Picnic a Hanging Rock
Il 14 febbraio
dell'anno 1900, un gruppo di ragazze del college vittoriano Appleyard
si reca in gita presso la Hanging Rock, nello stato del Victoria
centrale. Durante la sosta, un gruppo, guidato dalla bella Miranda,
si distacca dalle amiche per esplorare la roccia e scompare
misteriosamente. Il caso delle ragazze perdute crea parecchio
scalpore e lascia emergere malesseri sopiti, trascinando l'intera
comunità del college in un progressivo sfaldamento. Nel frattempo,
il giovane Michael Fitzhubert, rampollo di una ricca famiglia inglese
in visita in Australia, si interessa al caso (era infatti presente
sul luogo e aveva visto le ragazze recarsi sulla roccia) e, dopo
estenuanti ricerche, riesce a ritrovare una delle giovani. Ma tutto
questo non fermerà l'inesorabile avanzata del destino.
“All'improvviso
l'Australia doveva avere una certa immagine... e poi c'erano i nemici
di quell'immagine, in particolare quelli che non ritraevano
l'Australia come belle ragazze vestite di bianco che svanivano tra le
rocce”
(Barry Humphries, da Not
Quite Hollywood)
Incassato l'insuccesso
commerciale de Le macchine che distrussero Parigi, Peter Weir
trova finalmente il suo posto al sole con questo celebre adattamento
del romanzo di Joan Lindsay, basato su un presunto fatto di cronaca,
a sua volta iscritto nella più ampia casistica delle sparizioni
nell'Outback. Com'è noto, il film ha ottenuto una tale risonanza,
anche internazionale, da porsi ancora oggi come paradigma del
cosiddetto “Rinascimento” del cinema australiano, marcando la
differenza con le produzioni “basse”, e consegnando a Weir la
nomea di Autore a tutto tondo (da cui l'affermazione satirica di
Barry Humphries riportata in esergo).
Ciò che ha attirato Weir
– e che ha contribuito a fare la fortuna del film – è
l'approccio antirealistico al tema, favorito da una prospettiva
onirica e simbolica, che iscrive direttamente la vicenda in un tempo
irreale (con tanto di orologi che si fermano), e conferisce al film
una qualità fiabesca, complice anche l'utilizzo dell'ellissi
narrativa e del non detto. Tutto questo, sebbene la vicenda si
ambienti, al contrario, in un momento storico ben preciso e riconduca
le dinamiche a umori ed elementi sempre molto concreti, siano essi i
paesaggi rocciosi della Hanging Rock o le regole ferree che regolano
la vita del rigido college vittoriano. Non a caso, anche visivamente
il film oscilla fra una ricostruzione d'epoca a tratti talmente
realistica da sfiorare il calligrafismo, e una capacità di perdersi
in atmosfere sospese, esaltate dalla colonna sonora di Bruce Smeaton
(fatta di liriche ancestrali e sganciate dal tempo del racconto) e
dalla fotografia flou di Russell Boyd, che da qui inizierà
una fruttuosa collaborazione con il regista. La Hanging Rock, in
particolare, è un luogo a metà, iscritto fra la veridicità del set
naturale (le riprese avvennero effettivamente in loco) e la capacità
del regista di ritagliarne porzioni che rivelano volti mostruosi
nelle rocce e anfratti che letteralmente “guardano” le
protagoniste, conferendo alla conformazione vulcanica lo status di
autentico personaggio.
Rispetto all'originale
cartaceo, Weir mantiene il finale irrisolto - in realtà voluto
dall'editore, poiché esisteva un capitolo conclusivo che scioglieva
il mistero, si vedano i link in calce - e si concentra maggiormente
sull'evento iniziale della sparizione, limitando poi la seconda parte
a pochi momenti significativi, in modo tale da concentrare quasi
tutta l'azione fra gli spazi ben definiti della Roccia e del college:
in questo modo, si genera un'atmosfera oppressiva che esalta il
disfacimento della realtà posta in essere (un modello che poi
l'autore riprenderà ne L'attimo fuggente, quasi un ideale
speculare “anglosassone” della storia). Va comunque precisato
come la versione attualmente circolante tagli circa 10 minuti dal
montaggio originale del film, regalando quindi alla seconda parte una
stringatezza ancora maggiore.
Sui miei personaggi
che scompaiono non vi saprei rispondere. Quando guardo quelle
interviste di artisti in televisione, aspetto sempre che qualcuno
dica “Non lo so” e capita di rado. Un film si avvicina
all'esperienza del sogno ed è come questo inafferrabile.
(Peter Weir, intervista
di Michel Ciment, Positif, aprile 1987)
Le linee guida del
racconto sono dunque molto ben definibili: c'è un elemento
fantastico e inspiegabile (la sparizione delle ragazze) che irrompe
in una realtà per il resto assolutamente governata da una ferrea
logica e ne provoca il disfacimento. Il fatto che l'evento scatenante
sia collegato al rapporto fra i coloni inglesi e lo scenario alieno
dell'Outback riconduce naturalmente la dinamica generale al tema
consueto dell'identità australiana e dello sradicamento dei
personaggi e delle loro storie umane e culturali, tale da produrre
un'autentica perdizione (come è ben evidenziato dal personaggio di
Michael Fitzhubert, letteralmente ossessionato dalla vicenda). Ma ciò
che più interessa in questa sede è rimarcare il tono panico,
concentrato su una natura selvatica e capace perciò di rappresentare
il perfetto contraltare a una sorta di forza immanente che guida ed è
a sua volta provocata dalle ragazze e in particolare dal personaggio
di Miranda, interpretata dalla giovane e bellissima Anne Louise
Lambert.
Figura eterea e non a
caso definita “un angelo del Botticelli”, Miranda è infatti allo
stesso tempo una vittima e un agente del Caos che opera dietro le
quinte, poiché ne prevede gli effetti, ma in un certo senso si pone
come guida del gruppo di ragazze destinate alla sparizione. Il film
non a caso concentra in modo particolare l'articolazione della
seconda parte sul rapporto ormai reciso fra Miranda e l'amica Sara
(che pagherà con la vita l'incapacità di sopportare la perdita),
quasi che la scomparsa rappresenti per quest'ultima un'occasione che
le viene offerta per trovare finalmente la propria strada e la
propria identità, secondo uno schema del “percorso di formazione”
che ormai abbiamo compreso essere caro all'autore. Quasi un dono
d'amore che quindi Miranda fa all'amica affinché trovi se stessa e
la ferrea sovrastruttura culturale che opprime lei e le amiche possa
finalmente aprirsi a spinte innovatrici.
Il dramma di Sara
riconduce quindi a una dinamica “intima” e personale un trauma
che per il resto attinge a forze ancora più grandi e capaci, come
abbiamo visto, di generare conseguenze a più livelli, interessando
un quadro via via sempre più ampio, in cui tutto il microcosmo è
coinvolto, dalle cameriere del collegio fino alla direttrice
Appleyard, cui è dedicata la chiusa finale.
Picnic a Hanging Rock
(Picnic at Hanging
Rock)
Regia: Peter Weir
Sceneggiatura: Cliff
Green, dal romanzo di Joan Lindsey
Origine: Australia,
1975
Durata: 103' (versione
Director' Cut), 110' (versione cinematografica)
Collegati:
Michael e Homesdale: gli esordi di Peter Weir
Le macchine che distrussero Parigi
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