Monsters & Co.
A Mostropoli,
l'energia è assicurata dalle urla che i mostri riescono a strappare
ai bambini terrestri: tutto è organizzato perfettamente attraverso
la Monsters Inc. e il campione dei mostri è James P. “Sully”
Sullivan, coadiuvato dall'inseparabile amico Mike Wazowski, mentre il
rivale Randall sembra condannato al ruolo di eterno secondo. Ma, una
sera, una bambina umana riesce a penetrare nel mondo dei mostri,
infrangendo le severe regole di quarantena: Sully la ribattezza Boo e
cerca di aiutarla e, in questo modo, scopre una macchinazione che
coinvolge Randall e mira a cambiare i metodi di approvvigionamento di
energia, in senso molto più aggressivo per tutti i bambini.
Il capolavoro assoluto
dei Pixar Animation Studios. Un concentrato di genialità che ancora
oggi si staglia come uno dei più grandi cartoon del decennio,
complice l'impeccabile regia e un'idea particolarmente ispirata.
Paghiamo volentieri lo scotto di una poco esaltante conversione in
formato 3D di fronte al piacere di riscoprirlo in sala: anche perché
il senno di poi permette inevitabilmente di modificare in senso
ancora più costruttivo la valutazione già altissima del passato.
Nel 2001, infatti, già
appariva chiara la continuità del film rispetto ai precedenti lavori
dello Studio: la genialità del presupposto non faceva apparire meno
lampante il fatto che anche stavolta l'attenzione dei creatori fosse
incentrata su un gruppo omogeneo di personaggi, dopo i giocattoli di
Toy Story e gli insetti di A Bug's Life. Stavolta tocca
ai mostri, anch'essi indagati nella loro “quotidianità” e
nell'importanza dei legami affettivi, fattore quest'ultimo che crea
direttamente un ponte con il successivo Up, dello stesso Pete
Docter.
In effetti, la storia
descrive una “mappa emotiva” tenuta insieme non già da elementi
materiali, ma, anzi, da una tendenza alla rarefazione tutta
riassumibile nello spazio “invisibile” tra le porte della
Monsters Inc. e il mondo degli umani: il momento in assoluto più
esaltante della vicenda vede di conseguenza un “impossibile”
inseguimento lungo le stesse porte e fra le dimensioni cui queste
conducono. La forza di un legame altrimenti da considerarsi illogico
o “innaturale” è la stessa che unisce il gigantesco Sully al
monocolo Mike e, più avanti, ancora Sully all'umana Boo: azione
quasi rivoluzionaria per come rimette in discussione l'equilibrio di
Mostropoli. Seguendo il gioco dei cerchi concentrici che l'idea
naturalmente crea, il legame ultimo è quello fra lo spettatore e la
fantasia, perché in fondo alla base della storia c'è la voglia di
rinnovare quel legame (comunque ludico) tra immaginazione, paura e
divertimento che lo scetticismo dei nostri tempi porta suo malgrado a
perdersi.
Per questo - ed è
l'aspetto che oggi si staglia con ancor maggiore prepotenza,
considerata l'attuale crisi economica - il nemico di turno non è
tanto Randall in sé (creatura che non a caso appare mimetica e
capace di rendersi invisibile, in quanto mero mcguffin narrativo),
quando le dinamiche economiche della competizione sfrenata, perorata
a partire dalle alte sfere della ditta. Utilizzando la gamma emotiva
“trasparente” che mette in piedi, la storia tende quindi a
preferire un ritorno a un'imprenditoria socialmente utile, piuttosto
che l'insano inseguire un progresso autoreferenziale, che sfocia
naturalmente nell'aggressività e nella distruzione dell'altro da sé.
Un modo di agire non soltanto dannoso, ma anzi cieco per come non
vede un'alternativa alla ricerca energetica tradizionale, che invece
alla fine si rivelerà a portata di mano e decisamente più forte
della precedente! L'innovazione come autentica ricerca del progresso
e del benessere generale, insomma, anche (e soprattutto) se questo
comporta sovvertire gli ordini ormai acclarati, in ossequio a quel
piacere della sfida da sempre portato avanti dalla Pixar.
Il ritmo impresso da
Docter alla vicenda risulta pertanto capace di tenere insieme
l'iperattività dei dialoghi e delle azioni di Mike e Sully, insieme
ai momenti più delicati tra il gigantesco mostro e la piccola Boo.
Anzi, bisogna notare come in generale i dialoghi siano ridotti
all'indispensabile (e affidati quasi interamente al pirotecnico Mike,
non a caso doppiato da un virtuoso della parola come Billy Crystal e,
in italiano, da uno splendido Tonino Accolla): al contrario, in molti
punti prevale la mimica, attraverso l'espressività esasperata dei
personaggi o il loro agire convulso, degno dei tempi del vecchio
cinema muto. Si veda, solo per fare un esempio, la divertentissima
sequenza in cui Mike “dimostra” a Sully che la stanza di Boo è
sicura, salvo essere invece catturato da Randall. Pochi secondi e
un'intera gag totalmente costruita sulla gestualità e sull'assenza
dei dialoghi.
Dodici anni dopo,
insomma, la magia si rinnova e anche la tecnica non risente
particolarmente del passare degli anni: alcune incertezze si fanno
avanti sulle pelli ancora un po' troppo “plastificate” dei
mostri, ma la naturalezza del vello di Sully è già perfetta, e non
potrebbe essere altrimenti, perché proprio il gigante è il
personaggio più definito del film, in quanto artefice di questa
transizione dalla materialità del lavoro all'immaterialità dei
sentimenti che lo legano a Boo e all'amico Mike.
Monsters & Co.
(Monsters, Inc.)
Regia: Pete Docter
(con David Silverman e Lee Unkrich)
Sceneggiatura: Andrew
Stanton e Daniel Gerson, con Robert Baird, Rhett Reese e Jonathan
Roberts, da una storia di Pete Docter, Jill Culton, Jeff Pidgeon e
Ralph Eggleston
Origine: Usa, 2001
(nuova versione 3D del 2013)
Durata: 94'
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1 commento:
Adorabile. Un vero capolavoro. Amatissimo in famiglia da tutti.
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