"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

lunedì 13 luglio 2009

La ragazza del mio migliore amico

La ragazza del mio migliore amico

Tank fa uno strano lavoro: se il rapporto con la vostra ragazza è in crisi lui ci esce una sera e le rende la vita impossibile al punto da spingerla a tornare fra le vostre braccia. Un giorno, ad aver bisogno dei suoi servigi, è il coinquilino Dustin, prototipo del ragazzo introverso e un po’ sfigato, innamoratissimo della sua collega d’ufficio Alexis che però lo considera solo un buon amico. Alexis peraltro attraversa pure una fase problematica, perché si è resa conto che la sua vita sentimentale è a uno stallo. Di più: si è resa conto che la sua vita sessuale è un disastro e che le occorre “fare esperienza”. Tank è dunque l’uomo giusto al posto giusto e il suo proposito di spingerla fra le braccia di Dustin viene vanificato dalla passione che scoppia fra i due e che avrà le sue conseguenze…

La commedia romantica americana è uno di quei generi che, pur nell’assoluta rigidità delle sue regole, riesce sempre a tastare bene il polso della società e del periodo in cui è realizzata. E’ per questo profondamente immobile nella fedeltà ai suoi topoi, ma anche capace di risultare sempre accattivante: il problema sta nello stabilire se artisticamente si tratta di una tipologia di film virtuoso o parassitario, se cioè offra davvero degli spunti in grado di risultare intellettualmente stimolanti oppure se alla fine non si riduca soltanto a un continuo riproporsi di cliché. La ragazza del mio migliore amico non è uno dei migliori film del genere, ma possiede dei motivi d’interesse poiché riesce a modularsi attraverso una serie di scarti progressivi che lasciano intravedere percorsi interessanti e capaci di dare al tutto una certa forza evocativa.

E’ come se il film tentasse infatti di nascondere fra le pieghe di un tipico racconto da commedia romantica un sabotaggio degli elementi che connotano il genere: il primo risultato che balza all’occhio è una certa tensione disgregatrice che crea uno sfasamento fra una struttura molto “scritta” (come sempre accade in questi film dove il lavoro di sceneggiatura è molto importante) e una libertà dei corpi che sembra gridare la veridicità dei caratteri messi in campo. In questo senso è molto interessante il lavoro sui ruoli: si potrebbe pensare, infatti, che il protagonista del film debba essere Dustin, il coinquilino sfigato che, con la sua passione per Alexis, costituisce il motore della vicenda; invece, sorprendentemente, la vicenda del ragazzo è un autentico macguffin destinato a lasciare spazio a Tank, autentico mattatore della scena, personaggio che colpisce con la sua faccia da schiaffi (ottimo l’interprete Dane Cook) e capace di risultare a un tempo divertente e sgradevole, magari anche un po’ odioso, ma di quel tipo che non si riesce a odiare fino in fondo perché fa appello, con i suoi comportamenti, a una serie di dinamiche radicate nell’animo di tutti. E così, quando vediamo una delle ragazze chiedergli se si diverta a fare quello che fa, siamo consapevoli che quella è anche la nostra domanda.

Allo stesso tempo anche Alexis si dimostra un personaggio che, nella stereotipizzazione del ruolo, riesce a brillare di luce propria grazie alla forte fisicità di Kate Hudson: basta un sorriso, una smorfia fuori posto per provocare quello scivolamento che rompe la rigidità dello schema e apre un improvviso detour (seppure fulmineo) nel corpo della narrazione.

E poi consideriamo la schiettezza, molto spiazzante, di una storia che, in barba ai romanticismi, sembra veicolare una sorta di cinismo molto cupo al fondo, dove i rapporti sono tarati esclusivamente sull’utilità sessuale, ma senza colpevolizzare il sesso come un male della società (puritana). Anzi, i protagonisti lo praticano con piacere, e non amano la carineria: il padre maniaco dentro e filosofo fuori non mostra segni di redenzione, ma anzi, consapevole di essere una persona pessima, vuole solo trarre da questa sua natura il massimo giovamento. Il nerd che al ballo della scuola viene avvicinato per ricevere qualche consiglio paterno risponde mostrando il dito medio. I dialoghi in generale fanno appello a una terminologia molto forte e poco consona a questo tipo di storie e, di conseguenza, il percorso di formazione che Tank deve compiere non può che confluire nella sua decisione di portare avanti il proprio personaggio fino alle estreme conseguenze. Il film finisce praticamente lì, la coda è un retaggio da pagare al genere per non portare il suo sabotaggio alle estreme conseguenze, tanto che ci si dimentica anche di quale sia il finale vero e proprio.

Tutto questo si riassume d’altronde in un nome: Howard Deutch, regista che deve la sua fama principalmente a quello che è diventato un piccolo classico del teen-movie anni Ottanta, ovvero Bella in rosa. Inquadrato da questo punto di vista il film ha un senso: La ragazza del mio migliore amico è un teen-movie mascherato da commedia romantica “adulta”, con personaggi immaturi che sfuggono dalle loro responsabilità e attraversano dei luoghi topici (il ballo di fine anno), confidandosi con il classico amico/a di carattere opposto e ballano su successi di un ventennio precedente. Il richiamo esplicito a Harry ti presento Sally descrive quindi il percorso attraverso una direttrice davvero anomala: un Bella in rosa ibridato con il film di Rainer e contaminato da schegge di American Pie (da cui la presenza iconica di Jason Biggs).

Il tutto mantenendo un incredibile equilibrio e lasciando che alla fine emerga soprattutto l’idea di assistere a una “normale” commedia romantica. Sarà perché il meccanismo non viene sabotato fino in fondo, ma la sensazione è che sia un approdo cercato, per lavorare con calma sui sottotesti. D’altronde anche Bella in rosa aveva come caratteristica principale la capacità di fondare un’estetica senza darlo a vedere, riflettendo anzi un’idea di quotidianità molto rassicurante in superficie. E per questo risultava a suo modo inquietante.

Anche in questo caso, dunque, Deutch enuncia più di ciò che sembra a prima vista, e il sorriso sulle sue labbra in realtà si rivela essere il ghigno di chi descrive una società incapace di portare davvero avanti un rapporto interpersonale.

La ragazza del mio migliore amico
(My Best Friend’s Girl)
Regia: Howard Deutch
Sceneggiatura: Jordan Cahan
Origine: Usa, 2008
Durata: 103’

Sito italiano
Sito ufficiale americano
Video interviste al cast da Movieplayer.it
Sito su Kate Hudson (in inglese)
Sito ufficiale di Dane Cook
Bella in rosa fansite (in inglese)

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