Dimenticato e prigioniero di un limbo, Freddy Krueger tenta di tornare sfruttando la forza di Jason Voorhees: le imprese omicide dell’assassino di Camp Crystal Lake serviranno infatti a rinvigorire il terrore tra i giovani di Elm Street, donando al demone dei sogni nuova forza. Ma la furia del gigante mascherato si rivela inarrestabile, costringendo i due villain a un confronto diretto. Nel frattempo la giovane Lori, coinvolta nei fatti, cerca con gli amici di impedire il precipitare degli eventi.
Sicuramente i produttori della New Line non ne sono ancora consapevoli, ma rivisto oggi Freddy vs Jason si staglia come un perfetto film spartiacque: attuale eppure retrò, capace di mediare fra la sgangheratezza programmatica dell’horror anni Ottanta e un taglio più incisivo ed elegante tipico del genere nelle sue più recenti terminazioni (ottimi il make up e la fotografia). Una natura ibrida, che gli permette di riverberare ancora adesso una certa libertà nei toni e nella narrazione, con un approccio grottesco che non diventa mai completamente ironico, artigianale sebbene chiaramente frutto dell’industria, feroce ma anche fumettistico. Di certo non l’apripista di un nuovo sottofilone di cross-over tra icone storiche dell’horror come era nelle intenzioni della stessa New Line, ma piuttosto l’ultimo esemplare di una specie e già (ma per fortuna non del tutto) il primo di una nuova.
D’altronde eravamo nel 2003, anno di rifondazione dello splatter e di varo dell’infausta stagione dei remake, rispettivamente con il divertito Final Destination 2 e il serioso Non aprite quella porta (entrambi New Line) e in questo scenario ancora una volta il film di Ronny Yu si pone a metà strada: molto più semplice del primo nel racconto e visivamente meno “pesante” del secondo, appare come una scheggia di passato che si contamina con il nuovo e finisce però per inglobarlo e risputarlo, mentre esibisce e massacra allegramente i corpi siliconati delle nuove starlette (nel cast c’è anche la Destiny’s Child Kelly Rowland) e fa dei due boogeymen i veri dominatori della scena.
L’idea di per sé è già datata: il pensiero corre ovviamente ai classici e anch’essi terminali scontri tra Frankenstein, Dracula e L’Uomo Lupo della Universal anni Quaranta, che tentavano con la quantità di sopperire alla qualità di un filone ormai esausto e in crisi di credibilità. Di tempo però ne è passato e quindi ora si può giocare a carte scoperte, con un Freddy Krueger che tenta di ristabilire la potenza della memoria come fonte del suo regno di terrore, a scapito di una gioventù dedita allo “sballo” in modo sin troppo manicheo e pertanto distratta, oppressa com’è peraltro da una classe di adulti che ha deciso per lei.
Questo è probabilmente l’aspetto più interessante del film, se consideriamo come la forza oppositiva che preme per uno scontro diretto fra i due boogeymen, si riflette in una struttura narrativa anch’essa basata sul confronto aspro tra le generazioni. Gli adulti nel film sono simbolo di un’autorità che preferisce ignorare il problema (secondo una classica metodologia denunciata da artisti come George Romero quale causa primaria dei traumi e degli errori della società occidentale) mantenendo i figli all’oscuro e procrastinando in questo modo il confronto con il male a una data mai scritta, laddove i ragazzi invece dimostrando una forza d’animo che permette loro di affrontare direttamente i villain, sancendone in questo modo i ruoli. Ecco dunque che Krueger (per l’ultima volta interpretato dal grande Robert Englund) appare in maniera più netta come l’autentico malvagio della storia, il deus ex machina dell’intero meccanismo distruttivo e non a caso anch’egli, metaforicamente, è una figura che sintetizza il mondo adulto con le sue pulsioni omicide; Jason invece è più un esecutore della volontà imposta dalla madre (un’adulta, ovviamente) e i suoi sogni sono abitati da mondi devastati dove la sua missione continua con regolarità spossante: quasi una sorta di grottesca proiezione della realtà qualora i figli non avessero il coraggio di ribellarsi ai padri e di prendere in mano le redini del proprio destino, come già accadeva con la Nancy del primo Nightmare. Il prezzo da pagare, anche in questo caso, è la perdita di umanità.
Le caratteristiche oppositive sono poi quelle che naturalmente fanno di Freddy e Jason due antagonisti ideali, l’uno minuto e intelligente, l’altro colossale e tardo, refrattari rispettivamente al fuoco e all’acqua, a loro agio in universi differenti, che spaziano dal sogno alla realtà, e accomunati soltanto dalla ferocia assassina, quella che vedrà poi il loro duello esplodere in un tripudio di effetti sanguinolenti. Qui si evidenzia in maniera più netta la capacità registica di Ronny Yu, che orchestra le scena di lotta con sapienza, utilizzando campi e piani fissi e dando poi ritmo all’azione attraverso il montaggio. Ne emerge un lavoro carico di energia, trascinante ma estremamente chiaro e distante dal caos del cinema americano contemporaneo, dove si abusa della macchina a mano e si predilige sempre il senso di precarietà del confronto alla sua corretta illustrazione. Anche questo, in fondo, rende Freddy vs Jason l’ultimo di una specie.
Freddy vs. Jason
(id.)
Regia: Ronny Yu
Sceneggiatura: Damian Shannon e Mark Swift (basata sui personaggi creati da Wes Craven e Victor Miller)
Origine: Usa, 2003
Durata: 97’
Sito ufficiale americano
Intervista a Robert Englund e Ken Kirzinger (in inglese)
La saga di Nightmare (in inglese)
Nightmare su Wikipedia
La saga di Venerdì 13 su Malpertuis
Jason Voorhees su Wikipedia
Nightmare sul sito della New Line
Friday the 13th the website (in inglese)
1 commento:
GRANDE RECE PER UN GRANDE FILM
Concordo su tutto :-)
Uno dei film che amo di più
Posta un commento