"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

mercoledì 15 aprile 2009

Two Lovers

Two Lovers

Afflitto per la fine di un amore, Leonard trascorre le sue giornate fra momenti di profondo sconforto e il lavoro nella lavanderia del padre, quando si ritrova di fronte a una scelta tra due donne che irrompono nella sua vita: la prima è Sandra, figlia dei soci di famiglia, che gli offre la sicurezza di un amore sincero e la possibilità di costruire un avvenire solido; la seconda è invece Michelle, che si è trasferita da poco nel suo palazzo e che è al centro di una burrascosa relazione con un uomo sposato al quale Leonard vorrebbe sottrarla fuggendo lontano. La scelta presuppone rinunce e scontri, ma porterà alla reale felicità?

C’è una forte inquietudine che corre sottotraccia nei lavori di James Gray e che permette agli stessi di innalzare a livello archetipico le storie che raccontano. La linearità narrativa diventa in questo senso pretesto per una profonda riflessione sul senso di appartenenza a una comunità familiare nei cui confronti i protagonisti si pongono (loro malgrado o meno) in una posizione di confronto, anche violento. Two Lovers in questo senso è costruito secondo una specularità perfetta con il precedente I padroni della notte, nonostante l’appartenenza delle due pellicole a generi diversi (questo un mélo, quello un poliziesco). In entrambi i casi è il corpo iconico di Joaquin Phoenix e la sua straordinaria mimica, quell’agire a metà strada fra timidezza e disagio dell’esistere che abbiamo imparato a conoscere da lungo tempo, a costituire il tramite dell’autore e a subire quel processo di attraversamento del dolore che lo porta a modificare una condizione preesistente.

Nel caso specifico la partenza è sul tentato suicidio di Leonard per una storia finita male, cui si accompagna poi una convivenza familiare che appare tutto sommato serena, con i genitori che partecipano emotivamente alle disgrazie occorse al figlio e lavorano per assicurargli quella stabilità umana ed economica di cui il ragazzo ha bisogno. In realtà l’inquietudine che corre sottotraccia è quella di una vita scandita da una predestinazione quasi divina (la storia precedente, lo apprendiamo nel corso del racconto, è fallita per una predisposizione genetica che avrebbe condannato gli eventuali figli della coppia a morte certa) alla quale il ragazzo risponde con una innaturale euforia che lo pone evidentemente come una figura instabile agli occhi dello spettatore, quasi vorace rispetto a una vita che sente sfuggirgli: l’immagine stessa della predestinazione è rafforzata dall’appartenenza di Leonard a una cultura di antiche origini come quella ebraica e nell’invasività (ancorché discreta) dei genitori che, pensando di agire per il suo meglio, lavorano per offrirgli un lavoro stabile e arrivano a “scegliergli” una donna (Sandra) con cui sposarsi.

La variabile mancante in questo discorso è ovviamente quella della felicità reale, che arriva sotto la chimerica presenza di una ragazza (Michelle) che sembra riflettere la confusione del protagonista e nella quale inevitabilmente lui si riconosce: il triangolo che quindi si determina è affrontato da una prospettiva che è unicamente quella dello stesso Leonard. Lui è l’unico a conoscere la situazione in cui si trova, che resta taciuta ai genitori e alle due ragazze interessate (non a caso Michelle si stupisce quando Leonard rivela di essere fidanzato e di non averglielo mai detto, nonostante fra i due ci sia formalmente una grande amicizia) e tale rimarrà fino alla fine. Il punto non è dunque l’innescarsi della classica dinamica del tradimento su cui si poggia spesso il racconto sentimentale, ma il tormento del singolo uomo di fronte a una scelta che presuppone due diverse destinazioni della propria vita: la sicurezza, contrapposta alla turbolenza della passione. Momenti che Gray riassume nelle due scene di sesso che coinvolgono Leonard, l’una (con Sandra) passionale ma tenera, l’altra (con Michelle) vorace e rabbiosa: due sequenze antitetiche anche per la posizione dei corpi (distesi nella prima, in piedi nella seconda) che riflettono le dinamiche in campo (sicurezza e instabilità per l’appunto).

D’altronde altro elemento da tenere in considerazione è la totale mancanza di giudizio dell’autore rispetto alle due donne che la storia pone in essere: entrambe in possesso di pregi e difetti non innescano una elementare dicotomia (la brava ragazza contro quella cattiva), ma piuttosto l’idea di due archetipi di felicità possibile cui solo la sensibilità interiore del protagonista può dare la forma compiuta che permetta la scelta. Questo giustifica anche la diversità fisica delle due, che non vuole ribadire la loro antitesi, ma unicamente la loro forma archetipica, peraltro – ed è un ulteriore segnale di quella inquietudine enunciata, che lavora sul ribaltamento delle apparenze – opposta alla tradizione, con la bruna rassicurante e la bionda inquieta, entrambe bellissime.

Si torna in questo senso alla natura primaria del cinema di Gray, che lavora su concetti che affondano nel mito e nel racconto di matrice biblica, dove la parabola stessa di Leonard diventa infine metafora del figliol prodigo che insegue una felicità apparente salvo poi decidere di tornare a casa. Lo sguardo perso nel vuoto e la lacrima che riga il viso, al pari della fuggevole visione della compagna perduta nel finale de I padroni della notte, raccontano però di una scelta compiuta non senza amarezza nel cuore e andando incontro a rinunce anche forti. E’ un momento emotivamente potente ma narrativamente trattenuto, asciutto, quasi estwoodiano (e in effetti qui come in Gran Torino si parla di appartenenza a una comunità nel cuore di un quartiere americano), nascosto tra le maglie del racconto eppure evidente. Cambia il campo d’azione, la scelta stavolta è quasi indotta dagli eventi più che provocata da una ossessione (che anzi voleva esattamente l’opposto), e il suicidio iniziale viene ribaltato nell’abbraccio finale, ma alla fine non cambia l’esito: il trovare il proprio spazio nel mondo avviene solo con la consapevolezza del dolore che si è attraversato e con cui si dovrà inevitabilmente convivere.

Two Lovers
(id.)
Regia: James Gray
Sceneggiatura: James Gray e Ric Menello
Origine: Usa, 2008
Durata: 110’

Intervista a James Gray
James Gray su Joaquin Phoenix
Sito italiano
Sito ufficiale americano

3 commenti:

Ale55andra ha detto...

"Si torna in questo senso alla natura primaria del cinema di Gray, che lavora su concetti che affondano nel mito e nel racconto di matrice biblica, dove la parabola stessa di Leonard diventa infine metafora del figliol prodigo che insegue una felicità apparente salvo poi decidere di tornare a casa."

Interessante questo passaggio, come tutta l'analisi del resto, in effetti non ci avevo pensato, però l'accostamento calza veramente a pennello.

Unknown ha detto...

volevo farti i complimenti per il blog, sempre molto interessante! volevo anche chiederti se ti va di fare uno scambio di link con i miei due blog, mi farebbe davvero piacere ^^
ti lascio i link:

http://guidagalatticaperautostoppisti.blogspot.com/
http://illabirintodeldiavolo.blogspot.com/

fammi sapere :) !!

*Asgaroth

Anonimo ha detto...

Bella e molto approfondita recensione, per un film che come ho già avuto modo di scrivere ho amato notevolmente anch'io, per la semplicità nella messinscena e la profondità emotiva che riesce a toccare.