The Bay
Le immagini e i video
raccolti da Donna Thompson, aspirante giornalista, ci mostrano gli
avvenimenti occorsi fra il 4 e il 5 luglio 2009 a Claridge, cittadina
del Maryland situata presso la Baia di Cheasapeake. Il luogo,
impegnato nei festeggiamenti per il giorno dell'indipendenza, era
infatti diventato il ricettacolo di un contagio portato avanti da
alcuni microorganismi mutati dall'inquinamento della baia, e
trasformatisi in parassiti capaci di divorare i corpi degli animali e
delle persone dall'interno. Donna si trovava sul posto per realizzare
un documentario per l'università e così ha potuto assistere agli
eventi: il resto è frutto di un lungo lavoro di raccolta dalle fonti
più svariate (home movies, riprese di due oceanografi, telecamere a
circuito chiuso dell'ospedale e via citando). Ora la ragazza diffonde
il frutto delle sue ricerche via skype, per far luce su una verità
che le autorità hanno preferito mantenere sotto silenzio.
Inevitabile restare
spiazzati di fronte alla prospettiva che a dirigere un piccolo film
horror sia un regista “istituzionale” come Barry Levinson
(peraltro assente dal grande schermo da almeno un lustro): sulle
prime non si capisce infatti cosa leghi l'autore Premio Oscar di Rain
Man, capace di assemblare cast di autentiche star per progetti
come Sleepers, a una pellicola indipendente, composta quasi
unicamente da non professionisti o da attori di secondo piano - la
protagonista Kether Donahue, ad esempio, è principalmente una
doppiatrice. Magari i più scossi potranno trovare “normalizzante”
il fatto che il progetto nasce da una commissione: Levinson era stato
infatti contattato per realizzare un documentario sull'inquinamento
(reale) della baia di Cheasapeake,
salvo poi decidere di rinunciare all'impresa, a causa dell'esistenza
di un ottimo contributo sul tema già realizzato per Frontline
(vedere fra i link in calce). L'idea però è poi tornata a farsi
avanti sotto forma di pellicola di genere.
A prescindere da simili
informazioni, Levinson è comunque meno estraneo di quanto si possa
pensare a una simile pellicola: spesso la percezione immediata non è
infatti quella giusta, perché a scorrere la filmografia del regista
troviamo altri progetti fuori dagli schemi, e capaci di rivelare uno
sguardo trasversale da parte di un autore decisamente versatile, e
attento alle possibilità offerte dal cinema indipendente. Il caso
più evidente riguarda l'ottimo e sottovalutato Sesso & potere,
satira lucidissima sulle menzogne del potere, sulla falsificazione
della realtà e sulle strategie comunicative con cui la politica
impone il proprio punto di vista alle masse.
The Bay
rappresenta un completamento di simili progetti, articolato secondo
direttive estetiche senza dubbio innovative per Levinson, che
abbandona la messinscena tradizionale e lo stile “nascosto” per
avvalersi delle strategie del Point of View Cinema e, in
particolare, di quelle branche declinabili con i termini Found
Footage o Mockumentary: il film è infatti costruito come
una falsa ricostruzione documentaria, basata su riprese amatoriali e
materiali d'archivio, assemblati in modo da articolare un discorso,
sebbene poi (il Romero di Diary
of the Dead insegna) Levinson inserisca anche una colonna
sonora in grado di rendere maggiormente espressive le situazioni
(strategia peraltro perfettamente apparentabile ai codici linguistici
dei format televisivi alla Real TV).
Il lavoro di
documentazione è basato in larga parte su una forte drammatizzazione
di elementi reali: l'inquinamento della baia americana, come già
evidenziato, è reale, così come le mutazioni che interessano alcuni
parassiti. Allo stesso tempo, la caratterizzazione dei personaggi
segue un gustoso tentativo di descrivere la quotidianità e la
normalità della classe media americana, donando un'impronta quasi
sociologica al girato (aspetto, quest'ultimo, purtroppo appiattito
dal mediocre doppiaggio italiano).
L'aspetto più
interessante dell'operazione sta proprio in questa ricerca
stilistica, che, ai codici di un linguaggio comunque già codificato
da un piccola ma fiorente tradizione, unisce una ricognizione
filologica e cinefila sui temi e sui tempi dei vecchi film
d'invasione anni Cinquanta e degli eco-vengeance degli anni
Settanta, con in prima fila il capolavoro di Steven Spielberg, Lo
squalo (sebbene Levinson neghi curiosamente questa
filiazione, che quindi sarebbe da ritenersi inconscia). Ritroviamo
infatti una serie di figure retoriche che creano un ideale ponte con
quelle stagioni, evidentemente imprescindibili per come sapevano
unire il divertimento spettacolare alla capacità di toccare i nervi
scoperti del sentire comune. Abbiamo quindi la cittadina in pericolo,
le autorità che cercano di tenere nascosto il pericolo per non
compromettere la stagione turistica o l'industria locale, alcuni
personaggi solitari che cercano di scoperchiare il vaso di Pandora
(in particolare giornalisti e oceanografi), fino all'inevitabile
esplodere della minaccia.
Levinson riesce a tenere
insieme la “memoria storica” dei film capaci di essere
commerciali e al contempo di denuncia, senza cadere
nella trappola della facile filologia cinefila. Al contrario, il
rimando alle stagioni sopracitate serve a cementificare suggestioni
che per il resto denunciano una forte radicalità, grazie anche a
un'ironia intelligente (memore della lezione satirica di Sesso &
potere) che sbugiarda le inettitudini di cui è ormai infetto
l'intero sistema sociale, come dimostrano le insistite inquadrature
della bandiera americana: tutto è quindi costruito sulla
falsificazione dei dati e sul nascondere gli errori, si veda
l'incidente nucleare non denunciato perché tanto gli effetti si
sarebbero visti soltanto dopo il 2014. Ma quella descritta dal film è
anche una realtà dove, chi detiene le fila del potere non soltanto è
del tutto inadeguato a farlo, ma, anzi, sguazza felice e ignaro tra i
frutti del disastro che sta producendo: emblematico in questo senso
il sindaco che beve l'acqua inquinata, condannandosi in tal modo a
subire la stessa sorte dei suoi concittadini.
The Bay è quindi
principalmente questo: un'intelligente ricognizione sulla stupidità
al potere e sul bisogno di ricostruire una realtà ormai falsificata
da un uso istituzionale della bugia. Stavolta la tecnologia sembra
venire in aiuto (diversamente da quanto accadeva in Sesso e
potere) e in questo sta la declinazione al presente delle
riflessioni sui linguaggi care al regista, che lascia intravedere un
barlume di speranza nel volgere a vantaggio della conoscenza l'uso
consapevole delle forme di comunicazione, nell'era della mescolanza
dei codici narrativi.
Per il resto, The Bay
dimostra anche di saper creare il giusto disagio attraverso sequenze
molto indovinate, un uso materico degli effetti speciali e una parte
finale ottimamente asfissiante e claustrofobica nel costringere i
vari personaggi in ambienti chiusi e isolati, mentre le strade si
riempiono di cadaveri.
The Bay
(id.)
Regia: Barry Levinson
Sceneggiatura: Michael
Wallach
Origine: Usa, 2012
Durata: 84'
1 commento:
Proprio bello questo The Bay, mi ha sorpreso assai, mai mi sarei aspettato un film del genere da Levinson, che cmq stimo al massimo per il meraviglioso Rain Man.
PS sesso e potere mi manca, mi sa che lo recupero se vale la pena
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