Torino 2011: Day 9
Gli ultimi fuochi del
Torino Film Festival vedono ancora le 11 sale cittadine lavorare a
pieno regime per proporre i nuovi titoli di Francis Ford Coppola
(dopo l'anteprima stampa di ieri), Alexander Payne e Rodrigo Garcia:
il percorso giornaliero di questo resoconto è però diverso,
focalizzato su opere che corteggiano il lato fantastico, dopo
l'abbuffata di realismo degli ultimi giorni. Si inizia con uno dei
più controversi film di Robert Altman, quel Popeye che nel
1980 tentava la difficile impresa di portare in Live Action il mitico
Braccio di Ferro, grazie a una rosa di attori di straordinaria
aderenza ai modelli originali (Robin Williams come Popeye e Shelley
Duvall come Olivia). Un musical pop dove domina il tentativo di
riprodurre a menadito la comicità slapstick dei corti animati
realizzati dai fratelli Fleischer negli anni Trenta, insieme ad
alcune caratteristiche tipiche della versione originale del
personaggio, così come forgiato dai fumetti di Elzie Crisler Segar: parlata
“sgrammaticata”, grande senso dell'onore e una forza che non ha
necessariamente bisogno dei celebri spinaci. Il risultato è
originalissimo, non del tutto riuscito, e non merita certamente
l'embargo che attualmente circonda il film, assente da tantissimo
tempo dalle nostre tv e ancora inedito in DVD. Si prosegue con "Festa Mobile" e
Intruders, il nuovo horror di Juan Carlos Fresnadillo, già
regista di 28 settimane dopo, che racconta le imprese di un
“uomo nero” chiamato Hollow Face (Senza Faccia) che dagli armadi
perseguita i bambini che ne raccontano le imprese, in un gioco di
intrecci fra vite e storie. La confezione è coerente con molto
cinema fantastico spagnolo degli ultimi tempi (viene in mente il
primo Balaguerò) e rinnova il tema dell'invasione dello spazio domestico già sottolineato nei precedenti giorni. Tuttavia, pur funzionando dal versante prettamente
“atmosferico”, il film non abbandona un certo senso di artificiosità,
senza contare uno sviluppo molto prevedibile. Infine c'è ancora
spazio per la Francia, con Dernière Séance (sempre "Festa Mobile"), di Laurent
Achard, che racconta gli ultimi giorni di un cinema dove si proietta
French Cancan di Jean Renoir sotto la gestione di un novello
Norman Bates, che uccide giovani donne per adornare con i loro
orecchi le foto delle dive amate dalla madre. Il modello dichiarato
peraltro è anche L'occhio che uccide, di Michael Powell, per il
riferimento alla dimensione voyeuristica e al gioco di
rispecchiamenti fra realtà e finzione, ma l'insieme, seppur non
particolarmente incisivo, è interessante soprattutto come racconto
di una fine che ci si ostina a ignorare, un sentimento che ogni
appassionato di cinema ha provato almeno una volta di fronte alla
chiusura della propria sala preferita. Ed è bello pensare che i
sentimenti evocati da un simile film si intreccino a perfezione alla malinconia per una manifestazione giunta al termine anche per
quest'anno. Dopo i resoconti giornalieri è tempo del bilancio
finale, rimandato però al pezzo conclusivo.
Nessun commento:
Posta un commento