Anno 0079 dell’Era Spaziale: un terribile conflitto è scoppiato tra la Federazione Terrestre e il sistema di colonie orbitanti che fa capo al Principato di Zeon. Dopo che nei primi otto mesi di guerra entrambe le parti hanno sopportato ingenti perdite, si è giunti a una situazione di stallo che sembra sbloccarsi quando la Federazione costruisce il Gundam, un prototipo di robot dotato di prestazioni superiori rispetto ai modelli usati da Zeon. A pilotare il Mobile Suit si ritrova del tutto casualmente il giovane Amuro Ray, arruolato forzatamente nell’equipaggio della White Base, l’astronave federale di ultima generazione che, dopo essere stata attaccata durante il primo viaggio, si ritrova dietro le linee nemiche: attraverso numerose battaglie l’equipaggio segna numerosi punti a favore della Terra e impara gradualmente a conoscersi e a fare fronte comune contro i problemi personali e militari. Il duello fra Gundam e Zeon si incarna nella rivalità che immediatamente si stabilisce fra Amuro e Char Aznable, il più valoroso guerriero del Principato spaziale, che in realtà nasconde un passato drammatico. Entrambi scopriranno nel corso della guerra di essere dotati di poteri psichici, nuovi esemplari della razza di Newtype destinata a guidare l’umanità verso la fine dei conflitti.
La recente uscita in DVD ha finalmente permesso di godere nel migliore dei modi della serie animata di culto creata nel 1979 da Yoshiyuki Tomino, donandole una visibilità finora mai garantita dai confusi passaggi televisivi: forse la verità è che Mobile Suit Gundam ancora oggi risulta un cartoon troppo avanti rispetto agli standard settati dalle programmazioni impazzite del piccolo schermo italiano, per la ricchezza dei suoi contenuti e per la fitta continuity che rende ogni episodio un piccolo tassello di una storia più grande e perfettamente compatta (nelle intenzioni originarie di Tomino non a caso si nascondeva il desiderio di realizzare un film dal vero).
Di più: Gundam è avanti anche rispetto alle aspettative dell’anime-fan medio, troppo spesso attento a classificazioni e a divisioni fra “tominiani” e non, e che per questo nel tempo si è preoccupato soprattutto di evidenziare la netta cesura che la storia marca rispetto alle serie robotiche classiche alla Mazinger. Lo scenario stavolta è realistico e credibile poiché viene meno tanto l’elemento extraterrestre, quanto il classico nemico che riverbera gli spettri della mutazione corporea (pensiamo ai cyborg mikenei del Grande Mazinger), quanto un intreccio che affonda le sue radici nella Storia e nel Mito (il regno Jamatai di Jeeg Robot o l’Impero dei dinosauri di Getter Robot). Allo stesso modo il robot (ribattezzato “Mobile Suit”, armatura mobile) è un modello costruito in serie all’interno di un contesto bellico dove vediamo le due parti in causa (la Terra e le colonie orbitanti) impegnate nella realizzazione di modelli sempre più potenti per la vittoria (quindi niente Istituti di ricerca sull’Energia Fotoatomica, Fortezze delle Scienze o laboratori privati di vario genere): il pilota quando combatte ha a disposizione un numero di colpi limitato, poche armi e un libro di istruzioni per capire quali sono i comandi. Tutto molto credibile insomma.
In realtà, se adottiamo una prospettiva più distaccata è facile rendersi conto di come Tomino, pur negando molte delle regole care al genere classico dei Super Robot, nello stesso tempo ne riutilizzi e ne affermi nuovamente molti cliché: ecco dunque che la White Base viene a porsi come moderna variante dei laboratori classici, o che il Gundam è comunque un robot di livello superiore, dotato di una corazza inscalfibile e di prestazioni che lo elevano di parecchio dai modelli concorrenti, rendendolo unico e quindi non serializzato. E allo stesso tempo alcune delle sue armi (come le Spade Laser) sono tutt’altro che “credibili” se analizzate da un contesto scientifico. Inoltre, sebbene la vicenda rispetti la continuity, Gundam è costretto ad affrontare una battaglia in ogni episodio, rispettando quindi la regola principale del genere robotico e non facendo venir meno spettacolo e tensione.
Il discorso quindi non deve focalizzarsi troppo sulle regole o sugli schematismi narrativi perché l’originalità non è il fine della storia, e il lavoro di Tomino ha ben poco di autocelebrativo o referenziale: l’obiettivo finale è infatti quello di prendere lentamente per mano lo spettatore guidandolo verso derive inaspettate, allo scopo di aprire una via che poi saranno altri (pensiamo alla saga di Macross) a completare per condurre il genere verso nuove coordinate.
D’altronde non si può pretendere che Tomino non abbia ossequiato alcuni modelli, come la saga di Star Wars (nonostante il regista abbia dichiarato il contrario, i debiti verso Luke Skywalker e soci sono troppo evidenti per poter essere smentiti), ma soprattutto è importante notare come abbia tentato di scardinare in modo progressivo la centralità del robot per imbastire un racconto dalla qualità squisitamente umana. In questo senso Mobile Suit Gundam applica alla saga di fantascienza un impianto tipico della soap opera o del feulleiton, mostrandoci protagonisti che imparano a crescere fra mille difficoltà, facendo i conti con le prime pulsioni amorose (pensiamo al commovente arco narrativo che vede coinvolti Amuro e Matilda, oppure a quello di Garma Zabi e Icelina), e i loro destini risultano a volte invischiati in complesse trame familiari che preludono a tragiche conclusioni (esemplare in questo senso il personaggio di Char).
Il vero snodo fondamentale è quindi dato dall’introduzione dei Newtype, super-individui che costituiscono la vera chiave per l’affrancamento dell’uomo dal suo robot (è infatti in quel momento che le prestazioni di Gundam diventano “lente” rispetto alla maturazione cui è raggiunto Amuro) e che perciò riafferma, insieme al messaggio di speranza per il destino dei popoli in lotta, anche la centralità dell’essere umano come creatura superiore: concetto da non intendersi secondo le interpretazioni più aberranti delle dottrine nietzschiane, e infatti sono i miseri umani di Zeon a fare proprie le teorie superomiste più radicali, diventando tragico spettro del nazismo. Viceversa siamo invece più vicini a uno spiritualismo di marca comunque laica e non strettamente religiosa, che ricerca nella realtà quotidiana alcune figure-guida che possano fornire un messaggio di conciliazione e pace (e anche in questo caso si può tracciare un altro parallelo con Star Wars e i Cavalieri Jedi). Il destino dei robot, insomma, è ormai segnato e trattandosi di un’opera di fantascienza, la reale sostanza iconoclastica del lavoro di Tomino risulta davvero significativa.
Mobile Suit Gundam
(Kido Senshi Gandam)
Regia: Yoshiyuki Tomino
Sceneggiatura: Hiroyuki Hoshiyama, Yoshihisa Araki, Masaru Yamamoto, Kenichi Matsuzaki, Yoshiyuki Tomino (da un’idea di Hajime Yatate e Yoshiyuki Tomino)
Origine: Giappone 1979
Durata: 42 episodi
(Kido Senshi Gandam)
Regia: Yoshiyuki Tomino
Sceneggiatura: Hiroyuki Hoshiyama, Yoshihisa Araki, Masaru Yamamoto, Kenichi Matsuzaki, Yoshiyuki Tomino (da un’idea di Hajime Yatate e Yoshiyuki Tomino)
Origine: Giappone 1979
Durata: 42 episodi
2 commenti:
Ciao Rodan, ho letto ora l'articolo e te ne faccio i complimenti.
Ovviamente se scrivo è perchè sono un inguaribile rompiballe, e volevo solo dirti che discordo su un punto che hai detto. :)
Mi riferisco al discorso sui newtype, da te inquadrato (perdonami se ho capito male) come "super uomini" dai poteri spirituali/mistici, capaci di porsi come "messia" per portare l'uomo alla pace.
A dire il vero, Tomino con la figura del newtype non è interessato a far passare il messaggio di affidare le speranze della pace a pochi eletti di caratura superiore.
Coi newtype Tomino lancia un messaggio di speranza a tutti gli esseri umani, ritraendo questi "super uomini" unicamente come lo stadio di evoluzione finale di QUALSIASI uomo.
Fa capire (e questo messaggio è presente in quasi tutte le sue opere post-Gundam, passando per Ideon, Dunbine e Brain Powerd, quest'ultimo il più radicale nel ribadirlo) che la chiave della felicità e della pace non sta tanto nella saggezza di pochi eletti, bensì nella capacità di TUTTI di sapersi comprendere e capire, in modo da evitare fraintendimenti e essere trasparenti nelle idee.
E' questo che spiega perchè Amuro e Lalah, COMPRESOSI coi loro poteri, non riusciranno fino alla fine a distruggersi: si rendono conto che non hanno alcuna ragione per combattere, avendo capito l'uno i sentimenti e le motivazioni dell'altra.
Ciao Jacopo, grazie per il commento e non sei affatto un rompiballe, ben vengano occasioni di confronto costruttivo come questa.
In realtà le nostre visioni non discordano, dal momento che anch'io penso che il Newtype sia visto come evoluzione finale di tutti gli uomini. Semplicemente qui siamo ancora al principio del percorso che porterà a questa evoluzione, dunque i Newtype sono ancora pochi e si pongono (volenti o meno) come figure eccezionali.
Ottimo comunque il tuo inquadramento di "Gundam" nell'intera opera tominiana, che completa e chiarisce meglio quello che ho scritto.
A presto.
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