"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

giovedì 28 ottobre 2010

Ritorno al futuro

Ritorno al futuro

1985. Il giovane Marty McFly vive una disordinata esistenza, fra ambizioni musicali frustrate e una famiglia disfunzionale in cui il padre George è vessato dal capoufficio Biff e la madre vive di rimpianti cercando conforto nell’alcool. Poi c’è il dottor “Doc” Brown, di cui Marty è amico e che lo coinvolge sempre in strampalati esperimenti: ora per esempio ha inventato una macchina del tempo, con la quale Marty si ritrova nel 1955. Qui il ragazzo incontra… suo padre George, ancora uno studente ma già vessato da Biff. E come se non bastasse, Marty impedisce inavvertitamente il primo incontro dei suoi genitori. Gli eventi precipitano: oltre a dover trovare il modo per tornare nel 1985, Marty deve fare in modo che suo padre e sua madre si innamorino o la sua stessa esistenza ne risentirà. Particolare non trascurabile: sua madre, invece di innamorarsi di George, ora ha una cotta per lui…

Il ritorno nelle sale di Ritorno al futuro, in occasione dell’uscita Blu-Ray e del 25mo anniversario della realizzazione, permette al pubblico di ieri e di oggi di tornare a confrontarsi con quello che è ormai diventato un autentico cult generazionale in grado di superare davvero le barriere del tempo. La cosa non stupisce: è infatti chiaro ad ogni visione come il regista Robert Zemeckis e lo sceneggiatore Bob Gale siano stati capaci di realizzare un’opera che guarda al di là del proprio presente, immergendo le vicende dello scapestrato Marty McFly in un più grandioso disegno che ci parla della Storia stessa. Ciò che infatti ancora oggi colpisce non è soltanto la perfezione del meccanismo narrativo e il divertimento trasmesso dalle gag, ma l’acutezza di uno sguardo che, similmente a quanto lo stesso Zemeckis tornerà a fare in Forrest Gump, rilegge la storia contemporanea alla luce degli eventi che hanno determinato la stessa nel passato. E lo fa attraverso la prospettiva fornita da un apparente “perdente” che si rivela però migliore delle persone che lo circondano.

In questo approccio naturalmente è agevole vedere in controluce non soltanto un certo piglio alla Frank Capra, da sempre rimarcato nei lavori che hanno analizzato l’opera del regista, quanto l’egida del produttore Steven Spielberg, che marca Ritorno al futuro nel segno di quel positivismo attraverso il quale la New Hollywood degli anni Settanta-Ottanta pretendeva di riappropriarsi del suo tempo, e di forgiare il suo immaginario, ponendosi nel centro dello stesso.

Ecco dunque che il ritratto dei fifties veicolato dalla storia rifugge totalmente ogni cifra nostalgica, ponendosi in perfetta controtendenza a quegli “Happy Days” celebrati dalle varie operazioni dell’epoca. Non è un caso isolato: basterà pensare anche al di poco precedente Christine carpenteriano per rendersi conto di come fosse in atto un autentico sommovimento dell’immaginario, che invitava a non vivere sulle spalle del passato ma a usare lo stesso per una revisione critica dello ieri e dell’oggi, insieme a un aggiornamento degli stilemi narrativi.

Ritorno al futuro, non a caso, è un film retrò nei suoi presupposti, visto come chiama in causa le dinamiche della fantascienza classica con le invasioni aliene, gli scienziati pazzi e il viaggio nel tempo, sembra una scheggia impazzita di un George Pal che al sense of wonder ha opposto il tono slapstick e uno sguardo più acido e irriverente. Così gli anni Cinquanta spesso dipinti come una sorta di golden age americana diventano invece il terreno di coltura dei drammi del presente, dove giovani inetti e incapaci di osare determinano famiglie disfunzionali, in cui l’unico momento di vicinanza è dato dal pasto davanti al televisore; dove le madri di domani sono giovani donne represse che si abbandonano al primo ragazzo che capita. In tutto sembra mancare una consapevolezza del proprio ruolo e della propria esistenza, fatto che determina una sorta di abbandono al flusso degli eventi. Ad aggiustare tutto non può che essere un ragazzo del presente, di quella generazione che pretende la centralità nel nuovo immaginario.

Zemeckis e Gale però sono bravi a non scadere nella facile condanna a tutto campo del passato. Il fulcro del loro discorso non è la critica generazionale (tema pure presente nel film), quanto il cambio di prospettiva funzionale a un ripensamento del sé sia per i protagonisti di ieri, quanto per quelli di oggi. Ecco dunque che l’esperienza negli anni Cinquanta e il confronto con i genitori serve a Marty per superare anche le proprie paure, il timore di cantare davanti al pubblico e di fare le scelte che ritiene più opportune per la propria vita: un tema che il regista e lo sceneggiatore continueranno a sviluppare anche nei due bellissimi seguiti realizzati back-to-back fra il 1989 e il 1990.

Cosa resta oggi di questa splendida lezione di cinema? Innanzitutto un’idea di spettacolo che, pur basandosi sull’accumulo di toni e situazioni riesce a mantenere sempre in primo piano i personaggi e le loro dinamiche interpersonali. Gli effetti speciali rappresentano infatti un elemento che poco aggiunge alla storia (e questa scelta paga oggi che il comparto tecnico rischierebbe obsoleto). E inoltre la grande lezione morale di una fiducia nel domani che non può prescindere da una comprensione critica del passato. Per certi versi Ritorno al futuro non è invecchiato perché è perfettamente consapevole di dove viene e dove è diretto: è questa, in fondo, la sua forza più grande.

Ritorno al futuro
(Back to the Future)
Regia: Robert Zemeckis
Sceneggiatura: Robert Zemeckis & Bob Gale
Origine: Usa, 1985
Durata: 116’

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