La scelta degli adattatori non è sbagliata nella misura in cui il Punitore in questa storia non è il vero protagonista, ma è sicuramente il deus ex machina degli eventi, il catalizzatore che spinge personaggi distanti – sebbene in alcuni casi legati da evidenti vincoli parentali – a convergere in un’unica direzione. In questo senso l’antieroe appare centrale seppure defilato e la sceneggiatura dell’ottimo Garth Ennis (da otto anni titolare della testata) sfrutta il racconto parallelo permettendo all’intera storia di sfoggiare una varietà di situazioni e una corposità spesso assente in queste vicende, che in più di una occasione danno l’impressione di concludersi in fretta. Il risultato è uno dei migliori archi narrativi della saga, degno di essere considerato fra i capolavori della stessa.
Va da sé che la storia, sebbene autoconclusiva, si pone in un legame di continuità con le vicende narrate in precedenza, restituendo in tal modo l’idea di un racconto coerente con l’insieme della collana “Punisher MAX”, che ha ridefinito le coordinate del mondo in cui opera il Punitore, attraverso un approccio serio e adulto, sovente accostabile al genere noir, e quindi ben distante da quello supereroistico per il quale la Marvel è famosa e nel quale lo stesso personaggio è nato (in origine, infatti, il Punitore era un antagonista dell’Uomo Ragno).
Con questi presupposti il lavoro di Ennis ha comunque attirato attenzione soprattutto in virtù della ferocia di molte situazioni e per il suo sguazzare nel sordido (con abbondanza di turpiloquio, sesso e violenza) in un modo che ad alcuni sarà apparso compiaciuto: ovviamente c’è negli intenti dello sceneggiatore una forte vena dissacrante e iconoclasta tipica del fumetto underground, ma un albo come Vedove nere offre qualcosa in più, e dimostra facilmente lo spessore narrativo dello scrittore: la disperazione che traspare infatti dalle pagine, sebbene mitigata da piccoli siparietti ironici conseguenti una necessaria tipizzazione delle vedove (la matriarca, la nera più aggressiva, la “bambola” sesso-dipendente e via citando), contestualizza la violenza e le situazioni più forti in una narrazione il cui fulcro è proprio l’esplorazione dei meccanismi psicologici attraverso i quali il senso di giustizia tracima nell’odio e dunque nella vendetta spietata.
Posto dunque come punto cardine quello del Punitore, che del giustizialismo costituisce il paradigma, la storia è costruita attraverso un triangolo i cui vertici sono rappresentati dalle vedove, dalla solitaria Jenny (che intende a sua volta attuare una vendetta incrociata contro le donne) e dal detective Paul Budiansky (stanco delle limitazioni imposte dal regolamento e il cui spiccato senso di giustizia rischia di avvicinarlo agli estremismi punitivi del Vigilante). I tre poli rappresentano quindi l’idea di una vendetta freddamente organizzata (le vedove), mossa da un puro istinto con conseguenze autodistruttive (Jenny) e le cui pulsioni sono tenute faticosamente sotto controllo da una componente razionale (Budiansky). Tre prospettive che scompongono e analizzano la complessità di un agire violento e pertanto si riflettono e ritrovano nella sostanza della missione che muove lo stesso Punitore.
Inevitabilmente la collisione dei primi due gruppi finisce per lasciar emergere con maggior impatto devastante il tragico destino della figura femminile all’interno di una saga che l’ha sempre relegata ai margini come silenziosa e acquiescente spettatrice delle malefatte altrui (tali sono in fondo le mogli dei criminali), oppure come vittima sacrificale (la moglie del Punitore e le sue compagne occasionali, destinate sempre alla morte finale, secondo uno schema che torna direttamente all’esempio fornito dal Charles Bronson de Il giustiziere della notte). In questo schema Budiansky svolge il compito di valvola di sfogo, destinata a elaborare criticamente le pulsioni omicide delle attrici del conflitto e si configura quindi come figura di commento (a mo’ di coro greco) degli eventi.
Pertanto Vedove nere ammanta il racconto di una disperazione che incide una ferita profonda nello schema di odio e di violenza da sempre caratteristico della serie, elevando la cronaca di una vedetta al resoconto di una guerra nella quale nessun personaggio può dirsi immune, stretto com’è in logiche assassine destinate inevitabilmente a fagocitarlo. Non esiste un perché, ma soltanto un prima o un dopo il passaggio del confine, quando la spirale della vendetta allargherà il suo giro coinvolgendo sempre più persone. In questo senso la storia, pur con i limiti imposti da una continuità che non si può interrompere, mette in crisi la figura e la missione del Punitore e mostra ancora una volta come la crociata rechi con sé un peso enorme e disumano, del quale l’antieroe è pure disposto a farsi carico (avendo in fondo lui voluto questo, e si vada subito a rileggere il seminale Punisher: Born che esplora le motivazioni più profonde che muovono il Vigilante), come si nota anche nella breve sequenza in cui punisce due genitori pedofili e capisce che forse un giorno i figli verranno a cercare vendetta nei suoi confronti. Non siamo, insomma, più nei terroritori dell’action-adventure, ma della tragedia tout-court.
Tutto questo è reso magistralmente anche attraverso i disegni di Lan Medina che, in perfetta continuità con lo stile da sempre prediletto dalla saga, usa un approccio realistico, con corpi proporzionati, sofferenti anche nella loro eleganza, dove è possibile riconoscere nei volti fisionomie più note (Budiansky pare ricalcato su Samuel L. Jackson), e le situazioni non sfociano nell’iperbole, mentre i colori desautorati e dalla spiccata dominante grigio-marrone danno l’idea di un universo noir completamente rinchiuso sulle sue ossessioni. La missione di Ennis, quindi, è quella di esplorare gli interstizi di questo cupo mondo, per mostrarne quelle piccole lacerazioni di umanità in grado di fornire un lirico controcanto che colpisca emotivamente lo spettatore.
Punisher MAX 10: Vedove nere
(The Punisher MAX vol. 8: Widowmaker)
Scritto da: Garth Ennis
Disegni: Lan Medina
Pubblicato da Marvel Italia/Panini Comics
168 pagine
2007
L’archetipo dell’eroe: il Punitore (dal sito Panini)
Il Punitore su Wikipedia
Garth Ennis su Wikipedia
Intervista Garth Ennis (in inglese)
2 commenti:
non mancherò di leggerlo!
l'unico appunto é che il fumetto(i fumetti) costa(no) un botto....
Ciao Rodan, bella recensione, quasi quasi mi fa venire voglia di leggerlo! E' che il Punitore non l'ho mai potuto capire, nella sua insensata sete di violenza; e anche se fosse sensata mi sembra comunque superare il mio limite di sopportazione!
Per altre cose Garth Ennis lo apprezzo abbastanza...
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