rappresentante dei timori collegati alla perdita dell'innocenza e, quindi, al raggiungimento dell'età adulta. Non a caso la lotta si snoda su un piano ideale che è anche quello del mantenimento della linearità del tempo: Pitch Black, infatti, vuole far “tornare indietro” il mondo ai secoli bui, laddove i Guardiani vigilano perché ogni bambino possa sostanzialmente compiere il suo percorso di vita in maniera lineare.

Il punto di fuga offerto da una dicotomia così netta è garantito da Jack Frost, il quale è effettivamente il personaggio che deve compiere il suo percorso, ma lo deve fare sia sconfiggendo Pitch (e dunque proteggendo la linearità temporale) sia “tornando indietro” all'infanzia, secondo una dinamica quasi psicanalitica che dice della complessità del testo. Il confronto con i ricordi, che permettono di individuare il “centro” del personaggio, ha infatti il sapore di una seduta che permette a Jack di diventare finalmente membro a tutti gli effetti del gruppo e di costituire allo stesso tempo l'elemento cerniera con quell'infanzia che i Guardiani (guarda caso tutti adulti) di fatto proteggono, ma dimostrano di non conoscere fino in fondo.

Al contrario, Jack è l'unico a coltivare ancora il piacere del gioco e della collaborazione con i bambini, perché è l'unico a comprendere realmente la materia in cui è coinvolto. Ci riesce per un motivo molto semplice: perché, oltre al divertimento, conosce la mancanza dello stesso. I ragazzi infatti si giovano dei suoi poteri, ma non riescono a vederlo. Frost, insomma, è l'unico personaggio che non aderisce facilmente a uno schema (la storia infatti stravolge anche abbastanza la sua classica iconografia, mostrandolo come un novello Peter Pan) e per questo si dimostra un personaggio particolarmente maturo, a metà fra i due mondi contrapposti. Il suo cuore guarda all'innocenza (matrice dei valori difesi dai Guardiani), ma non ignora né demonizza semplicemente il potere della Paura che attiene a Pitch: al contrario, ne comprende bene la forza, e perciò lo scontro con il cattivo assume anche i termini di una contesa personale.

L'aspetto più interessante (e qui ritroviamo ancora Del Toro e il suo amore per i legami affettivi) è però dato dal fatto che la cognizione di Frost non lo pone come elemento più potente del gruppo (qualifica che può invece essere attribuita a Sandman, che pure subisce più degli altri la forza di Pitch): al contrario, la vittoria arriva grazie alla cooperazione che Jack permette di instaurare fra Guardiani e bambini, che nel finale si uniscono contro il nemico comune, in una dinamica che eleva a potenza la forza del gruppo, dove protetti e protettori si aiutano a vicenda.

Jack Frost è, insomma, l'elemento a un tempo destabilizzante (perché rompe gli schemi) e fortificante dei mondi che la vicenda pone in essere. Il film è quindi costruito interamente dal suo punto di vista, e la sua storia aderisce naturalmente alla prospettiva cara a Del Toro, al regista Peter Ramsey e a William Joyce, figura eclettica, animatore e autore dei romanzi di partenza, che si ritaglia il ruolo del Michael Ende della situazione.

Il risultato finale è uno dei cartoon del decennio, che recupera la forza dell'innocenza in una struttura apparentemente semplice, ma in realtà complessa e matura: un perfetto film di Natale.


Le 5 leggende
(Rise of the Guardians)
Regia: Peter Ramsey
Sceneggiatura: David Lindsey-Abaire (ispirato a I guardiani dell'infanzia di William Joyce e al cortometraggio The Man in the Moon, dello stesso autore)

Nessun commento: