Night of Fear
Dopo aver incontrato
il suo amante, una donna sale in auto per tornare a casa, ma durante
il viaggio finisce fuori strada e si ritrova bloccata nel bosco: è
l'inizio di un incubo. Un minaccioso figuro con il volto sfregiato la
aggredisce e la bracca, mentre la malcapitata cerca una via di fuga e
si ritrova costretta a barricarsi nella casa del suo aguzzino. A sue
spese scoprirà il macabro hobby dell'uomo: allevare topi, educandoli
a nutrirsi di carne umana!
Terry Bourke, “producer,
director, writer, egotistical bastard” nelle parole dell'attore
Roger Ward, è una di quelle figure dimenticate, ancor più dopo la
sua scomparsa, avvenuta nel 2002. Eppure a lui si può attribuire la
nascita del cinema horror australiano vero e proprio. In realtà la
genesi di Night of Fear è
più anomala di quanto non si creda: in origine, infatti, il
film doveva essere il pilot di una serie televisiva, fatto che
ancora oggi ne giustifica la durata di soli 50 minuti. Bourke lo
scrisse e diresse, oltre a produrlo insieme al suo socio Rod Hay: i
due strinsero un accordo con l'emittente ABC, forti del fatto che gli
executive del network volevano allargare il loro campo d'influenza e
che l'horror era allora un genere quasi del tutto inesplorato per la
realtà australiana. Siamo infatti, sempre nel periodo del “giro di
boa”, all'inizio di quegli anni Settanta dove l'industria era tutta
da inventare e il fascino del proibito diventava una carta da
giocare, sia dal versante artistico che da quello finanziario.
Con un budget ridotto a
disposizione, Bourke utilizzò volti e maestranze della tv, prima fra
tutti la protagonista Carla Hoogeveen, che il regista aveva
incontrato negli uffici della ABC. La ristrettezza dei mezzi è
qualcosa che ancora oggi si può notare, insieme a certe asperità
della fotografia che tradiscono l'origine televisiva: Bourke però
pensava in grande e, soprattutto, aveva l'ambizione di realizzare un
cinema horror senza complessi d'inferiorità rispetto a quello delle
altre realtà internazionali. Per questo il film venne girato in
pellicola 35mm (poco usuale per gli standard televisivi dell'epoca)
e, come spesso accade, il lavoro ha finito suo malgrado per
anticipare alcune tendenze del cinema a venire. Se oggi, infatti,
siamo abituati a lavorare sulla traccia del confronto continuo fra la
parte “occidentalizzata” dell'Australia e gli spazi aperti
dell'Outback, Night of Fear al contrario ci precipita in una
realtà fatta quasi totalmente di interni, in una casa immersa tra i
boschi che sembra presa direttamente dai futuri prototipi dell'horror
anni Settanta americano (pensiamo al seminale Non aprite quella
porta o al coevo L'ultima casa a sinistra). Quel rapporto
di reciproca influenza tra l'horror americano e quello australiano,
cui si faceva accenno a proposito di Wolf Creek, ha insomma radici lontane.
Il che ci conduce a un
punto nodale del film: il suo equilibrio fra la specificità di una
ricetta autoctona e una universalità che rende i luoghi del racconto
assolutamente privi di riferimenti certi. Il bosco in cui si muove il
maniaco è un altrodove non localizzato, che si apre pertanto
a qualità oniriche. In effetti - ed è l'aspetto più intrigante del
film - colpisce la qualità fiabesca di un racconto che pure si pone
come estremamente fisico e realistico. Burke ottiene questo doppio
registro attraverso il confronto fra una fotografia scarna
(televisiva, appunto) e un elaborato lavoro di montaggio, che isola
singoli elementi, innesta inquadrature disturbanti a velocità quasi
subliminale, a tratti rompendo anche la linearità della narrazione.
La coesistenza di realtà e incubo è poi suggellata da una sequenza
onirica vera e propria in cui la protagonista è vittima del suo
carnefice, completamente nudo e coperto solo da un ripugnante teschio
insanguinato. Il crescendo emotivo culmina infine nella celeberrima
scena in cui la donna è assalita dai topi allevati dall'uomo, mentre
questi si gode la scena masturbandosi. La scena, ispirata dal vicino
successo di Willard e i topi, doveva essere girata con un
vetro in grado di assicurare l'incolumità di Carla Hoogeveen:
all'ultimo momento, però, Bourke chiese all'attrice di recitarla
senza alcuna protezione, in nome di un maggiore realismo! L'effetto,
va da sé, risulta perciò assolutamente efficace anche oggi.
Altrettanto intrigante è
la scelta di escludere del tutto i dialoghi: il film è praticamente
muto e si affida alla forza delle immagini, delle situazioni e dei
suoni, esaltando la qualità particolarmente onirica del racconto,
pur nella messinscena di perversioni particolarmente umane
(tassidermia, zoofilia e, naturalmente, sadismo). Questo fatto
avrebbe potuto assicurare a Night of Fear una circolazione
anche dalle nostre parti, ma come sempre il mercato italiano è
rimasto sordo e il film è tuttora inedito (questo resoconto, ancora
una volta, è basato sull'edizione DVD import della Umbrella
Entertainment).
A fronte di questo mix di
atmosfere angoscianti e impatto ripugnante delle immagini, la censura
dell'epoca non fu tenera con Bourke: nell'Ottobre del 1972 si arrivò
infatti a un primo montaggio che fu però respinto per “indecenza”.
Il film dovette così attendere il marzo 1973 prima di trovare il via
libera, grazie a un appello favorevole, e alla fine l'ostracismo
censorio fu usato a scopi pubblicitari rendendo l'operazione un
successo (lo slogan di lancio fu “Il film che non volevano farvi
vedere”).
La pellicola, comunque,
uscì direttamente in sala e dell'annunciata serie tv non se ne fece
nulla: la formula però resta quella originale e così, dopo il
prologo, abbiamo ancora oggi la sigla del format, previsto in 12
puntate e intitolato Fright. Per ironia del destino, nello
stesso periodo l'Inghilterra produsse un altro film con lo stesso
titolo (Fright, appunto, diventato da noi L'allucinante
notte di una baby sitter e diretto da Peter Collinson), fatto che
costrinse la distribuzione a doversi anche barcamenare fra gli
imprevisti causati dall'omonimia.
Night of Fear
Regia e sceneggiatura:
Terry Bourke
Origine: Australia,
1972
Durata: 50'
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