Lecce 2012: Last Day
Si spengono le luci sul
palco del cinema Massimo e il festival del cinema europeo saluta il
suo pubblico con un bilancio positivo ma non entusiasmante. Certo, il
fatto che la scelta dei due omaggi a Sergio Castellitto e Emir
Kusturica fosse già in partenza poco esaltante è un parere del
tutto soggettivo, ma anche il concorso non ha brillato per intensità
e in alcuni casi è parso un po' inerziale. Per fortuna la carta
migliore è stata calata proprio nella giornata finale, con il bel
film russo Bedouin, diretto da Igor Voloshin e, soprattutto,
gratificato dall'eccellente performance di Olga Simonova (vincitrice
anche del premio del Sindacato Giornalisti Cinematografici come
migliore attrice). E' la storia di una donna che accetta una
maternità surrogata per guadagnare il denaro necessario a salvare la
figlia malata di leucemia. Così si trasferisce dall'Ucraina a San
Pietroburgo, dove viene a contatto con realtà difficili e situazioni
estreme. Ma il bello è che la storia, seppur raccontata con
attenzione al dramma umano della protagonista, è sostanzialmente un
noir, simile in alcuni aspetti ai primi film di Nicolas
Winding Refn, per come i sentimenti sono esplorati attraverso le
azioni e il contesto, tanto che il regista giustamente lo definisce
un “Action Drama”. Tutta l'ultima parte è poi dedicata al
viaggio finale della speranza in Giordania, dove il tono diventa più
intimista e regala i momenti più toccanti. Un piccolo gioiello, che
speriamo sia distribuito largamente.
Meno intrigante, ma comunque non privo di un suo fascino è invece lo svedese Happy End, con varie storie intrecciate che, a dispetto del titolo, convergono verso un esito decisamente poco ameno. Si chiude infine con l'ultimo appuntamento dedicato a Ken Russel, e il divertente Whore (1991), con Theresa Russel mattatrice di un racconto metropolitano che permette al regista di immergere finalmente nel reale le sue storie finora rimaste sempre confinate in spazi ben definiti, lavorando dunque in maniera più accentuata sulla dualità di tono fra fatti drammatici e un registro più sfacciatamente ironico. Un film che per questo rappresenta una degna quadratura del cerchio per il bell'omaggio leccese: unica nota di demerito a questo proposito, il fatto che tutte le opere siano state proposte in versione doppiata e non sottotitolata.
Meno intrigante, ma comunque non privo di un suo fascino è invece lo svedese Happy End, con varie storie intrecciate che, a dispetto del titolo, convergono verso un esito decisamente poco ameno. Si chiude infine con l'ultimo appuntamento dedicato a Ken Russel, e il divertente Whore (1991), con Theresa Russel mattatrice di un racconto metropolitano che permette al regista di immergere finalmente nel reale le sue storie finora rimaste sempre confinate in spazi ben definiti, lavorando dunque in maniera più accentuata sulla dualità di tono fra fatti drammatici e un registro più sfacciatamente ironico. Un film che per questo rappresenta una degna quadratura del cerchio per il bell'omaggio leccese: unica nota di demerito a questo proposito, il fatto che tutte le opere siano state proposte in versione doppiata e non sottotitolata.
Infine un veloce sguardo
ai premi: l'Ulivo d'Oro per il miglior lungometraggio è stato
assegnato al norvegese Oslo 31st August,
di cui ho già scritto, mentre molti riconoscimenti collaterali sono
andati all'italiano Vacuum, di Giorgio Cugno. Nei prossimi
giorni su Sentieri Selvaggi sarà possibile leggere due miei
ulteriori interventi dedicati al festival, uno più generico
sull'evento e l'altro sulla figura di Ken Russel, entrambi saranno
poi linkati anche qui.
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