C’è da credere che un tipo come Michel Gondry sia stato sbalzato da qualche fantastica piega del tempo, per illuminare quest’epoca grigia e pregna di sterile materialismo: unico fra tanti, questo omino francese merita infatti l’appellativo di artista e poeta, una figura analogica in tempo digitale, affascinato dalla materialità degli elementi, da una nostalgia che viene coniugata in senso sempre attivo rispetto alla tradizione e alla storia del cinema, dando vita a opere tanto personali quanto originalissime. Be Kind Rewind è in questo senso un ulteriore tassello di un percorso che, dopo la rivelazione dell’affascinante Se mi lasci ti cancello (sua seconda regia), aveva poi trovato piena maturità nel tenero L’arte del sogno, sorta di manifesto programmatico di un universo immaginifico che non intende scendere a compromessi con le difficoltà del reale.
Con questa nuova opera siamo su territori molto simili: c’è un mondo “di fuori”, ostile e che nella continua rincorsa al nuovo sembra dimenticare gli elementi che rendono la vita degna di essere vissuta; e poi c’è un mondo “di dentro”, che è quello del cinema, di un senso di appartenenza a un gruppo che nell’opera filmata trova il suo collante e il suo strumento di definizione. Tale e tanta è la fiducia che Gondry ripone nel potere aggregante delle immagini, da risvegliare nello spettatore sopito il senso della magia per l’esperienza della visione. E lo fa attraverso una dialettica feconda con la tradizione cinematografica, di cui viene recuperata la cifra meravigliosa, ma allo stesso tempo negando ogni narcisismo.
E’ interessante notare, infatti, come lo stile di Gondry, pur nella sua forte personalità, non miri a incantare lo spettatore attraverso una originalità ruffiana e di maniera, ma rappresenti invece una propaggine naturale del modo che questo regista ha di vedere il mondo: per questo egli si inchina semplicemente di fronte al cinema come potere in grado di coinvolgere i terzi e (sublime utopia) cambiare il mondo con la sua forza propositiva. Ecco dunque che il “rifare” i celebri titoli della storia del cinema diventa allo stesso tempo un omaggiare la storia della settima arte (secondo la logica del “re-enactmen”, sempre esistita, ma di recente sdoganata attraverso YouTube), ma anche un porsi al di fuori delle logiche meramente commerciali per glorificare invece la componente puramente artigianale e inventiva della narrazione per immagini.
L’estremo divertimento che lo spettatore prova nel riconoscere le scene di film celebri, reinventate con estro folle e con quella forza da pioniere, che porta semplici rottami, o disegni, o un ventilatore posto davanti all’obiettivo a creare l’effetto della pellicola rovinata, è il miglior complimento possibile che questo geniale creatore poteva fare all’artificio stesso della creazione di immagini e alla passione che la stessa veicola. Un cinema, appunto, materico, fatto di idee e mezzi che si uniscono in un abbraccio d’amore per regalare al pubblico un’emozione. Nulla di anti-storico, comunque, perché Gondry non rifugge dall’utilizzo di tecniche ed effetti moderni, ma non li esibisce e li pone al servizio di un concetto di cinema basato sull’invenzione e sul piacere del “fare”, coniugando in questo modo classico e moderno.
Si torna dunque indietro, fino agli albori della settima arte, quando la distanza fra il film e il trucco da illusionista era molto ridotta e in questo senso Gondry si pone come ideale erede di quel George Meliès che per primo aveva portato sullo schermo il gusto dell’invenzione, semplice ma d’effetto, e contestualmente anche il piacere di divertire e stupire lo spettatore.
Be Kind Rewind, infatti, intende in un certo qual modo scrivere una nuova e impossibile storia del cinema come momento di arte e invenzione, slegato da tutti quegli orpelli economici e cinici che fanno capo alla logica dell’industria. La dicotomia si articola anche attraverso il recupero nostalgico della piccola videoteca da angolo, un negozio che potremmo inserire in un ipotetico percorso che comprende anche lo store di Clerks e il negozio di dischi di Alta fedeltà (dal quale viene ripreso anche l’incontenibile Jack Black): realtà a misura d’uomo, dove l’atto del noleggiare un film rientra in una precisa ritualità mai disgiunta dal rapporto con chi quei luoghi li gestisce e in un certo qual modo li custodisce. Tutti elementi che invece si contrappongono alla freddezza delle moderne catene di noleggio, alquanto asettiche e che “non richiedono competenza specifica” alla gente che ci lavora.
E quindi proprio l’analogica videocassetta diventa il viatico per riscoprire il piacere della visione, e, successivamente, per riportare il cinema nella vita: come accade appunto nel finale, dove viene messa in scena la storia raccontata per anni da Mr. Fletcher. Il cinema dunque anche come naturale prolungamento della narrazione orale, del racconto tramandato dagli anziani ai giovani, forme di espressione antiche ma non desuete, che la ricontestualizzazione di Gondry permette di rivalutare come ulteriori piccoli passi nella storia dell’evoluzione umana, dell’arte e del sentimento. E che per questo rende vera la fantasia e rende possibile anche cambiare il passato. Un film da amare senza riserve.
(Be Kind Rewind)
Regia e sceneggiatura: Michel Gondry
Origine: Usa, 2008
Durata: 100’
Intervista a Michel Gondry
Sito ufficiale
Sito ufficiale italiano
Il canale di BeKindMovie su YouTube
Sito ufficiale di Michel Gondry (in francese)
Profilo di Michel Gondry
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