Warm Bodies
R. è uno zombie.
Passa le sue giornate in un mondo precipitato nell'Apocalisse, dove
gli umani vivono asserragliati dietro mura fortificate e si
avventurano all'esterno solo per procacciarsi il cibo. Proprio
durante una di queste spedizioni, R. si imbatte in Julie, che sembra
risvegliare qualcosa in lui. La ragazza viene così condotta nella
zona infestata e lentamente fra lei e R. si instaura un rapporto di
solidarietà, che sembra far intravedere una possibile “guarigione”
dei morti viventi e un loro ritorno alla vita. Ma ci sono due
problemi di cui tener conto: uno è la diffidenza degli umani, che
non accetteranno mai un compromesso con quelli che ritengono soltanto
dei mostri. E l'altro riguarda gli “ossuti”, l'ultimo stadio
dell'infezione zombie, che ha portato alcuni morti a diventare degli
esseri spietati e pronti a tutto pur di impedire il ripristino dello
status quo.
Non è uno zombie, ma di
sicuro Jonathan Levine è un regista (e sceneggiatore) fuori dagli
schemi, che realizza pellicole intriganti e porta avanti una visione
che sempre più assume la forma di un percorso autoriale compiuto. Il
suo esordio con All the Boys Love Mandy Lane (del 2006) è
purtroppo rimasto inedito in Italia (complice anche il fallimento di
chi lo aveva acquistato per il nostro mercato), ma un paio d'anni fa
l'ottimo 50 e 50 è piombato come un fulmine a ciel sereno a
sparigliare le carte della commedia “indie” americana (ne avevo scritto da Torino): la pellicola, infatti raccontava le
vicissitudini di un ragazzo ammalato di cancro unendo l'ironia tipica del
genere a uno sguardo disincantato e anche molto duro sulla realtà e
sui complessi rapporti sentimentali che regolano la stessa.
Warm Bodies è l'ulteriore tassello dello schema, che rinnova
l'idea di un dialogo con la morte come chiave di volta per capire le
dinamiche che regolano la vita.
Pertanto, possiamo subito
archiviare le facili polemiche dei puristi che hanno accolto con
diffidenza (se non proprio astio) l'idea della love story fra l'umana
e lo zombie, temendo il ripetersi del fenomeno Twilight –
peraltro cavalcato dalla produzione con la scelta della bella Teresa
Palmer, molto somigliante a Kristen Stewart, e con il fatto stesso
che alle spalle c'è un romanzo di un certo successo. Ma, per il
resto, siamo su terreni diversi, grazie proprio a Levine, che
trasforma la scontata love story adolescenzial-soprannaturale in una
divertita e sagace esplorazione dei temi a lui più cari.
Lo zombie (che racconta
la sua vicenda in soggettiva, sfruttando l'espediente della voce
fuori campo) diventa così uno stadio intermedio fra due differenti
situazioni dell'essere, ponendosi come improbabile ago della bilancia fra gli “ossuti” e gli umani. I
primi rappresentano la totale negazione di ogni possibile rapporto fra simili, mossi come sono dal puro istinto violento; i secondi invece incarnano la componente problematica
di un mondo che si finge ben integrato, ma che in realtà è
fortemente diviso. Prova ne sia il fatto che, accanto alla
dinamica umana/zombie, l'altra direttrice del racconto è data dal
rapporto conflittuale tra la stessa Julie e suo padre, leader della
comunità umana barricata dietro le mura.
L'aspetto più
interessante, però, non sta tanto nel facile discorso
sentimental-sociologico, quanto nella messinscena che corteggia
un'idea di “rivitalizzazione” di un immaginario datato: il
percorso di riappropriazione del sé che R. compie (transitando dallo
stadio di zombie a quello di essere umano) si accompagna infatti alla
continua riscoperta di stilemi, codici e oggetti del passato, dai
dischi in vinile alle cianfrusaglie “vintage” che il non morto
conserva nel suo nascondiglio, alle foto Polaroid, a pellicole come
Zombi 2 (citato esplicitamente), fino alla bellissima colonna
sonora che comprende brani d'epoca di Bruce Springsteen, John Waite, Guns N'
Roses, Roy Orbison e molti altri. A tenere insieme il tutto è poi
una dinamica di umanità divisa e barricata che rimanda ai
capostipiti romeriani (in particolare a La terra dei morti viventi, di cui il film può essere
considerato quasi una variazione più “rosa”).
Così, seguendo una
tradizione che rimanda un po' a certo cinema americano classico, è
come se il film sbattesse in faccia allo spettatore il valore della
semplicità e del dover re-iniziare dalle piccole cose che
già fanno parte del nostro bagaglio di umanità e che sono ormai dimenticate da una
società distratta e lontana dal desiderio di stabilire un legame con gli altri: e qui si torna alla stessa morale di 50 e 50. Non a
caso, nell'unica scena in cui si vede il mondo “di prima”, tutti
gli umani sono ritratti come tristi e isolati, quasi nascosti dietro schermi e telefoni, nell'unica forma di interazione che ormai ritengono possibile. E' una scena ironica,
ma ha una sua funzionalità e efficacia tematica non da poco.
Su tutto domina anche uno
stilema un po' fiabesco, con la bella che redime la bestia, il
meccanismo alla Romeo e Giulietta (c'è anche una “scena del
balcone”), mentre gli “ossuti”
sembrano usciti da una pellicola di Ray Harryhausen – fatto salvo
l'uso “invasivo” della CGI, che comunque crea un efficace
contrappunto con la carnalità degli umani e dei non morti. Una
commedia horror composita, insomma, condotta con brio e anche una
buona dose d'azione, a rendere più completo il tutto e più definite
le capacità registiche di Jonathan Levine. Da vedere senza
pregiudizi.
Warm Bodies
(id.)
Regia e sceneggiatura:
Jonathan Levine (dal romanzo di Isaac Marion)
Origine: Usa, 2013
Durata: 95'
7 commenti:
Nonostante il trailer intrigante non nascondo di avere provato (appunto, come dici) dei pregiudizi....certo che mettere "dai produttori di Twilight" non invogliava...Lo recupe(re)ro volentieri!
Lo slogan "dai produttori di Twilight" è fuorviante, dato che le maggiori fonti di ispirazione del film a mio giudizio sono il film "noir" (la voce fuoricampo all'inizio della narrazione) e soprattutto WALL-E della Pixar (il camper-rifugio, il passato e l'umanità rivelata dagli oggetti).
Incredibile che non mi sia venuto in mente "Wall-e", eppure ci sta tutto! Starò diventando uno zombie?
"Pertanto, possiamo subito archiviare le facili polemiche dei puristi che hanno accolto con diffidenza (se non proprio astio) l'idea della love story fra l'umana e lo zombie"
EH EH io sono uno di questi XD, ok ci posso anche credere che non è come twilight, ma per principio NO, io il film con uno zombi (?) emo col frangettino, la pelle pallida e vellutata che si innamora NO, magari sbaglio ma NO, inoltre vanno pure a scomodare Fulci per invogliare i fan di vecchia data... in più se oltre ad essere dei produttori di toilet mi dite che è simili alla pixar beh a sto punto che nel film faccian fare una comparsata pure a Francesco Mandelli tanto ormai....
Mi spiace dover essere così drastico, ma operazioni di questo tipo proprio NON LE TOLLERO
Fabio sei veeeeeeeeecchioooo e brontoloneeee :D
ahahahahahah si si che sono vecchio è un dato di fatto, sono a un passo dalla casa di riposo XDXD
Brontolone di solito no, però in certi casi non mi controllo ed esplodo :-D
Great blog I enjoyed reading
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