Una squadra di SWAT penetra nel palazzo isolato dopo l’esplosione del contagio, per accompagnare un funzionario del ministero della salute. L’uomo però non è quel che sembra: è un prete consapevole degli esperimenti che si compivano fra quelle mura e che ora vuole ritrovare il sangue della piccola Medeiros, che custodisce il segreto del Male. La provetta viene ritrovata e accidentalmente distrutta, e quindi occorre recuperare il sangue dalla fonte originale. Tutto questo mentre gli infetti continuano a fare capolino e la situazione è complicata anche dall’intrusione di alcuni estranei, giunti attraverso le fogne.
Realizzare un sequel dell’horror più terrorizzante del decennio era impresa da far realmente tremare i polsi, ma Balaguerò e Plaza hanno dimostrato una consapevolezza encomiabile, elaborando ottimamente molti spunti già presenti in nuce nell’idea di partenza, in modo da far risultare il nuovo film complesso e originale pur nella sua filiazione dal modello. Qui chiaramente si situa l’elemento destinato a spaccare in profondità il fandom, ovvero l’approccio più ragionato, esplicitamente anche più teorico, che sebbene tenti di non sacrificare la brutalità della componente più squisitamente orrorifica, fa perdere al film quella compattezza e quella struttura concentrazionaria che rendeva invece il predecessore un autentico tour-de-force emotivo per lo spettatore.
Qui, al contrario, la proliferazione dei punti di vista e il continuo spezzettamento della linearità narrativa, con pause e bruschi spostamenti lungo l’asse temporale (per riprendere gli stessi passaggi da una differente prospettiva), a volte producono anche degli evidenti cali di ritmo, ma Balaguerò e Plaza dimostrano grande capacità di usare le possibili debolezze strutturali a proprio vantaggio, creando un’opera straordinariamente porosa e in grado di muoversi su registri differenti, senza sfaldarsi. Il risultato è un sequel che possiamo racchiudere in tre momenti principali, raccontati da differenti protagonisti e da vari punti di vista: le telecamere degli SWAT, la videocamera portatile dei ragazzi intrufolatisi nella costruzione passando per le fogne (il momento emotivamente più debole del film) e infine mediante la telecamera del cameraman (ormai defunto) che aveva già filmato gli eventi del primo capitolo, a chiudere il cerchio, ma solo per inaugurarne un altro.
Il film in questo modo si apre letteralmente a influenze più ampie rispetto all’originale: l’idea romeriana del contagio viene infatti ripresa e innestata su un sostrato religioso stavolta più evidente, che guarda a L’esorcista, ma che riesce soprattutto a essere al contempo citazione ed elemento qualificante delle poetiche intrecciate dei due autori. I chiaroscuri di una religiosità invasiva, concepita come fattore oscuro (e caro a Plaza), che si manifesta in particolare come elemento corruttore dell’infanzia (pane per i denti di Balaguerò), si iscrivono nel cuore di una società in bilico fra passato e presente, e diventano perciò il fulcro di una narrazione basata proprio sulla coesistenza di tempi e spazi tra loro disarmonici: il modernissimo equipaggiamento degli SWAT si rivela pertanto surclassato dai recuperati monili religiosi (abito talare, crocefissi, benedizioni), usati come autentiche armi contro un nemico che è uno eppure molteplice, mentre lo spazio si moltiplica rivelando nuovi percorsi e un’unica casa-ventre diventa un labirinto da percorrere con il fiato sospeso.
Il tutto viene ancora una volta contestualizzato nell’estetica verité, che fa compiere al cinema “Real” un ulteriore step lungo il percorso teorico di esplorazione della possibile rappresentazione della realtà. Un passo in avanti che però va anch’esso “indietro”, grazie a un’estetica da videogame sparatutto (che surclassa in un sol colpo i Resident Evil del caso) capace di diventare un lungo viaggio verso la radice stessa della rappresentazione cinematografica: la riscoperta del buio come elemento mitopoietico primario della visione. Di qui lo strepitoso showdown finale, dove la macchina da presa letteralmente “crea” gli spazi dell’azione svelando le trappole di una realtà che alla luce si palesa come falsa e soltanto nel buio trova la sua vera essenza.
Perché [REC]2 è un autentico film di inganni, che gioca con un armamentario tecnologico destinato a tratti a cedere il passo a una rappresentazione più squisitamente classica, ricorrendo a espedienti puramente cinematografici (il breve flashback finale che spiega “cosa è successo realmente”), rivelando come la rappresentazione oggettiva di una realtà che si compie sotto lo sguardo dello spettatore sia in realtà un caleidoscopio di verità nascoste che si svelano progressivamente, cortocircuitando le certezze. I ruoli definitivi vengono dunque a capovolgersi, il prete-eroe si rivela non meno ossessivo e spietato del Maligno, e i contaminati si scoprono simulacri vuoti di un’unica entità demiurgica, la cui essenza si trasferisce perennemente altrove. L’unicità dell’originale si trasforma così in un ricettacolo continuo di mondi e sensazioni diverse, sullo sfondo dell’eterna e rinnovata lotta fra il Bene e il Male.
Un film, in definitiva, che nel suo evolvere il modello torna alla sua essenza, rivelandosi capace di unire passato e presente del genere e risultando, perciò, ancora una volta imperdibile.
[REC]2
(id.)
Regia: Jaume Balaguerò e Paco Plaza
Sceneggiatura: Jaume Balaguerò, Manu Diez, Paco Plaza
Origine: Spagna, 2009
Durata: 85’
Sito ufficiale italiano
Sito ufficiale spagnolo
Intervista ai registi
Intervista a Jaume Balaguerò
Splendido teaser trailer del film
Collegato: [REC]
3 commenti:
Concordo assolutamente con il tuo visioning critico. Notevole poi la tua sottolineatura della "macchina da presa chr crea gli spazi". E' proprio così, e quelle sequenze finali, con l'"apparizione" della vasca con l'acqua che nella "realtà" non c'è, sono a mio avviso una grande intuizione cinematografica, molto profonda, molto elaborata. Grande film. Non vedo l'ora che esca [Rec 3], che immagino sarà anche molto diverso dai primi due. Ma chi può dirlo, con questi due spagnoli imprevedibili dietro la cinepresa (semprechè saranno loro due a dirigerlo, perchè mi pare di aver letto in una intervista ai due, che potrebbero "solo" scriverlo, produrlo e supervisionarlo, ma non dirigerlo in senso stretto) :)
Non ho molte aspettative su questo sequel, però il primo mi è piaciuto molto. Vedremo...
Ale55andra
Questa volta non siamo d'accordo. Non solo l'ho trovato abbastanza noioso, ma in molti punti quasi involontariamente ridicolo per quanto riguarda gli atteggiamenti dei "rabbiosi" oltre che i vari esorcismi del prete in giro per il palazzo. La parte coi ragazzini poi...secondo me davvero insostenibile.
Il primo mi era piaciuto moltissimo, questo nel suo virare verso le motivazioni demoniache mi ha decisamente deluso...
Ale55andra
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