Grattacieli e superuomini
Nella recensione di Thor scrivevo dell'interessante parallelismo che il fumetto originale Marvel pone in essere fra le realtà di Asgard e New York, in quanto entrambe esempio di luoghi dominati dal tema della verticalità. L'esempio in realtà non è isolato, e ci permette di comprendere come il concetto stesso di supereroe sia fondamentalmente legato alle dinamiche proprie dell'ambiente urbano, in cui tale mitologia prospera, dalla quale trae ampia parte della sua ragione d'essere e cui naturalmente rimanda in quanto specchio di quegli umori che si aggirano per le strade. In particolare non va trascurata quell'idea futurista di città in quanto agglomerato della particolare forma espressiva e architettonica che è il grattacielo.
Il volume scritto da Federico Pagello – e intitolato programmaticamente Grattacieli e superuomini – esplora proprio questo rapporto e si staglia come testo importante nel ribadire il concetto di reciproca dipendenza che interessa i due ambiti di analisi: ovvero quello del fumetto supereroistico americano e quello dello sviluppo urbano, esplorato attraverso le molteplici prospettive fornite dalla Storia, dai mutamenti sociali e, non ultima, dalla cultura e dall'arte. La simbiosi fra l'eroe mascherato e la metropoli, trova la sua più felice sintesi nell'immagine di copertina che propone una suggestiva sovrapposizione fra le linee del costume e della ragnatela dello Spider-Man di Sam Raimi, e le intersezioni tracciate dalle architetture dei palazzi: così come l'Uomo Ragno è esso stesso produttore di geometrie che ridisegnano lo spazio urbano e aiutano a definirlo meglio (attraverso la prospettiva offerta dall'alto dei palazzi stessi dove egli si arrampica con le sue tele/liane), così la toponomastica sembra favorire l'iconografia del suo costume, in una simbiosi difficilmente scindibile e dal chiaro significato metaforico.
Non a caso spesso la nascita stessa del supereroe è legata a un fatto tragico che esprime programmaticamente l'atmosfera della città: basti pensare al Batman che indossa la maschera da pipistrello in risposta al clima delinquenziale di quella che è conosciuta come Gotham City, città che dunque è deputata per eccellenza alla nascita di un'icona sì supereroistica ma attenta ai possibili sviluppi noir delle storie, destinate a trovare forma in alcune versioni peculiari del personaggio – e penso, prima ancora che a Tim Burton, alla splendida serie animata che da quel mirabile dittico derivò negli anni Novanta.
Il libro di Pagello, nell'intrattenere il lettore con una analisi comparata dei vari supereroi, insiste innanzitutto sullo studio della città New York, simbolo di una autentica (e tautologica) mitologia della società-spettacolo che esiste in quanto esibizione di se stessa e in quanto feticcio capace di trasfigurarsi in senso iconografico. La “Grande Mela” diventa così, prima ancora che una città, il paradigma autentico della metropoli del XX secolo, al punto da fungere come modello per la Metropolis di Fritz Lang, per alcune opere futuristiche e, attraverso il particolare look visivo dei Luna Park di Coney Island (sorta di ideale creazione avanguardista che rompe il buio della notte con la sua fantasmagoria di colori), per pittori come Joseph Stella o cineasti come J.S. Porter.
Non solo. New York funziona anche in quanto modello perfettamente immobile e fedele a se stesso, ma al contempo capace di produrre orientamenti difformi e di esplorare sapori differenti che forniscono spunti tra loro molto vari. Si passa pertanto dalla metropoli Gotica di Batman, a quella più solare di Super-Man, al modello romantico di Spider-Man che, nella trasposizione di Raimi, accentua questo aspetto eliminando quel clima di reciproca diffidenza fra la città e l'eroe dominante nei fumetti. A seguire troviamo poi la New York più viscerale di Daredevil, che deve esprimere il carattere nichilista e disperato dei noir di Frank Miller (purtroppo trattati con superficialità dalla trasposizione del 2003, nonostante il parere generoso di Pagello), fino alla “Città generica” dei Fantastici Quattro di Tim Story, dove il contesto urbano è relegato a sfondo di scarsa caratterizzazione.
L'aspetto più interessante dell'analisi condotta con scrupolo filologico da Pagello – la ricchezza delle fonti è palese, anche se tradisce un approccio eccessivamente accademico – sta nel suo porsi come lavoro trasversale alle varie epopee, ma anche ai vari linguaggi espressivi, tanto da esplorare l'evoluzione del concetto di supereroe lungo i fumetti, le serie televisive, i cortometraggi e i lunghi cinematografici dalle origini ai giorni nostri (si arriva fino ad Iron Man 2). Ma soprattutto l'autore è bravo a non delimitare con severità il suo ambito di analisi e per questo riesce a ricomprendere nel novero degli epigoni anche titoli normalmente non associati direttamente alla dicotomia pagina disegnata/pellicola cinematografica. E' il caso della Philadelphia di Unbreakable (per inciso il miglior cinefumetto di tutti i tempi, pur non essendo tratto da un comic), o – ancor più – della Città della trilogia di Matrix, saga di cui viene ribadita la centralità e l'importanza fondamentale nell'immaginario urbano e cinefumettistico contemporaneo, con buona pace di chi ha preferito accantonarla troppo in fretta.
Grattacieli e superuomini
Scritto da Federico Pagello
248 pagine, 16 euro
Le Mani editore
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