"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

venerdì 19 dicembre 2008

La frusta e il corpo

La frusta e il corpo
Il barone Kurt Menliff, uomo violento e privo di scrupoli, torna al castello di famiglia per partecipare alle nozze di suo fratello con la giovane Nevenka. Qui viene ucciso da una mano misteriosa. Il suo fantasma sembra però continuare a infestare la casa e si accanisce particolarmente su Nevenka. Anni prima, infatti, la ragazza era stata legata a Kurt da un perverso legame: lui la frustava selvaggiamente procurandole dolore e piacere e istillando in lei odio e desiderio. Intanto nel castello avvengono altri omicidi.

La frusta e il corpo, primo horror a colori di Mario Bava che si firma John M. Old, è anche il primo film del quale l’autore non cura personalmente la fotografia (affidata al suo operatore di fiducia Ubaldo Terzano). La storia ispessisce i termini del rapporto fra l’apparenza e la sostanza che è alla base del cinema del regista sanremese ammantando l’intera vicenda di una forte ambiguità e dando vita a un lavoro raffinatissimo e di grande impatto. Il lavoro sul colore (si potrebbe affermare che l’autore dipinge la scena anziché illuminarla) azzarda accostamenti cromatici che intingono lo spazio scenico in una atmosfera assolutamente antinaturalistica, anticipando molte trovate del successivo Sei donne per l’assassino e il ritmo stesso viene rallentato quasi per concedere all’occhio dello spettatore la possibilità di perdersi nelle atmosfere oniriche che il castello dei Menliff, reinventato dai giochi di luce, finisce per dispiegare a ogni angolo.

Puro piacere della visione, insomma, che si accompagna, però, a una delle pellicole più dolenti del cinema di Bava. Il regista non dimostra ancora quella propensione allo sberleffo nei confronti dei suoi personaggi, paladini di una umanità stupida e condannata alla propria infelicità, ma empatizza con i loro drammi, ossequiando una struttura che rimanda al feilleuton. Certo l’importanza meramente scenica del “corpo” (rievocato sin dal titolo) è fondamentale nella costruzione dell’arazzo visivo caro all’autore, ma coesiste con un latente senso di morte cui Bava condanna i suoi personaggi. La frusta e il corpo assume così i caratteri di un magnifico melò, dove i protagonisti riescono a trovare la loro ragione d’essere esclusivamente nel dolore. Le atmosfere rarefatte si uniscono, in un ossimoro sublime, a una fisicità e a una sensualità malata, dove lo schiocco della frusta diviene il contrappunto sonoro di una tangibile voglia di esserci.

Il legame perverso che unisce Kurt a Nevenka (una splendida Daliah Lavi) diviene così il paradigma di ogni possibile sentimento umano, diventa il più forte fra i possibili modi di donarsi all’altro, il momento in cui l’odio e l’amore si annullano in un desiderio che concepisce se stesso unicamente come aggressione (non risulta casuale, a questo punto, la scelta di Christopher Lee come protagonista, all’epoca celebre interprete del Conte Dracula per la Hammer Films e che torna a collaborare con Bava dopo il precedente Ercole al centro della Terra).

Le musiche importanti e struggenti di Carlo Rustichelli incorniciano a meraviglia questa atmosfera dolente e i momenti in cui Nevenka viene frustata da Kurt finiscono dunque per assumere una caratura lirica che induce naturalmente alla commozione e che conquista lo spettatore, suscitandogli in egual misura inquietudine per l’oggettiva brutalità della situazione e fascinazione per la potenza e l’intimità di un rapporto che non si può razionalizzare, ma accettare in modo soltanto viscerale.

L’ossequio alle regole dell’Horror risulta così scardinato e il film si chiude giustamente senza sciogliere l’ambiguità sull’esistenza del fantasma di Kurt. D’altronde come Bava consideri l’elemento whodunit è chiarissimo nel momento in cui Cristiano e Katia si interrogano su quanto sta accadendo e formulano diverse ipotesi, mentre la mdp concentra la sua attenzione su un vaso posto lontano dai due interlocutori. Un gesto che è anche un’espressione di poetica e libertà, di un modo di concepire il cinema puramente emozionale.

Sottovalutato dal fandom, ostacolato dalla censura a causa della componente erotica insita nel soggetto (negli Stati Uniti ci furono anche dei tagli) La frusta e il corpo è stato riscoperto solo in anni più recenti, dove si segnala l’elogio di registi come Martin Scorsese. Ugualmente questo non ha impedito che per troppo tempo l’unica traccia tangibile della sua presenza nel nostro paese restassero isolate registrazioni delle trasmissioni tv sulla Rai. Prossimo a vedere finalmente la sua prima pubblicazione italiana nel formato DVD per Eagle Pictures (l'uscita è prevista per il 28 gennaio 2009), il film potrà finalmente guadagnarsi la meritata riscoperta, riconsegnando agli appassionati di ieri e di oggi un autentico classico.


La frusta e il corpo
Regia: John M. Old (Mario Bava)
Sceneggiatura: Julian Berry (Ernesto Gastaldi), Robert Hugo (Ugo Guerra), Martin Hardy (Luciano Martino)
Origine: Italia, 1963
Durata: 88’

1 commento:

Anonimo ha detto...

se non erro uno dei pochi film di Bava che mi manca... vedrò di porre rimedio!