Nel fantastico mondo di
Oz
Dopo essere tornata
dal regno di Oz, Dorothy è afflitta da una forma di depressione che
spinge gli zii a sottoporla a una cura a base di elettroshock. La
bambina, però, riesce a fuggire dalla clinica e, trascinata via
dalla corrente del fiume, si ritrova ancora una volta a Oz: ma il regno
è in rovina, lo Spaventapasseri (che aveva assunto la
reggenza) è sparito e la Città di Smeraldo è abbandonata a se
stessa, con bande di Rotanti che imperversano per le strade e il
Leone Codardo e l'Uomo di Latta ridotti a statue di pietra, insieme a
tutti gli abitanti. La colpa è del malvagio Re degli Gnomi, che ha
lanciato un maleficio su Oz assumendo il potere. Dorothy deve
fermarlo, insieme a nuovi compagni: il robot Tik Tok, il divano
volante Gump, il tenero Jack Testadizucca e Billina, la sua gallina
del Kansas, che una volta arrivata a Oz ha acquisito il dono della
parola.
La recente uscita in DVD
permette a Nel fantastico mondo di Oz di uscire finalmente dal
novero dei film più citati che visti, dopo le sporadiche
trasmissioni tv e la vecchissima pubblicazione in videocassetta. Si
tratta di un recupero che fa il pari con il “ritorno a casa Disney”
delle suggestioni create da Frank Baum: in origine, infatti, la Mgm
decise di produrre Il mago di Oz proprio perché il successo
di Biancaneve e i sette nani aveva reso palese come il
pubblico fosse pronto ad accettare una piena incursione nei territori
del fantasy. Naturalmente, visto che stavolta si gioca in casa, la
Disney non può citare direttamente la pellicola del 1939 e mette
perciò in piedi un seguito che unisce vari romanzi di Baum
successivi al primo (Il meraviglioso regno di Oz, Ozma,
regina di Oz e Tic-Toc di Oz). A dirigere c'è Walter
Murch, ex collaboratore di George Lucas, famoso soprattutto come
montatore e qui alla sua unica regia: l'inesperienza nel ruolo,
peraltro, procurò non pochi problemi all'autore, al punto che lo
stesso Lucas dovette fare da garante, permettendogli di finire il
lavoro. Tanta fiducia non fu comunque ripagata dal botteghino, dove
il film fu un sonoro flop, condannando poi la pellicola all'oblio.
A rivederlo oggi, non si
tarda a capire le ragioni dell'insuccesso: Murch compone infatti un
film che, più che un seguito, è una vera antitesi del capolavoro del
1939. Il film di Fleming, va ricordato, negli Stati Uniti è
considerato un'autentica istituzione, al punto da essersi radicato in
profondità nell'immaginario popolare: cercare di rovesciarlo di
segno è sì una scelta coraggiosissima da parte di Murch, ma anche
un azzardo non da poco, che gli ha perciò alienato i favori del
pubblico. Tutto ciò che nell'opera MGM è solare e colorato, qui
diventa cupo e quasi monocromatico: non c'è nessuna soluzione di
continuità fra il Kansas devastato dal dopo tornado e ancora
sferzato dalle intemperie e un regno di Oz ormai in rovina, spoglio e
abitato da personaggi che la natura “analogica” degli effetti
speciali rende quanto mai concreti e “fisici”, così distanti dal
tono naif e stilizzato della pellicola del '39. Il sembiante
caratteristico della Strega dell'Ovest è sostituito da una
inquietante Principessa Mombi con teste intercambiabili, i folli
Rotanti e un Re degli Gnomi di roccia che nel finale minaccia di
divorare Dorothy e compagni, in una scena di grande impatto
drammatico.
Paradossalmente, però, è
proprio il tono dark ad avere attirato nel tempo gli appassionati, al
punto che oggi il film è ricordato come uno dei più autorevoli
esponenti del raro e sorprendente filone “gotico” disneyano, che
negli anni Ottanta conobbe uno dei suoi picchi, con pellicole come
Gli occhi del parco (1980), Il drago del lago di fuoco
(1981), Qualcosa di sinistro sta per accadere
(1983) e il cartoon Taron e la pentola magica
(1985): tutti titoli oggi abbastanza dimenticati, segnali di un
periodo commercialmente difficile per la Disney, che si risolse però
in una serie di sperimentazioni decisamente lontane dal consueto
target infantile. Un periodo, perciò, su cui bisognerebbe tornare a
riflettere. Inoltre, ci sono spunti anche per il dopo: a una visione
odierna, infatti, è difficile restare indifferenti al personaggio di
Jack Testadizucca, che sembra l'antenato del Jack Skeletron di
Nightmare Before Christmas:
viene da chiedersi, insomma, se Tim Burton abbia visto e amato il
film o se, più semplicemente, non sia un fan dei libri di Baum.
Tutto questo senza considerare, infine, l'insperata e felicissima
scelta di casting, che affida il ruolo della dolce Dorothy a Fairuza
Balk, futura “bad girl” hollywoodiana, interprete di film come
Giovani streghe.
In
questa sede, però, interessa di più il rapporto reale/fantastico
così centrale nella pellicola del 1939 e qui scardinato dalla
sintassi “realistica” di Murch - in barba al “fantastico”
così esplicitamente chiamato in causa dal titolo italiano: la scelta
(ripresa dal classico) di far interpretare i personaggi del mondo
reale e quelli di Oz agli stessi attori reitera l'idea del viaggio
nel regno fantastico come una catarsi, attraverso cui Dorothy
sconfigge le sue paure. Ma, stavolta, cambia totalmente il senso:
Dorothy infatti è ormai straniera nel Kansas, avvertita come
“strana” da una società che ha perso i valori tradizionali
esaltati dal film del 1939 e guarda a un futuro avveniristico, con
l'introduzione della corrente elettrica e delle più moderne tecniche
mediche. Sebbene il dottor Worley tenti di rassicurare la bambina
“umanizzando” la macchina dell'elettroshock (che ha occhi, naso e
bocca), c'è ben poco spazio per la fantasia, che da un lato deve
ritagliarsi un ruolo preminente con la forza (il fantasma di Ozma che
“rapisce” Dorothy e le permette di fuggire), dall'altra soccombe
agli istinti più oscuri delle forze malvagie, che riescono a
rovesciare il regno di Oz.
Pertanto
stavolta Dorothy vuole tornare a Oz
e anche il rientro a casa finale lascia una porta aperta a futuri
viaggi, risolvendo così la contraddizione insita nel film originale
(perché Dorothy preferisce al meraviglioso Oz il grigio Kansas?).
Murch, insomma, fa suo il desiderio del pubblico, pur negando allo
stesso tutti gli elementi tipici dell'“immaginario di Oz”. Ne viene fuori un film stranamente crepuscolare, con un'ansia un po' da Eden perduto, sin troppo lento e “povero” per gli standard odierni - ma anche per quelli dell'epoca, basterebbe confrontarlo con il lussureggiante Legend,
giusto per rimanere in ambiti comunque dark. Alcune
suggestioni saranno comunque riprese nel più riuscito Labyrinth,
di Jim Henson.
Un classico dimenticato, dunque? Più che altro un interessante esperimento di
rielaborazione di un universo considerato altrimenti “intoccabile”:
almeno per questo, Nel fantastico mondo di Oz merita un doveroso rispetto.
Nel
fantastico mondo di Oz
(Return
to Oz)
Regia:
Walter Murch
Sceneggiatura:
Gill Dennis e Walter Murch (dai libri di L. Frank Baum)
Origine:
Usa, 1985
Durata:
113'
5 commenti:
bellissima rece :-) a me questo film piace un sacco soprattutto l'aspetto gotico/dark.
Un gioiello da riscoprire nonchè tra le poche cose targate disney che apprezzo
"Nel fantastico mondo di Oz" è un filmone. Anch'io lo preferisco al film del '39 perché non è un musical ed è, inoltre, più fedele alla storia di Baum.
Soprattutto quest'ultimo aspetto mi ha spinto ad acquistare la raccolta completa dei 15 libri di Baum di Oz in lingua originale che mi arriveranno a giorni.
A proposito: bella recensione!
Quando recensirai il film Il grande e potente Oz ?
Ciao Anonimo, grazie per i complimenti.
"Il grande e potente Oz" non lo recensisco perché non mi è piaciuto e nel blog scrivo solo dei film che apprezzo :-)
A presto e... buona lettura ;)
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