Armageddon
Un asteroide di proporzioni colossali è diretto verso la Terra, per un impatto previsto in 18 giorni. Il direttore della NASA decide di mettere velocemente in piedi una disperata missione, inviando sulla roccia un team di estrattori petroliferi, che possano seppellirvi una testata nucleare. L'uomo con le credenziali migliori sulla piazza è Harry Stemper, ma la sua squadra sembra composta da un gruppo di uomini indisciplinati e poco inclini a ricoprire il ruolo di salvatori del pianeta. Harry comunque accetta e insieme al suo team si sottopone all'addestramento necessario. La missione si rivelerà comunque durissima e complicata da mille imprevisti. Nel frattempo Harry deve anche fare i conti con l'amore sbocciato fra sua figlia Grace e il suo aiutante A.J.
Il capolavoro di Michael Bay. Il regista americano è infatti l'uomo giusto alla guida di quello che ancora oggi risalta come il progetto a lui più congeniale, capace cioè di trarre il massimo dalle sue capacità e di minimizzare i difetti trasformandoli in cifra stilistica. Di fronte alle potenzialità colossali insite nell'idea della catastrofe definitiva, il piglio eccessivo caro al regista americano diventa infatti l'unica direttrice possibile per mettere in scena uno spettacolo che vada oltre le coordinate codificate. Basta un confronto con il contestuale Deep Impact o con il classico Meteor (entrambi, sia ribadito, assolutamente mediocri) per rendersi conto della differenza che passa fra il semplice raccontare un evento catastrofico, e l'intento bayano di immergere lo spettatore in un'esperienza filmica estrema, attraverso un autentico bombardamento sensoriale.
Fin dalle primissime battute, il film trova perciò il suo equilibrio nell'eccesso più sfrenato. Eccesso che – si badi – non è soltanto quello garantito dalle spettacolari ed esplosive scene d'azione, ma anche dagli innesti comici demenziali, dal romanticismo sparso a piene mani, dalle difficoltà senza sosta cui va incontro la missione, dal ritmo sempre al massimo dei giri e da una grossolanità pacchiana fatta di elementi su cui l'attenzione è calcata in modo quasi ossessivo, in nome di una narrazione che per essere epica vuole soprattutto risultare semplice e basata su immagini e emozioni immediate: amore, odio, sacrificio, patria e famiglia. Da questo versante la struttura riesce ad assorbire anche le più infantili futilità – come accade nella frecciatina al coevo Godzilla di Roland Emmerich, nella scena in cui un frammento del meteorite colpisce un venditore di pupazzi ispirati al Re dei mostri.
Lo sbilanciamento eccessivo dei singoli elementi finisce per determinare un mirabile auto-equilibrio, in virtù del quale il film si compatta e funziona, dimostrandosi capace di emozionare genuinamente, facendo letteralmente innamorare dei suoi personaggi: per questo si gode del fatto che la sorte dell'umanità sia nelle mani non dei militari (che – risvolto inedito per Bay – rimediano anzi una ben magra figura) ma di un gruppo disarmonico formato da cowboy, geni erotomani e ragazzi dall'entusiasmo facile, che riassumono una certa tendenza anabolizzata tipica dei personaggi larger than life cari tanto al regista, quanto a un tradizione americana basata sull'apologesi dei singoli e sull'iconografia esasperata.
Il casting in questo senso è assolutamente perfetto: il gruppo trova infatti il suo equilibrio nell'assoluta disarmonia delle parti, fra l'enorme massa muscolare di un Michael Clarke Duncan, e lo sguardo spiritato del minuto Steve Buscemi, fino alla rassicurante normalità di Billy Bob Thornton. Su tutti però svetta un fantastico Bruce Willis che sembra farsi garante di una tradizione eroica capace di intercettare anche l'iconografia dell'americano medio. Il suo Harry Stemper non è una figura muscolare e aliena alla Schwarzenegger, ma una persona che interagisce con la materia, sporcandosi di petrolio, ferendosi ma mantenendo sempre un piede nella realtà attraverso il contatto con il prossimo. Siamo, insomma, fra Quella sporca dozzina e il John Wayne di Uomini d'amianto contro l'Inferno.
Il film smette perciò di essere un semplice disaster-movie e diventa un oggetto quasi avanguardista, capace di dilatare la semplicissima idea di base, offrendosi come un'avventura visionaria, in cui la distruzione di palazzi e città diventa un'apocalisse capace di generare l'Inferno, mentre gli scontri fra i singoli determinano dinamiche che mettono in gioco implicazioni gigantesche come la salvezza di un intero pianeta. Anche l'asteroide è lontanissimo dalle rocce compatte e semisferiche tipiche dell'immaginario codificato: è una sorta di enorme bocca dentata che si dirige verso il nostro mondo per sbranarlo e che descrive al suo interno geometrie e paesaggi che sembrano una sorta di viraggio al negativo dei grandi spazi americani. E' in definitiva una sorta di gigantesco organismo che spinge l'umanità al confronto con la propria essenza. Di qui la necessità della storia – semplice ma funzionale – di articolare la missione lungo una serie di opposizioni fra singoli e di dinamiche lavorative e sentimentali.
In definitiva Armageddon è un film riuscito, autentico spartiacque fra la tipica indole fracassona del blockbuster e una autentica estetica del fracasso. Il tempo ha poi dimostrato che Michael Bay non è capace di variare il suo stile adeguandolo a progetti diversi e alcuni dei suoi lavori successivi sono parsi pertanto mediocri o malamente definiti: questo film però dimostra che ci sono progetti in grado di farne risaltare i meriti.
Armageddon – Giudizio finale
(Armageddon)
Regia: Michael Bay
Sceneggiatura: Jonathan Hensleigh e J.J. Abrams, adattata da Tony Gilroy e Shane Salerno (storia di Robert Roy Pool e Jonathan Hensleigh)
Origine: Usa, 1998
Durata: 145'
3 commenti:
Nonostante la presenza del mio Bruce, Armageddon non rientra tra i miei preferiti in questo genere.
Sarà per la preponderanza data alla storiella d'aMMore tra Liv Tyler e Ben Affleck, o per il finale che ho odiato per ovvi motivi!
Però devo ammettere che è ben realizzato.
oddio ragazzi vi prego, ma la parola "capolavoro" accanto ad una roba come Armageddon, mi fa venire l'orticaria. Non sono uno stroncatore di Bay, anzi due suoi film (The Rock e il primo Bad Boys) mi piacciono molto, ma con questo film è iniziato il declino di Bay: i dialoghi sono imbarazzanti, personaggi irritanti, retorica schifosa e vomitevole, cast sottotono, anche il grande Bruce, che adoro, in questo film non lo sfango.
Credo che peggio di questo film, nella carriera di Bay, ci sia sono Pear Harbor, film a dir poco offensivo per la sua stupidità e squallore
grande film armageddon, onestamente lo trovo uno dei disaster movie piu forti, Bruce sempre mitico, regia di Bay che inizia qui a sperimentare il cosidetto eccesso che molti non riescono a digerire, onestamente non odio Bay, il suo è un cinema estremo nel concetto di spettacolarità -nei suoi titoli diventa furibonda, eccessiva- onesto sulle premesse e sempre diretto.
JOE
Posta un commento