La notte del giudizio
A seguito delle
continue escalation di violenza e della crisi economica che ha messo
in ginocchio il paese, i Nuovi Padri Fondatori hanno istituito la
Notte dello Sfogo, in cui, una volta l'anno, i cittadini possono
commettere qualsiasi reato, incluso l'omicidio, senza conseguenze
penali.
21 marzo 2022: James
Sandin, venditore di sistemi di sicurezza per le abitazioni, si
prepara a trascorrere la Notte dello Sfogo con la sua famiglia, ma il
figlio Charlie fa entrare in casa un senzatetto, attirando in questo
modo un gruppo di studenti dell'alta società, intenzionati a
linciare il malcapitato in ossequio alle regole della nottata. James
e i suoi familiari devono decidere se consegnare l'uomo che è
entrato in casa loro in cerca di salvezza, o se difenderlo, mettendo
a repentaglio la propria sicurezza.
Ciclicamente il cinema
torna a flirtare con l'idea di uno scenario futuribile in cui i
governi coniano inquietanti metodi per incanalare la rabbia
collettiva e fornire così uno sfogo alla violenza che serpeggia
nella società: solo per rimanere ai casi più recenti si possono
ricordare il celebre Battle Royale di Kinji Fukasaku e la saga
di Hunger Games. Una delle costanti di questo tipo di racconto
è il fatto che l'allegoria sia sempre mediata da una riflessione sul
ruolo che i media e la rappresentazione pubblica di simili meccanismi
giocano nel rapporto con la massa. Ecco dunque che l'idea presente ne
La notte del giudizio, di ricondurre il tutto a una dinamica
non tanto generale, quanto a un fatto specifico, che coinvolge un
ristretto nucleo familiare, ha una sua ragione d'essere.
L'analisi del modo in cui
l'evento catartico pubblico agisce sul comportamento dei singoli,
permette infatti di inquadrare il problema a un livello che chiama
direttamente in causa le convinzioni dello spettatore e, soprattutto,
la ricaduta della dinamica generale nell'ambito quotidiano della
gente. Nulla di realmente nuovissimo neanche qui, beninteso,
trattandosi in fondo di una rielaborazione degli schemi già
mirabilmente teorizzati da Sam Peckinpah con il suo Cane di
paglia, ma piace la dimensione low budget che sta addosso ai
personaggi e, nello stesso tempo, riflette le conseguenze di uno
scenario plausibile nella misura in cui chiama in causa dinamiche che
oggi conosciamo bene.
Lo scenario prefigurato
dal film, infatti, è la diretta conseguenza dell'approccio
economicista che regola sempre più le nostre vite, in cui la
dimensione morale si subordina al successo commerciale, ai misuratori
economici e alle risposte dei mercati (meccanismo immorale per
eccellenza). Non a caso la vicenda si premura di informarci che la
Notte dello Sfogo ha portato ordine e benessere economico
nell'universo narrativo, tanto che il protagonista James Sandin
(l'ottimo Ethan Hawke) si offre come un perfetto paradigma della
situazione posta in essere: non ricco di famiglia, ma perché ha
saputo sfruttare a suo vantaggio i nuovi bisogno provocati
dall'introduzione della Notte, James è un personaggio che è sceso a
compromessi con le proprie direttive morali, posponendole di fronte
alle necessità economiche e al benessere che è stato capace di
garantire alla sua famiglia. La scelta di una location tentacolare
come la casa di solida muratura, ma attraversata da intercapedini,
vetrate e lunghi corridoi, restituisce bene l'idea di uno spazio
sospeso, contemporaneamente “pieno” e “vuoto”, esattamente
come è il protagonista. Anche la situazione familiare riflette
questa situazione “a metà”, con un nucleo dove si predica
l'equilibrio e la lealtà reciproca, anche se poi – con i giovani
in particolare – la sensazione è quella di un insieme frammentato,
dove ci si rifugia nei piccoli angoli o nelle proprie stanze.
Si crea così un
meccanismo basato su forze contrapposte: da un lato abbiamo infatti
la dinamica dell'assedio e dello scontro fra fazioni, e dall'altro la
progressiva riscoperta dei principi morali da parte di James, che
finisce infine per unire davvero la sua famiglia. Per certi versi si
può affermare che la Notte dello Sfogo raggiunga realmente il suo
scopo nel momento in cui i protagonisti, anziché schivarla restando
barricati in casa, si lasciano coinvolgere dal suo potere, giovandosi
della sua nettezza. Le incertezze e le false illusioni vengono messe
da parte, mentre emergono più saldi i principi e la posta in gioco.
Nel momento in cui la
Notte viene quindi abbracciata e vissuta dai Sandin, però, emerge
chiaro come la dimensione economicista e immorale che l'ha generata
sia sbagliata. Siamo insomma di fronte a un fecondo ribaltamento
delle prospettive, all'interno di una storia dove le dinamiche si
contrappongono continuamente. Da questo incontro di forze i
protagonisti possono uscire rigenerati, rafforzati nelle loro
rinnovate convinzioni, ma anche inevitabilmente schiacciati: una
“rinascita” non priva di rinunce e quindi immancabilmente
dolorosa.
Su tutto colpisce poi
positivamente la dimensione molto “classica” dell'operazione, che
si accompagna a una presa di posizione netta circa la necessità di
garantire una rifioritura morale dell'America (e non solo) in questo
momento storico: finalmente, insomma, un film che non ha paura di
essere tacciato di moralismo spicciolo e di sfruttare fino in fondo
il proprio portato allegorico, come accade con troppe opere
contemporanee. Qualcuno ha fatto paragoni con l'opera di maestri come
Carpenter o Romero: senza stare ad abbracciarli in pieno (non è
questo che interessa), di sicuro emerge una volontà e uno sguardo
molto critico nei confronti dell'esistente che fa pensare alle
stagioni di quei grandi artisti. Il tutto, unito a tempi ben
stringati e a una messinscena funzionale, è decisamente più
importante della prevedibilità di molti snodi narrativi. In altri
tempi sarebbe diventato un cult, fa piacere notare che in patria ha
avuto un buon successo.
La notte dei giudizio
(The Purge)
Regia e sceneggiatura:
James DeMonaco
Origine: Usa, 2013
Durata: 85'
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