Com’è forse noto da queste parti i premi e le classifiche creano un po’ di allergia, ma è un piacere essere d’accordo con il trionfo di The Wrestler, diretto da un Darren Aronofsky distante dalla visionarietà e dai contorcimenti registici e di sceneggiatura che avevano connotato la precedente trilogia formata da Pigreco, Requiem for a Dream e L’albero della vita: in attesa di approfondire il film posso solo limitarmi ad affermare che Mickey Rourke è il più grande attore vivente. Molti di noi lo sapevano già, gli altri lo capiranno senza dubbio dopo la visione del film.
Al di là poi dei grandi nomi che hanno confermato (Miyazaki, Oshii, Bigelow, Demme, Naderi) o smentito le aspettative (Barbet Schroeder) il piacere più ricercato è ancora una volta quello per la folgorazione in sala: due i titoli da segnalare a questo proposito, Les plages d’Agnes e Sell Out!
Definire folgorante come se fosse una scoperta un film di Agnes Varda suona quasi una contraddizione, considerato il lungo percorso artistico dell’autrice, ma davvero di fronte a Les plages d’Agnes si prova il piacere di un’opera fresca e nuova, davvero sorprendente se consideriamo che si tratta di un bilancio che la grande regista francese compie sulla sua esistenza. Al contrario il malese Sell Out!, musical agrodolce sul mondo della televisione è una scoperta in tutto e per tutto, folgorazione pubblica della Settimana della Critica, divertente, geniale, inventivo (il brano presentato in forma di karaoke è impagabile!) e che, se le voci troveranno conferma, avrà anche una distribuzione italiana.
Il cinema italiano dal canto suo batte cassa con parecchi titoli, a maggior ragione se contiamo la retrospettiva “Questi fantasmi”, passata sfortunatamente un po’ in sordina: troppo specialistica e di nicchia per un festival così grande, non ha avuto sul grande pubblico l’appeal di quella dedicata ai B-movies del 2004 o di quella western del 2007, ma ha fornito l’occasione di vedere reperti rarissimi come i tagli dello Sceicco bianco di Fellini, la ricostruzione della Rabbia di Pasolini e autentici oggetti oscuri come Arcana di Giulio Questi e Toh, è morta la nonna! di un sorprendente Mario Monicelli (con fortunata proiezione alla presenza dell’autore e della diva Valentina Cortese). Nel complesso il passato batte nettamente il presente: non è soltanto questione di effetto nostalgia (“Il passato prossimo ci fa ridere; il passato remoto, invece, ci esalta e ci commuove” diceva giustamente Mario Bava), quanto di una spregiudicatezza che è mancata quasi del tutto alle opere nuove. Sebbene si confermi un buon momento per una cinematografia che sembra aver ritrovato stimoli, capacità di messinscena e, soprattutto, ottimo consenso di pubblico (basti pensare all’autentica ovazione che ha accolto Pranzo di Ferragosto, di Gianni Di Gregorio) la sensazione è quella di un cinema “corretto” e pavido, incapace di osare, diversamente da come invece si avvertiva nei titoli del passato (da non dimenticare a questo proposito la riscoperta di Yuppi Du di Adriano Celentano e, soprattutto, dell’opera rock Orfeo 9 di Tito Schipa Jr.).
Per il resto tanti nuovi ricordi da accantonare, una grande fatica a causa di una organizzazione zoppicante e non aiutata dalla collocazione sul lido veneziano (prezzi esagerati, zanzare killer e umidità persistente hanno fiaccato anche i più volenterosi), ma anche il piacere di incrociare per le strade Hayao Miyazaki, José Mojica Marins, di restare estasiati di fronte al fascino di Katryn Bigelow, in esatta controtendenza alla durezza del suo nuovo Hurt Locker, di ridere come matti di fronte al ritorno del kaiju eiga con il nuovissimo e parodistico Guilala no Gyakushu, diretto da Minoru Kawasaki e al quale appartiene la battuta più bella e corrosiva dell’interno festival “Finalmente la presenza dell’Italia nel G8 ha un senso”.
E ovviamente il gusto di costruire i propri percorsi cinefili, ritrovandosi in pochi nell’ultima giornata ad assistere alla folgorante visione di Ketto Takadanobaba del grandissimo Masahiro Makino: 51 minuti di puro jidai geki realizzati nel 1937 e ancora capaci di affascinare pienamente!
Tutto questo è stata l’edizione 65 dell’amata/odiata Mostra di Venezia: nelle settimane che seguiranno alcuni fra i film più meritevoli verranno approfonditi per meglio elencarne i pregi e i motivi d’interesse, nella speranza che la loro distribuzione sia la più ampia possibile.
4 commenti:
Bentornato.
E' un piacere sapere che le tue aspettative (che poi erano in larga parte coincidenti con le mie -- penso ad esempio alla Bigelow, che altrove non è piaciuta molto; apprendo invece con piacere che dal vivo è anche un bel pezzo di gnocca) sono state confermate.
Non sarei d'accordo sul fatto che Mickey Rourke sia il miglior attore vivente, ma di certo gli voglio bene. E vorremmo la coppa l'avessero data a lui.
Oggi in radio sentivo effettivamente critiche molto dure a questa edizione (definita "scialba") ed ero curioso di sentire il tuo parere.
Certo, sul fronte dei premi, fa un po' sensazione la vittoria di un film di Aronofsky con protagonista Mickey Rourke, ma se mi dici che è lui il miglior attore del mondo, beh, mi fido!
Sono d'accordo sulla tua analisi dei film italiani: non vorrei che ci si stesse sedendo sui buoni risultati di Cannes, che, per inciso, fra un anno non conteranno più molto...
Michey Rourke miglior attore vivente??? Mio Dio davide, quest'affermazione è a dir poco azzardata... comunque, l'importante è essere convinti delle proprie (folli) idee :))
scherzi a parte, sono molto curioso di vedere the wrestler. di certo aronofsky è un autore nient'affatto banale, a cui piace rischiare e sperimentare, e questo è già un bene.
sui giudizi di venezia, mi pare chiaro che siano solo messaggi politici atti a pubblicizzare Roma. che tristezza di paese.
Anche io mia affido alla distribuzione per riuscire a vedere quelli che sono i film interessanti di questa mostra. Ah, viva Rourke!! Ma miglior attore vivente forse è troppo :P
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