"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

lunedì 19 dicembre 2011

Melancholia

Melancholia

Due sorelle: Justine e Claire. La prima è nel giorno del suo matrimonio, circondata dai familiari e con un marito che l'ama con tutto se stesso. Ma lei è inquieta, si aggira nervosa per casa, scappa dalla festa e lascia che il suo male di vivere lasci naufragare tutta. L'altra è apparentemente più razionale e stabile nel suo ménage familiare: ma anche lei vive un'inquietudine, per un fenomeno astrale gravido di conseguenze catastrofiche. Gli astronomi hanno infatti individuato un nuovo pianeta, Melancholia, la cui orbita potrebbe portarlo a collidere con la Terra.


Sembra quasi di avere a che fare con due differenti Kirsten Dunst: la prima è bellissima nel suo abito da sposa, la macchina da presa la scruta fin quasi a entrarle nei pori della pelle, in cerca di quella crepa che possa rivelare il travaglio che il suo personaggio attraversa nell'animo. Ma quella crepa non c'è, il suo male è tutto interiore e si estrinseca attraverso azioni lente ma implacabili, che arrivano a rompere la perfetta orchestrazione della cerimonia. A volte queste imperfezioni sono quasi dei piacevoli detour, come accade quando la limousine si incastra in una strettoia e i due sposini accolgono la cosa con un gusto quasi infantile per il fuori programma che ha concesso un'inedita occasione di divertimento.

E' in questi momenti che si pensa alla possibilità di un destino condiviso, poi destinata a naufragare di fronte alla convinzione che di fronte al male si è soli. Le imperfezioni diventano così fenditure profonde, che corrompono l'armonia della festa e rivelano in modo definitivo la scissione fra la perfezione esteriore - quella dei parenti composti a tavola - e una realtà fatta di sorelle “che si odiano”, madri che vomitano il proprio disprezzo e una sposa che si allontana sempre più, fino a far coincidere l'assenza fisica con quella mentale.

E poi c'è l'altra Kirsten, sfatta, scarmigliata, ma ancora doppia: in questo caso infatti il suo malessere è più esteriore che interiore, perché l'avvento della collisione astrale sembra lasciarla indifferente, quasi compiaciuta del fatto che il cosmo stesso stia sostanzialmente concretizzando quella tensione distruttiva che conduce al nulla, già compiuta dal suo animo. Adesso sembra quasi che il personaggio possa condividere la sua esistenza con qualcuno, è una sorta di fantasma che però la famiglia metabolizza in modo quasi organico, nonostante le crisi e i malesseri del caso.

Si rovescia in questo modo anche il ruolo della sorella Claire, prima perfetta orchestratrice della festa e poi invece vittima implacabile dell'angoscia che la porta a soffrire per il destino ineluttabile del pianeta. Il marito la segue, l'accompagna e la istruisce sul percorso che le stelle e i pianeti stanno compiendo e ancora una volta abbiamo la sensazione che sia possibile condividere un destino, fino al rivolgimento finale in cui l'uomo abbandona fisicamente questo mondo per l'improvvisa presa di coscienza di quanto sta per accadere.

Melancholia è questo, dunque, un progetto tanto complesso nei riferimenti interni e nella dialettica delle parti, quanto sorprendentemente vero e diretto nel riuscire a trasmettere la forza dei sentimenti che mette in ballo. Che non sono semplici e schematici però, perché nell'adesione ai tormenti dei personaggi, Von Trier riesce allo stesso tempo a farci percepire una sorta di assolutamente atipico ideale di bellezza, fra citazioni artistiche e un certo senso di definitivo che rende il tutto solenne nella sua, per l'appunto, malinconia: e questo accade già dal ralenti iniziale, dove siamo messi a conoscenza del destino del mondo, in una sintesi che al prologo di morte di Antichrist oppone una visione cosmologica su note wagneriane che sembra quasi una sorta di risposta al Kubrick di 2001 o, ancor più, al Terrence Malick di Tree of Life. In effetti è alquanto intrigante pensare a Melancholia come a una sorta di antitesi dell'opus magnum dell'autore americano. In entrambi i casi la riflessione parte dalla cellula base della coesione sociale (la famiglia) per poi spostarsi su un piano planetario, e viene iscritta in una complessa e spesso indecifrabile simbologia che, come un gioco di cerchi concentrici, chiama in causa ulteriori conflitti: padre contro madre, uomo contro donna, dovere contro festa, arte contro magia.

Alla fine, a suo modo, la bellezza trionfa perché la sintesi di questi scontri si ritrova nella devastazione catastrofica che però vede le sorelle riunite e per la prima volta destinate a condividere lo stesso destino, nella intelaiatura di una impossibile capanna/rifugio: cadute le convenzioni, caduta la razionalità, sconfitta la scienza, l'irrazionale ha il sopravvento, ma stavolta fra il regno del Caos e quello degli uomini si fa largo un barlume di bellezza che fa coincidere la fine con la gloria.


Melancholia
(id.)
Regia e sceneggiatura: Lars Von Trier
Origine: Danimarca/Germania/Francia/Svezia, 2011
Durata: 130'


3 commenti:

Simone Corà ha detto...

Per quanto ami Von Trier, Melancholia non mi è proprio piaciuto: banale all'inverosimile nell'impostazione dei personaggi e dei loro ruoli (alla scena della Dunst depressa che si tromba il ragazzetto sono scoppiato a ridere), soporifero nella costruzione della vicenda, con una seconda parte apparentemente bellissima dal punto di vista della stranezza dell'evolversi della storia, ma mortifera e, ancora una volta estremamente banale (se non addirittura posticcio), nel rapporto tra le due sorelle, con un Kiefer Sutherland a tratti ridicolo (quando si mangia TUTTI i pastigliotti DA SOLO è un'altra scena in cui sono scoppiato ridere).

Penso proprio che Von Trier abbia toppato alla grande, offrendo una piattissima visione della depressione, ovviamente con uno svilimento della figura femminile come è suo solito, senza alcuna pofondità e attenzione come fatto invece in passato. :)

Anonimo ha detto...

Il finale, poi, è una delle cose più potenti che ho visto quest'anno al cinema.

Ale55andra

Emmeggì ha detto...

D'accordo con Ale55andra su finale. Un grande film, forse assorbibile solo se c'è sensibilità nei confronti di determinate tematiche sottili, psicoanalitiche ed esoteriche...Un po' come per Tree of Life