Cloud Atlas
1849: Mentre è in
viaggio per mare, Adam Ewing, rampollo di una famiglia dell'alta
società, trova il clandestino Autua, che lo aiuterà quando il
malvagio dr. Goose tenterà con l'inganno di avvelenarlo per privarlo
delle sue ricchezze.
1936: Il giovane
musicista gay Robert Frobisher aiuta il compositore Vyvyan Ayris a
comporre il suo capolavoro (il “Cloud Atlas”), ma infine l'uomo
tenterà di estrometterlo dal successo.
1972: La giornalista
Luisa Rey entra in possesso dei documenti che provano la pericolosità
di una centrale nucleare, ma la multinazionale che possiede
l'impianto cerca di fermarla.
2012: L'editore
Timothy Cavendish azzecca il best-seller della vita, ma i fratelli
dell'autore gli chiedono una somma talmente elevata che l'uomo è
costretto a nascondersi. Suo fratello ne approfitta per farlo
rinchiudere in una casa di riposo. Ma l'uomo progetta un'evasione.
2144: A Neo Seoul, il
clone Sonmi 451, nato per servire, entra in contatto con il ribelle
Hae-Joo Chang, che le mostra i segreti del sistema e l'aiuta a
consegnare un messaggio all'umanità.
2321: Dopo la caduta.
Zachry aiuta Meronym, venuta dagli ultimi luoghi civilizzati, a
raggiungere l'avamposto dal quale lanciare una richiesta d'aiuto
verso un nuovo pianeta che possa ospitare la razza umana.
Nell'accogliere l'ultima
opera dei Wachowski (qui coadiuvati da Tom Tywker), nessuno sembra
aver pensato a Pulp Fiction, per la logica dell'incastro di
storie parallele. Rispetto a Tarantino c'è comunque meno lavoro di
scomposizione e ricomposizione dei piani temporali (Pulp Fiction,
infatti, vede le storie incastrarsi in più punti: il prima di una è
quindi anche il dopo di un'altra e così via); al contrario, in
questo caso le opere sono ambientate in epoche tra loro molto
distanti e quindi non si incontrano, pur generando dei collegamenti
che spesso emergono alla fine o sono rivelati solo attraverso piccoli
indizi, che sta all'abilità dello spettatore cogliere per
comprendere appieno la complessità del tutto (magari anche rivedendo
il film più volte).
Allo stesso tempo, però,
c'è in comune con il classico tarantiniano un identico amore per le
possibilità offerte dall'occasione di giocare con il cinema nelle
sue più diverse declinazioni: un gioco che qui si configura
attraverso un progetto magniloquente, un autentico mosaico di generi.
Si spazia perciò dal racconto storico (con tanto di pirati) alla
fantascienza postatomica, passando per il thriller anni Settanta (in
odore di blaxploitation), il melodramma gay e quella commedia un po'
sopra le righe tipica di certo cinema britannico.
Già soltanto la capacità
di riuscire a mescolare percorsi così diversi, indovinando
perfettamente i tempi, basterebbe quindi a innalzare Cloud Atlas
fra le opere più significative degli ultimi tempi: tre ore che
scorrono veloci, generando interesse e curiosità, mentre le storie
si danno il cambio continuamente, esaltando i codici basilari
dell'esperienza cinematografica. Tensione, avventura, passione
amorosa, ironia e un pizzico di malinconia che si stempera più
spesso nel sense of wonder si
uniscono così con incredibile naturalezza. I dialoghi abbondano,
certo, ma il cuore è dato dalle azioni e dagli stili che passano in
rassegna le varie parti.
Ma c'è dell'altro: c'è
la coerenza di un discorso autoriale che i Wachowski continuano a
portare avanti raccontando ancora una volta la rottura di uno schema
che non è soltanto quello della linearità narrativa, ma anche e
soprattutto quello in cui sono costretti i personaggi. Il tratto
comune delle sei storie è infatti la costante ricerca di una
liberazione da un destino avverso, superando il quale non solo il
singolo, ma tutta l'umanità riesce a evolvere, generando infine
quelle connessioni che rendono la storia omogenea nella sua
diversità.
Il film diventa così da
un lato il tentativo di stare pienamente nei codici espressivi
offerti dai generi, quelli in grado di generare una capacità
mitopoietica che renda il racconto appassionante; e, dall'altro,
un'operazione che forzi gli stessi in modo da creare una distanza,
quella che serve allo spettatore per non perdere mai di vista il
progetto generale. Ecco dunque il make up così insistito e in più
parti “finto”, in un gioco che sembra ammiccare consapevolmente
all'arte del mascheramento tipica della rappresentazione
cinematografica. Il momento della creazione rappresenta dunque tanto
un intenso lavoro di ricerca delle singole note che comporranno
infine il sestetto “Cloud Atlas” - e che quindi hanno valore in
sé - quanto un esaltazione del risultato finale che, pur formato da
singoli elementi, ha valore in quanto intero.
Proprio questa
oscillazione fra il particolare e l'universale permette al film di
reggersi sul doppio registro di una vicenda che si lascia seguire attraverso le singole storie, ma riesce poi a ritagliarsi lo spazio per
far trionfare la sua tensione a un dopo, a un superamento delle
barriere imposte dalla contingenza dei singoli momenti e, financo dal
corpo stesso. Qui risiede uno degli aspetti più interessanti del
film, ovvero la sua natura transgender che si ritrova nei
continui cambiamenti di look (e persino di sesso o etnia) operati
sugli attori, man mano che gli stessi si ritrovano a ricoprire ruoli
diversi attraverso le varie storie. Più che alle vicende
autobiografiche di Larry/Lana Wachowski appare calzante un parallelo
con il processo di trasformazione del bruco in farfalla, modulato
sull'evoluzione degli umani, sulle potenzialità offerte loro da una
tecnologia che spesso non riesce però a liberare davvero l'animo
dalla tendenza a richiudersi in meccanismi costrittivi, che sfociano
naturalmente in una “scala sociale” fatta di oppressi ed
oppressori.
E questo ci riporta
naturalmente a Matrix, ancora una volta il fulcro della
poetica dei due autori, chiamato esplicitamente in causa nella storia
del Clone e nelle visioni infernali dei macchinari che regolano la
vita della città e la produzione in massa dei servitori. Anche in
questo si nota come Cloud Atlas
sia una ricapitolazione del corpus d'opera già tracciato dai
due autori e, allo stesso tempo, una sua evoluzione: una parte per
il tutto.
Cloud Atlas
Regia e sceneggiatura:
Lana Wachowski, Andy Wachowski, Tom Tykwer (dal romanzo di David
Mitchell)
Origine:
Usa/Germania/Hong Kong, 2012
Durata: 172'
Collegati:
2 commenti:
un film straordinario!
Concordo :-)
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