Battleship
Alex Hopper è un
tipico ragazzo che spreca il suo potenziale dietro frequenti bravate:
ad esempio a un certo punto si fa arrestare per furto dopo essere
entrato in un minimarket... e il suo scopo era solo portare del cibo
a una ragazza per fare colpo su di lei! La prescelta, Samantha, è
peraltro la figlia del severo Ammiraglio Shane, cui Alex si ritrova
subordinato quando il fratello, stufo delle sue bravate, lo costringe
ad arruolarsi in Marina. I nodi vengono al pettine durante
un'esercitazione alle isole Hawaii che coinvolge numerose nazioni con
le loro navi militari. In quel giorno, infatti, Alex deve chiedere la
mano di Samantha al padre; ma quel giorno è anche quello prescelto
da una razza aliena per una missione perlustrativa sul nostro mondo
in seguito al richiamo emesso dalla NASA sette anni prima. Gli alieni
non sono benevoli: armati di una tecnologia impressionante, tengono
in scacco le navi mentre cercano di stabilire una trasmissione che
richiami dal pianeta madre nuove truppe. Alex si ritrova al comando
di una nave e deve affrontare gli alieni e impedire che riescano a
ultimare il trasmettitore.
Come già in Hancock,
Peter Berg dimostra di prediligere un cinema basato su concept che
più pop non si potrebbe: nel caso specifico, infatti, Battleship
è basato sul tradizionale gioco della Battaglia Navale, e, in
particolare, sulla versione da tavolo della Hasbro con luci e suoni
nota come “Affonda la flotta”. Ci sarebbe di che ammirare la
follia insita in un simile progetto e forse anche per rasserenare gli
scettici la produzione ha cercato un evidente richiamo ai
Transformers di Michael Bay (basati sul più popolare fra i
franchise della Hasbro), sia per il look “meccanico” degli
alieni invasori, sia per l'evidente filiazione stilistica dal
modello, con tanto di fotografia saturata, ampi movimenti della
macchina da presa e una colonna sonora ancora una volta affidata
all'epico Steve Jablonsky.
Come entra in gioco lo
sguardo di Berg in una struttura così apparentemente “chiusa” e
codificata? Semplicemente assecondando le ragioni più profonde del
“colpito e affondato”, ovvero il contatto a distanza fra realtà
differenti. Infatti, così come Hancock raccontava il
problematico approccio a un mondo diviso fra supereroi capaci di
compiere imprese “bigger than life” e quello degli umani con cui
pure il protagonista cercava di armonizzarsi, così Battleship
racconta ancora una volta un “incontro ravvicinato” fra una razza
avanzata tecnologicamente e un pianeta bramato come nuova terra in
cui insidiarsi (dopo la distruzione del mondo natale portata dalla
guerra - e anche qui si torna a Transformers).
In effetti, superata la
lunga introduzione, Battleship diventa il racconto di due
realtà in collisione, dove però lentamente si passa dall'evidente
superiorità degli invasori a numerosi punti di eguaglianza fra le
razze: anche gli alieni, infatti, sotto la corazza hanno un aspetto
vagamente umanoide, sono fatti di carne, respirano e sognano perciò
il nostro mondo come un Eden perduto: sono, insomma, a tutti gli
effetti delle creature animate da un principio guida che quasi fa
guadagnare loro il rispetto dello spettatore, un po' come Hancock
imparava ad essere amato dagli umani. Al contrario, la nostra razza
fa sfoggio delle sue potenzialità belliche, con parate militari che
esaltano l'innovazione tecnologica in grado di innalzarci dal nostro
livello abituale, elevandoci letteralmente a potenza. Lo schema
narrativo diventa dunque chiaro e si basa su precisi rispecchiamenti:
gli alieni bramano il mondo degli umani, che pure sognano una la
tecnologia bellica di alto livello come quella degli invasori.
Per questo, ben presto il
gioco non si orienta tanto sull'annichilire velocemente
l'avversario, ma sul comprenderne le strategie. Qui il film cala il
suo asso realizzando un capolavoro di ingegno narrativo: il momento
di snodo, infatti, quello in cui si realizza la parità delle forze
tra i fronti in campo prima dell'inizio del rivolgimento finale che
condurrà alla vittoria degli umani, è proprio quello che realizza
fattivamente lo schema classico della battaglia navale tradizionale.
Umani e alieni non “si vedono”, ma devono cercare di comprendere
tatticamente lo schema dei reciproci movimenti, provando la tipica
strategia del “colpito” e “affondato”. Genio assoluto: come
riassumere in un solo momento le finalità commerciali della
pellicola e le motivazioni tematiche del racconto. Dopo aver visto
una simile trovata, chi potrebbe mai ritenere “impossibile”
trarre una storia da qualsiasi cosa?
Come poc'anzi
evidenziato, la seconda parte porta al rivolgimento della situazione:
è interessante notare come la vittoria avvenga sostanzialmente
perché uno dei due fronti riesce a valorizzare i propri punti di
forza, ristabilendo una distanza con l'avversario. Gli umani,
infatti, abbandonano i panni ipertecnologici per puntare su un
ritorno alle origini delle loro capacità belliche, a una guerra più
“sporca” e meno “chirurgica”, fatta di vecchi bombardieri e
veterani che tornano in campo. Il film diventa così quasi un viaggio
a ritroso verso l'essenza dello scontro (si tira in ballo – anche
se un po' a sproposito – pure L'arte della guerra di Sun
Tzu), e cerca il punto di equilibrio fra l'essenzialità del concept
su cui si basa il gioco ispiratore (la Battaglia Navale appunto) e la
tensione cara a Berg del confronto fra realtà diverse. Stavolta gli
eroi non hanno bisogno di sacrificarsi come Hancock e il dramma viene
fortunatamente evitato: tutto sta comunque nel comprendere i propri
sentimenti e le proprie motivazioni attraverso un rispecchiamento con
un fronte speculare.
Non a caso l'intera
vicenda è accompagnata dal percorso di formazione di un giovane
avventato che deve imparare a cooperare con i compagni e a mettere da
parte le proprie intemperanze: è come se Berg ci dicesse che,
d'accordo, è un film-giocattolo, ma forse può anche essere qualcosa
di più se si impara a guardare oltre. Chi, comunque, non volesse
andare al di là dello spettacolo, può godersi le scene di mero
impatto visuale, che di certo il film dispensa con grandissima
generosità.
Battleship
(id.)
Regia: Peter Berg
Sceneggiatura: Jon e
Erich Hoeber
Origine: Usa, 2012
Durata: 131'
1 commento:
cialtronata patriottica piuttosto scemotta, ma tuttosommato divertente, belli gli effetti visivi, un po meno il make up degli alieni con tanto di pizzetto, attori scarsi (escluso Neesom), ma per un film del genere non è che servissero chissà che attori Shakesperiani.
Come film, a mio avviso, è più o meno sugli stessi livelli di pellicole come World Invasion e Skyline, quindi filmetti divertenti da vedere a cervello spento, ma che poi si dimenticano facilmente.
Comunque, alla fin fine, una sufficenza, questo giocattolone, la strappa :-)
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