Lecce 2012: Day 4
Passata la boa della metà
festival, inizia la volata verso il gran finale e fanno capolino
anche gli ospiti “maggiori”. Virgolette d'obbligo perché in
fondo si potrebbe obiettare che quando hai visto sfilare Terry
Gilliam ci sia poco d'aggiungere, quindi meglio precisare che si
tratta degli ospiti che fanno capo ai due appuntamenti retrospettivi
più centrali nel programma: l'omaggio a Emik Kusturica vede infatti
il regista balcanico impegnato in un incontro pubblico con Nichi
Vendola e in un concerto con la sua band; la sezione “Protagonisti
del cinema italiano” risponde invece con Sergio Castellitto e la
moglie Margaret Mazzantini, pure protagonisti di alcuni incontri
pubblici. E i film? Sono sempre loro al centro dei nostri pensieri e
questa giornata vede il concorso lungometraggi esplorare nuove storie
dalla Germania e dalla Spagna.
Nel primo caso abbiamo Uber uns das all/Above Us Only Sky, di Jan Schonburg, racconto della perdita che una giovane donna deve affrontare quando l'amato marito si suicida e sembra poi rivivere in un altro conoscente. Un dramma che diventa quasi un racconto di fantasmi, con la protagonista che per riuscire a tirare le fila della propria esistenza deve accettare l'idea che essa sia un completo inganno: la morte dell'uomo ha infatti portato alla luce dei segreti che fanno capire alla donna quanto non conoscesse in realtà l'amato. E dunque in una realtà fatta di inganni solo una relazione costruita sull'invenzione può forse dare una via d'uscita. Perciò il nuovo compagno accetta un nome finto, finge di avere con lei una figlia in realtà inesistente e via citando. Interessante nello spunto, ma la messinscena non elabora fino in fondo le possibilità offerte da una simile traccia, accontentandosi di uno svolgimento abbastanza lineare. Che è poi lo stesso difetto imputabile anche a Don't Be Afraid (ma in spagnolo è molto più evocativo, No tengas miedo), di Montxo Armendariz, racconto di una ragazza che ha subito violenza sessuale da parte del padre sin dalla più tenera età. Anche in questo caso un tema potente e straziante è trattato con eccessiva linearità, quasi a fini meramente “didattici” sul problema. Di buono c'è che Armendariz tratta comunque la vicenda con sensibilità, dribblando tanto le possibili morbosità, quanto i manierismi di rito e dunque – se artisticamente l'insieme lascia qualche riserva – il film riesce comunque a trovare una sua strada verso il pubblico.
Come sempre bisogna poi rivolgersi al passato per qualche piccola folgorazione: l'ormai irrinunciabile appuntamento odierno con Ken Russel ci porta al 1988 de L'ultima Salomé, rivisitazione metanarrativa dell'opera teatrale di Oscar Wilde, portata in scena con piglio genialmente provocatorio, ma di quella provocazione che non è voglia di stupire a ogni costo, quanto desiderio di trasmettere un afflato di libertà e creatività, che rende il tutto caotico nell'insieme degli elementi, ma perfettamente ordinato nella sua ricomposizione finale. Ancora più gustoso è però lo sloveno Ekspres, Ekspres, che nel 1997 ha impresso un'accelerazione all'industria cinematografica del suo paese, aprendo una nuova fase. Immaginate Jacques Tati che decide di raccontare la storia dei viaggiatori di un treno (viene in mente un possibile ibrido fra le avventure del grande autore francese e il documentario di Pietro Marcello Il passaggio della linea, che illustrava le storie dei viaggiatori sui convogli ferroviari): un film delicato e gustosissimo, fatto di personaggi teneramente surreali e grande tenerezza nei confronti delle storie narrate: un autentico fiore all'occhiello della sezione “Cinema Euromediterraneo - Settimana del cinema sloveno”, che ci ricorda anche una grave mancanza della nostra distribuzione, rea di non averlo proposto nelle sale italiane. Meno male che ci sono i festival!
Nel primo caso abbiamo Uber uns das all/Above Us Only Sky, di Jan Schonburg, racconto della perdita che una giovane donna deve affrontare quando l'amato marito si suicida e sembra poi rivivere in un altro conoscente. Un dramma che diventa quasi un racconto di fantasmi, con la protagonista che per riuscire a tirare le fila della propria esistenza deve accettare l'idea che essa sia un completo inganno: la morte dell'uomo ha infatti portato alla luce dei segreti che fanno capire alla donna quanto non conoscesse in realtà l'amato. E dunque in una realtà fatta di inganni solo una relazione costruita sull'invenzione può forse dare una via d'uscita. Perciò il nuovo compagno accetta un nome finto, finge di avere con lei una figlia in realtà inesistente e via citando. Interessante nello spunto, ma la messinscena non elabora fino in fondo le possibilità offerte da una simile traccia, accontentandosi di uno svolgimento abbastanza lineare. Che è poi lo stesso difetto imputabile anche a Don't Be Afraid (ma in spagnolo è molto più evocativo, No tengas miedo), di Montxo Armendariz, racconto di una ragazza che ha subito violenza sessuale da parte del padre sin dalla più tenera età. Anche in questo caso un tema potente e straziante è trattato con eccessiva linearità, quasi a fini meramente “didattici” sul problema. Di buono c'è che Armendariz tratta comunque la vicenda con sensibilità, dribblando tanto le possibili morbosità, quanto i manierismi di rito e dunque – se artisticamente l'insieme lascia qualche riserva – il film riesce comunque a trovare una sua strada verso il pubblico.
Come sempre bisogna poi rivolgersi al passato per qualche piccola folgorazione: l'ormai irrinunciabile appuntamento odierno con Ken Russel ci porta al 1988 de L'ultima Salomé, rivisitazione metanarrativa dell'opera teatrale di Oscar Wilde, portata in scena con piglio genialmente provocatorio, ma di quella provocazione che non è voglia di stupire a ogni costo, quanto desiderio di trasmettere un afflato di libertà e creatività, che rende il tutto caotico nell'insieme degli elementi, ma perfettamente ordinato nella sua ricomposizione finale. Ancora più gustoso è però lo sloveno Ekspres, Ekspres, che nel 1997 ha impresso un'accelerazione all'industria cinematografica del suo paese, aprendo una nuova fase. Immaginate Jacques Tati che decide di raccontare la storia dei viaggiatori di un treno (viene in mente un possibile ibrido fra le avventure del grande autore francese e il documentario di Pietro Marcello Il passaggio della linea, che illustrava le storie dei viaggiatori sui convogli ferroviari): un film delicato e gustosissimo, fatto di personaggi teneramente surreali e grande tenerezza nei confronti delle storie narrate: un autentico fiore all'occhiello della sezione “Cinema Euromediterraneo - Settimana del cinema sloveno”, che ci ricorda anche una grave mancanza della nostra distribuzione, rea di non averlo proposto nelle sale italiane. Meno male che ci sono i festival!
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