Star Trek Into Darkness
James T. Kirk viene
sollevato dal comando dell'astronave Enterprise per l'eccessiva
tendenza a non rispettare i regolamenti della Federazione, ed è degradato a primo ufficiale dell'Ammiraglio
Pike. L'attacco feroce del terrorista John Harrison, però, provoca
la morte di Pike e così Kirk riottiene il comando della nave e
l'incarico, da parte dell'Ammiraglio Marcus (comandante supremo della
Flotta Stellare), di inseguire ed eliminare Harrison, che si è
rifugiato sul pianeta Kronos, capitale dell'Impero Klingon. L'impresa
è rischiosissima, a causa dei già precari equilibri esistenti fra
la Federazione e i Klingon: su Kronos, però, Harrison si lascia
catturare da Kirk, e cerca di convincerlo che il vero nemico sia lo
stesso Ammiraglio Marcus, che sta tentando di trascinare terrestri e
klingoniani verso la guerra totale per la sua sete di potere. Lo
stesso Harrison non è chi viene accusato di essere, ma qualcuno la
cui identità si perde nel remoto passato e in battaglie già
combattute in altri universi...
Archiviata la classica
storia di origini (in questo caso di re-inizio),
J. J. Abrams può ora dare maggiore compiutezza alla sua peculiare
visione di Star Trek, concentrandosi su quei legami familiari
sempre centrali in ogni tassello della sua opera (da Alias a
Super 8). D'altra parte, lo stesso film del 2009 vedeva il
personaggio di Kirk rifondato a partire dalla perdita del padre,
causata dallo stesso paradosso che generava la nuova continuity: il
tutto mentre la successiva ricerca di un “posto nel mondo” da
parte del giovane ribelle, finiva naturalmente per coincidere con
l'approdo nella “famiglia” della Flotta Stellare.
Ora bisogna cementare
quelle unioni, attraverso un più intricato lavoro sulle psicologie
dei personaggi e sulle dinamiche alla base delle reciproche
interazioni, lavorando sempre di sponda con quanto già forgiato da
Gene Roddenberry quasi 50 anni prima. Il film, non a caso, è tutto
incentrato sia sull'importanza dei legami che uniscono i personaggi,
che su un rapporto critico con le lezioni impartite dal passato. Si
riparte quindi da una nuova perdita, che stavolta colpisce
l'Ammiraglio Pike, figura vicaria di quella paterna per Kirk, laddove
l'Ammiraglio Marcus è addirittura un padre triplice (per la
Federazione, per sua figlia Carol e, di riflesso, anche per Harrison,
Kirk e tutti i ragazzi della Flotta). Il cattivo di turno (un
impressionante Benedict Cumberbatch!) è invece motivato ad agire per
l'amore che prova nei confronti di un equipaggio di suoi simili,
esplicitamente chiamato in causa in quanto famiglia.
Come a ribadire che il
discorso non interessa particolarmente le gerarchie, ma è tutto
articolato all'interno di legami personali e anche “intimi”, la
storia si diverte spesso a sovvertire i ruoli, riassegnando in
continuazione il posto di Capitano dell'Enterprise (a Kirk, a Pike, a
Sulu, a Spock), creando in tal modo una struttura orizzontale dove
ogni personaggio è pari, si copre le spalle a vicenda (Spock salva
la vita a Kirk dopo essere stato a sua volta salvato) e la formalità
dei rapporti fra ufficiali (con le celebri espressioni formali e
l'uso del lei) si intreccia a discussioni più colloquiali.
Personaggi che vengono allontanati dal loro ruolo (lo Scotty del
sempre impareggiabile Simon Pegg) diventano falle vistose
nell'organigramma e anzi rientrano in gioco in quanto figure
dirimenti per i problemi che si sono nel frattempo venuti a creare.
La classica dicotomia fra
l'impulsività di Kirk e il raziocinio estremo di Spock trova dunque
il suo doppio nella contrapposizione anche feroce tra i doveri
imposti dalla missione e il senso della solidarietà che muove i
personaggi, e che si risolve nell'apparente contraddizione di un
primo ufficiale che zittisce a forza i sentimenti per i propri legami
affettivi, mentre il Capitano sembra del tutto impreparato a
rivestire il ruolo che gli compete (“non so cosa devo fare, ma so
cosa posso fare”). Per entrambi, quindi, l'avventura è un percorso
(“trek”) che li porta a comprendere meglio il proprio posto, ma solo
quando esso arriva a coincidere con lo schema articolato dai legami
personali.
Da questo versante non
stupisce dunque il fatto che il confronto familiare sia anche quello
che pone la nuova continuity abramsiana in rapporto dialettico con
quella originale (qui rappresentata dallo Spock anziano del
meraviglioso Leonard Nimoy), con cui i nuovi personaggi possono
rapportarsi direttamente, ma che allo stesso tempo devono imparare a
metabolizzare in quanto non più semplice retaggio del passato, ma
quale esperienza del loro presente. Ecco dunque che il film, nel
chiamare direttamente in causa Star Trek II, si pone spesso in
contraddizione allo stesso, apre nuove strade o rovescia vecchie
situazioni (il sacrificio di Spock per salvare il motore
dell'Enterprise stavolta è a parti invertite), anche qui ragionando
nel merito dei legami e delle loro implicazioni (il discorso,
naturalmente, si amplifica via via che il pubblico entra in risonanza
con la più o meno approfondita conoscenza della “mitologia” del
brand).
Su tutto c'è
naturalmente il lavoro visuale che già aveva meravigliato e convinto
nel precedente capitolo, attraverso un uso innovativo eppure allo
stesso tempo così retrò (giustamente paragonato alle epopee
lucasiane) dei design: fotografia con colori “sparati”, design
tondeggianti, un 3D molto “ludico” nello scagliare oggetti verso
lo spettatore, e un certo senso materico delle azioni, fatte di
gesti, cazzotti, sangue... tutti elementi che creano una sinergia
felice fra le origini “datate” del franchise e le terminazioni di
una fantascienza d'azione che vuole stare nel nostro presente. Fatto
che peraltro permette a Star Trek di continuare a portare
avanti l'idea di un'avventura spaziale, genere ormai abbastanza
trascurato dalla scena contemporanea, sempre troppo propensa a
confondere realismo e aridità immaginifica.
E' per questo che, ancora
una volta, la sensazione che la visione suscita è quella di un
progetto commovente per la fede in ciò che fa e per un'idea di
cinema pregna di sense of wonder. Quand'anche Abrams dovesse
abbandonare del tutto questa epopea per dedicarsi anima e corpo alla
reprise di Star Wars, chi ne raccoglierà il testimone
potrà comunque avvantaggiarsi di un disegno narrativo ormai
perfettamente compiuto.
Into
Darkness - Star Trek
(Star
Trek Into Darkness)
Regia: J. J. Abrams
Sceneggiatura: Alex
Kurtzman, Roberto Orci, Damon Lindelof
Origine: Usa, 2013
Durata: 133'
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2 commenti:
La saga classica di Star Trek non mi è mai piaciuta, mi sa che ho visto solo l' 1 e il 3, ma qualche anno fa vidi il reebot di Abrams e lo trovai molto carino, questo sequel sembra ancora meglio e cosa che mi invoglia maggiormente a vederlo, sembra alquanto cupo, quindi se ho tempo me lo vado a vedere volentieri, anche se nei prox giorni escono Tulpa, Stoker e L'uomo d'acciaio e questi 3 non me li perdo di sicuro .
Sulla rece, sempre ottima e molto interessante ;-)
IERI son riuscito ad andare a vedere Into Darknes e devo dire che mi è proprio piaciuto, girato benissimo e con ottimi persoaggi, il cattivo su tutti ;-)
Aspetto con ansia di vedere cosa combinerà sto mattacchione di Abrams con Star Wars ;)
PS: riguardo all'ultima frase del mio precdente post: Tulpa e Stoker molto belli, Uomo d'acciaio osceno e ci son rimasto male perchè da Snyder e soprattutto da Nolan mi aspettavo un filmone e invece.....
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