Spring Breakers
Quattro amiche
adolescenti, Brit, Candy, Cotty e Faith, decidono di raggiungere la
Florida per passare un memorabile “Spring Break” (la settimana di
vacanze primaverili). Per racimolare i soldi necessari, Brit, Candy e
Cotty non esitano a rapinare un fast food e poi si lanciano
nell'avventura. La vacanza si rivela indimenticabile, ma ben presto
la continua ricerca di esperienze forti porta il gruppo a finire in
prigione per consumo di droga e poi a gravitare nell'orbita di Alien,
un giovane spacciatore. Faith è la prima a mollare il gruppo, mentre
le altre proseguono la loro avventura.
E' stato il film evento
della Mostra di Venezia 2012, dove però ha fatto parlare di sé
soprattutto in virtù della sua natura “scandalosa”, con tanto di
dissertazioni e “misure” da sarto sulla forza più o meno
dirompente dell'operazione. Non che Harmony Korine non cerchi la
provocazione, beninteso: il solo fatto di avere cooptato due ex
ragazze prodigio della scuderia Disney (la Vanessa Hudgens di High
School Musical e, soprattutto, la Selena Gomez anche celebre baby
popstar) è lì a ribadire come l'operazione abbia una sua natura
demistificatoria, o comunque ben conscia del potenziale iconico
insito nelle attrici. Però poi, quando lo vedi sullo schermo, ti
rendi conto che Spring Breakers è altro dalla programmatica
operazione-scandalo. E', anzi, un viaggio lisergico e malinconico in
una dimensione onirica, fra i più entusiasmanti dell'annata!
Nel mettere mano per la
prima volta a un film privo delle asperità stilistiche del passato,
infatti, Korine non perde la voglia di sfruttare la vicenda per una
sperimentazione visiva in grado di rendere la visione un'autentica
esperienza. Non a caso il legame artistico con James Franco
(co-protagonista nel ruolo di Alien) nasce nel mondo della videoarte.
La realtà della Florida viene destrutturata in un caleidoscopio di
immagini e musiche, che restituiscono allo spettatore la cifra
eminentemente “acida” di un mondo che esiste solo in virtù della
propria iconicità pop, fatta di suoni, colori e percezioni distorte:
grazie ad essi lo Spring Break ha una sua fattualità in quanto
fenomeno e stereotipo. Il trampolino ideale per poi lanciarsi
nell'astrazione e costruire l'impalcatura esistenziale, che diventa
più evidente nella seconda parte. Qui il film riesce infatti a
creare una risonanza intelligente con opere come Zabriskie Point
o il Michael Mann di Miami Vice: diventa, insomma, messinscena
di uno spazio altro, le cui coordinate sono garantite da un
complesso sistema di riferimenti da cui non si può prescindere,
all'interno del quale le protagoniste – che pure vorrebbero
ritrovarsi – possono finalmente perdersi.
Una volta messo in scena
questo mondo, insomma, Korine lascia che i suoi personaggi si muovano
nello stesso, come preda di una sorta di assenza di gravità.
I corpi ammiccanti perdono la loro fisicità per diventare essi
stessi icone in caduta libera, forme che si perdono fra i segni di
questa irrealtà. L'aspetto più intrigante è come questo
svuotamento di sostanza finisca per creare una contrapposizione fra
l'immanenza dei segni che connotano l'universo e questa tensione
continua al nulla e alla perdita. In virtù di questo approccio –
che spesso vede immagine e dialoghi negarsi a vicenda – il film si
carica di una qualità malinconica, affine tanto al disperato fuggire
di Antonioni, quanto alla futile ricerca di un edonismo che non può
garantire la felicità di Mann (ovviamente fatti sempre i debiti
distinguo).
Spring Breakers
naturalmente metabolizza il fatto di venire dopo questi modelli alti
e deve fare i conti con la realtà in cui si muove, ma la tensione è
alquanto simile. Perciò il film smette presto di essere “solo”
un banale esempio di estremismo e diventa un sogno “congelato” in
un non-tempo: la ripetitività di certe formule visive è come se
volesse istillare nello spettatore la consapevolezza della continua
reiterazione degli stessi gesti, nonostante la progressiva escalation
cui la situazione conduce, con tanto di graduale allontanamento di
alcuni membri del gruppo. In questo senso, Faith appare il
personaggio chiave, sicuramente il più complesso, costretto com'è
fra le inibizioni della Fede e il desiderio di conoscenza condiviso
con le amiche: non a caso è proprio lei che a un certo punto parla
di “fermare il tempo” per poter assaporare per sempre la gioia
del momento.
E' come se Korine
avverasse il suo desiderio, ma solo per mostrarne il perdersi cui
l'esperienza giocoforza conduce. E senza che questo sottintenda
moralismo alcuno. Anzi, il bello è proprio la totale mancanza di uno
sguardo morale, che lascia perciò fuori le facili disquisizioni
sull'”estremismo” per diventare – lo ribadisco – messinscena
di un'esperienza. Anche per questo la chiusa può considerarsi
sostanzialmente un lieto fine, una sorta di “superamento della
prova”. La miglior conclusione possibile per un film a suo modo
capace di trascendere le facili apparenze e di diventare un'opera
astratta, carica di meraviglia e poesia.
Spring Breakers –
Una vacanza da sballo
(Spring Breakers)
Regia e sceneggiatura:
Harmony Korine
Origine: Usa, 2012
Durata: 94'
2 commenti:
azz, quindi merita questo film??? a me dal trailer pareva la solita minchiata per ragazzine :-( dalle mie parti l'han gia tolto, ma magari un domani quando passa su sky gli darò un occhiata, se non altro per tutte quelle "graziose" protagoniste :-P
Great poost thanks
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