"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

lunedì 6 agosto 2012

Knockout: La resa dei conti

Knockout: La resa dei conti

Mallory Kane è un agente speciale sotto copertura che lavora per un'agenzia privata. Ora è in fuga, braccata dal suo superiore, Kenneth, che dopo l'ultima missione ha tentato di incastrarla e di farla eliminare, presago del fatto che lei aveva intenzione di mollare il suo lavoro. Il piano però non è andato come previsto grazie alle capacità di Mallory, che ora ha preso in ostaggio un ragazzo cui raccontare la sua storia e che può fidarsi solo di suo padre. Deve perciò vendicarsi di chi l'ha tradita e scoprire il motivo della sua condanna a morte. Tutto questo mentre il governo degli Stati Uniti sembra interessato a reclutarla, una volta che tutto sarà finito.


Steven Soderbergh continua a divertirsi e a sovvertire i generi, pur nel rispetto delle regole che li codificano. Dopo il disaster-movie di Contagion, stavolta tocca all'action, peraltro affrontato da una prospettiva opposta rispetto a quella che ci si aspetterebbe: il regista, infatti, non costruisce prima la storia per poi trovare l'interprete. Fa esattamente il contrario: si invaghisce (professionalmente) di Gina Carano, lottatrice di arti marziali miste che ha visto combattere in tv e decide di farne l'eroina di un film. Questa prospettiva “a rovescio” per certi versi si adatta perfettamente a un film che ci introduce al personaggio nello scenario rassicurante di una tavola calda, salvo poi sovvertire tutto mostrandocela indiavolata mentre atterra il muscoloso collega Channing Tatum. Ne segue un lungo flashback che determina la struttura a puzzle destinata a far combaciare i pezzi solo nel finale.

In effetti, quello che vediamo ha la leggerezza consueta del divertissement soderberghiano, ma quell'aria un po' astuta dell'esperimento in cui si tenta di mescolare gli elementi realizzando un anomalo “film d'azione d'autore”, che guarda a certe spy story degli anni Settanta, collocate però in un contesto contemporaneo che da solo è capace di rendere Knockout l'antitesi dei vari Mission: Impossible. A proposito del quarto capitolo della saga con Ethan Hunt, infatti, scrivevo che l'apparato ultramoderno e la muscolarità da grandi mezzi tipica del format blockbuster celavano un'anima retrò che nel suo apparire moderna era in realtà totalmente classica, in quanto fedele riproposizione degli schemi del Bond-movie (matrice dell'action spionistico moderno).

Bene, con Knockout la sensazione è opposta: vediamo un film che si offre come reperto vintage ma che in realtà è perfettamente radicato nel nostro tempo, perché rifugge la creazione di possibili fronti contrapposti in favore di un mondo senza identità, dominato da una visione economicista, dove i personaggi si combattono e complottano fra loro in nome del potere e del guadagno (alla fine è sempre una questione di soldi ammette Kenneth). Il problema della verità che delimiti e definisca un'identità (da sempre un pallino per Soderbergh) si rispecchia poi nell'abile uso del cast, in cui la protagonista sconosciuta (quella su cui si devono concentrare le simpatie dello spettatore) è contrapposta a un reticolo di nomi noti (Michael Douglas, Michael Fassbender, Antonio Banderas, Ewan McGregor, Bill Paxton) giocando così con le risonanze che i volti evocano in chi guarda. Anche in questo caso si tratta quindi di regole che vengono sovvertite e rendono il gioco quasi teorico.

Alla fine la struttura è intrigante e Soderbergh riesce a muoversi come sempre con fluidità fra le varie situazioni, passando in rassegna luoghi e volti senza particolare soluzione di continuità, inframezzando momenti più calmi con improvvise esplosioni d'azione che nel loro ricercato realismo appaiono rudi ma essenziali. L'azione, insomma, non prevale sull'intreccio né sui vari elementi che pure compongono un amalgama alquanto denso: c'è il sex appeal della protagonista, il gioco di seduzione con luoghi di lusso che rimandano alla saga degli Ocean, un'ampia varietà di scenari capace di conferire movimento, un fitto schema delle apparenze e una colonna sonora che detta i tempi di un anomalo action jazzato. Un prodotto di classe, insomma, che dimostra come si possa pensare un action differente, realistico, mai povero e non passatista.


Knockout: La resa dei conti
(Haywire)
Regia: Steven Soderbergh
Sceneggiatura: Lem Dobbs
Origine: Usa, 2011
Durata: 90'

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