"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

martedì 9 settembre 2008

Il cavaliere oscuro

Il cavaliere oscuro

Mentre il nuovo procuratore distrettuale Harvey Dent ingaggia una lotta senza quartiere contro le famiglie mafiose, Gotham City deve affrontare l’ascesa di un nuovo criminale, il Joker, che minaccia direttamente Batman di continuare la sua opera distruttiva se il vigilante non rivelerà pubblicamente la sua identità. Bruce Wayne si trova quindi stretto fra il desiderio di abdicare al suo ruolo, anche per lasciare che Dent assurga finalmente al ruolo di eroe di cui la città ha bisogno, e la necessità di affrontare il Caos disseminato da Joker. Tutto questo senza contare Maggie, che ha promesso di aspettare il giorno in cui Bruce potrà avere una vita normale, ma che allo stesso tempo è sempre più attratta da Dent. Un intreccio di forze che non potranno che collidere fra loro, generando drammatiche conseguenze e che una volta di più faranno riflettere Batman su quale debba essere il suo ruolo.

Un film in equilibrio. Se si dovesse cercare di definire Il cavaliere oscuro con una sola frase questa sarebbe probabilmente quella giusta. Perché il suo intreccio nasce naturalmente da un incontro (e scontro) di forze opposte che a sua volta si riflette nella struttura articolata della sceneggiatura: in fondo alle spalle c’è un notissimo fumetto, che Christopher Nolan ha deciso di prosciugare radicalmente dei suoi orpelli barocchi per puntare a un esasperato realismo. Allo stesso tempo, però, questo approccio non può permettersi di rinnegare alcuni specifici topoi dell’opera cartacea, perché l’operazione di “asciugatura” mira proprio a riscoprire la cifra più “vera” di Batman (o quella che l’autore, a sua giusta discrezione, ritiene tale e predilige), quasi a ribadire che non siamo di fronte né alla versione pop televisiva degli anni Sessanta (e alla sua versione degradata di Joel Schumacher), né a quella gotico-fiabesca di Tim Burton.

In questo senso il film si offre come un caleidoscopio di suggestioni che prova (riuscendoci) a estrapolare il massimo da ogni possibile spunto, per non diventare mera riduzione, quanto opera cinematografica piena che si affranchi dal semplice “genere” dei cinecomic per rendere merito alla natura mitica e archetipica del fumetto (evidentemente, e a ragione, vista come opera di più alto profilo rispetto al semplice passatempo per le masse).

Ecco dunque che il film trova la sua maggior forza nel progressivo scivolamento di senso che conduce lo spettatore attraverso un percorso ben articolato, dai personaggi alla città. Gotham City infatti è più che uno sfondo, è un alveo, all’interno del quale c’è tutto il mondo (non fosse per la parentesi in una Hong Kong quasi totalmente fatta di interni, in effetti la storia sarebbe completamente ambientata lì). E nel quale si gioca una partita fra gli opposti destinata a mettere in campo sentimenti forti, che investono direttamente lo spettatore e ci rendono partecipi di una visione (d’autore) del mondo.

Ecco quindi che Batman all’inizio è il modello e il fulcro del racconto, con i suoi doppi che tentano di emularne grottescamente le gesta, a ribadirne la sua natura mediatica prima ancora che mitica (e va notato come la presenza dei telegiornali sia spesso usata come soluzione di continuità fra i vari passaggi della narrazione); ma Batman è anche un fuorilegge e in questa dicotomia già si riscontra un primo segno della sua natura chiaroscurale, che lo rende allo stesso tempo un eroe ma anche un uomo che agisce al di fuori della legalità. E questa sua natura “borderline” si riflette poi nel Joker, agente del Caos, mentre trova una apparente opposizione in Harvey Dent, che invece tenta di agire nella legalità, ma che in realtà già contiene in nuce gli aspetti che lo porteranno a cambiare fronte (il suo ossessivo uso di una moneta truccata in fondo è già sintomatico non di chi si crea la propria fortuna, ma di chi vuol piegare la realtà al proprio volere). Sulla triangolazione di queste tre figure, di volta in volta fatte scivolare dentro e fuori i confini del lecito e del visibile (perché in campo c’è anche un continuo sparire e riapparire), si gioca la partita del film.

La realtà stessa di Gotham dunque si articola all’interno della dialettica innescata dai tre personaggi, con Maggie costretta nel ruolo di precario ago della bilancia fra gli estremi rappresentati da ragione e follia, ma anche da Batman e Harvey Dent, che si rimpallano l’amore, le rispettive responsabilità e l’importanza dei loro ruoli, arrivando anche idealmente a sovrapporsi nella scena in cui il procuratore finge di essere l’eroe mascherato. Il tema della sovrapposizione è in fondo anch’esso centrale nel film: Joker con il suo trucco esibito è una grottesca deformazione dello stesso Batman e si diverte a mescolare i termini di ogni rapporto: scambia i due indirizzi nei quali sono prigionieri rispettivamente Rachel e Dent, scambia ostaggi e carcerieri nella tesa e bellissima scena dell’irruzione degli Swat in un palazzo abbandonato e favorisce uno dei momenti più emotivamente lirici quando, nella gara di grande tensione emotiva fra i due traghetti, i criminali si rivelano più etici dei cittadini “normali”.

Questo progressivo scivolamento dei ruoli rende Batman un personaggio inquietante che usa il potere per prevaricare lo spazio dei singoli in nome di una giustizia fuori dalla legge; e rende il Joker in fondo l’unico personaggio realmente sincero perché legato a una visione del mondo libera dai compromessi e per questo non priva di una sua grandiosità. Diversamente da Batman, infatti, lui non ha una doppia vita, è una maschera che non ha né storia né passato (inventato di volta in volta in maniera differente) e serve quindi unicamente per far emergere il sommerso di una città che nasconde la sua profonda corruzione dietro una patina di rispettabilità (esemplificata dalla figura elegante di Don Salvatore Maroni, proprietario di banche) e anche il buio nell’anima dei due eroi. E’ in fondo lui a trasformare Harvey Dent da artefice della sua fortuna a vittima del Caso (Caos) o forse più semplicemente ne libera la parte oscura già latente in lui.

Joker, magistralmente interpretato dal compianto Heath Ledger, in questo modo eleva il confronto fra i tre a duello sui confini etici in un mondo che ha abbandonato ogni regola e che perciò necessita di questi personaggi per ridefinire i punti fermi di un rapporto sincero fra l’uomo, la società e le sue regole. Ecco dunque che i tre protagonisti perdono le loro specificità umane per diventare archetipi, in cui si rispecchia l’intera città di Gotham e quindi il mondo, permettendo al percorso di compiersi.

Con una regia densa e molto più focalizzata su ciò che vuole rispetto al precedente Batman Begins, al punto da sforare quasi nella presunzione, Nolan compone un affresco che nonostante lunghezze e concessioni al lirismo colpisce per il pessimismo davvero spiazzante, che in questo senso rispetta la natura “maledetta” del personaggio più di ogni facile visualizzazione di un’icona fumettistica.

Il cavaliere oscuro
(The Dark Knight)
Regia: Christopher Nolan
Sceneggiatura: Jonathan e Christopher Nolan da un soggetto di Christopher Nolan e David S. Goyer
Origine: Usa, 2008
Durata: 150’

Intervista a Christopher Nolan 1
Intervista a Christopher Nolan 2
Intervista a Christian Bale e Aaron Eckhart
Sito italiano
Sito americano
Blog italiano
Il giornale di Gotham City (in inglese)

4 commenti:

Alberto Di Felice ha detto...

Sottolinei bene il lavoro fatto sulla sceneggiatura rispetto al fumetto; in questi giorni sto leggendo riguardo i comic di riferimento (che non conoscevo) e l'impressione positiva sull'ottimo lavoro dei Nolan ne esce molto rafforzata.

Alessandro Paesano ha detto...

Io ho trovato il film dannatamente lungo e noioso, pessimamente recitato (ma molto si deve al doppiaggio assurdo...) tranne, naturalmente, l'interpretazione di Heath...

E' un film che ha ben poco dello spirito dei fumetti di Batman (o degli altri film già prodotti) sembra molto più affine alla saga di 007 più che altro...

Trovo insopportabili i cliché usati nel film, la donna da "salvare", il mafioso cattivo ma con un codice d'onore... E' un film che non dice, nulla non critica nulla (del mondo reale) e non diverte.

Credo che tutte quelle belle cose che tu dici siano più nel tuo occhio critico che nel film.

Nolan, per quanto mi riguarda, è una ex bella promessa che fa film dei quali fra due mesi nessuno si ricorderà.
Se non fosse per Ledger anche questo farebbe la stessa fine...

Ale55andra ha detto...

Un film che mi ha letteralmente catturata.

Anonimo ha detto...

Recensione perfetta che ben rappresenta ciò che il film effettivamente è; un crescendo di emozioni e linguaggi, specchi ed elementi pivotali ben costruiti e orchestrati, da un Nolan sempre in stato di grazia -in attesa del promettente Inception- che continua una sua autoriale strada, sul ruolo dell'individuo, il duplice rapporto con l'oscurità o il passato (qui mai definito da un Joker, che da solo mette in ombra anni di comics faciloni e cartooneschi) e tanto altro ancora.
Tra i titoli piu importanti del decennio passato, un fulmine a ciel sereno che riscrive tutto l'universo supereroistico al cinema.
Magistrale.
Joe