Venezia 70: i film (4/4)
Palo Alto, di Gia
Coppola (Orizzonti)
Quella dei Coppola sta
ormai diventano una famiglia (cinematografica) molto allargata: dopo
il patriarca Francis e i suoi due figli Sofia e Roman (senza
dimenticare il nipote Nicola, ovvero Nicolas Cage), ecco farsi avanti
la giovane nipote Gia (sta per Giancarla), ex modella, che qui scrive e
dirige un ritratto adolescenziale nella classica cittadina di
provincia in cui il male di vivere si manifesta con maggiore
evidenza. Che l'argomento sia quello è evidente sin dall'accesa
metafora della scena iniziale, in cui due adolescenti in auto si
schiantano contro il muro che si trova a pochi centimetri da loro
(l'auto infatti era parcheggiata); da lì si prosegue principalmente
seguendo l'impresa di April, studentessa delle superiori che subisce
(e in un certo senso anche cerca) le attenzioni del suo professore di
educazione fisica, interpretato da James Franco, sempre a suo agio
con ruoli borderline. L'influenza di zia Sofia è evidente, la
giovane Gia si circonda di tutto ciò che può aiutarla a sentirsi a
suo agio (Francis ha un cameo vocale, mentre in un piccolo ruolo
compare l'altra zia, Talia Shire), ma lo sguardo è sincero e il racconto si snoda in modo lineare, ma affascinante, creando un'atmosfera rarefatta e a tratti poetica. Merito anche del volto imbronciato di Emma Roberts, una bella mappa su cui
iscrivere le emozioni che le singole storie vogliono portare avanti.
Ukraina ne
Bordel/Ukraine is not a Brothel, di Kitty Green (Fuori Concorso)
Titolo annunciato tra i
più “forti” della Mostra, anche se più che altro per le
pruriginose ragioni che possono spingere il pubblico ad assistere
alle imprese poco vestite delle “Femen”, le (bellissime) ragazze ucraine che
usano il proprio corpo nudo come atto di protesta verso una società
maschilista capace di rendere il paese una mera tappa per il turismo
sessuale (da cui il grido, e il titolo, “L'Ucraina non è un
bordello”). Ci si accosta pertanto con un certo scetticismo, al
limite mitigato dalla speranza che il film sia quantomeno
informativo: per fortuna è molto di più. La regista australiana
Kitty Green, infatti, ha vissuto a contatto con le ragazze seguendone
l'escalation mediatica e non fa sconti alla realtà che il suo occhio
si trova a dover radiografare. Così, oltre a capire chi sono le
persone dietro le icone mediatiche, capiamo anche il tipo di
organizzazione che muove il gruppo, ideata da... un uomo, con buona
pace della lotta al maschilismo. Il corto circuito generato da questo
paradosso è la crepa che permette al documentario di aprirsi alla
realtà denudando (letteralmente) i difficili equilibri di un mondo
che ha totalmente smarrito ogni direttrice morale e non si preoccupa
di farsi scudo del proprio contrario pur di dare vita a un “brand”:
la protesta è quindi inglobata dal sistema come sua naturale
appendice (mi viene in mente quanto avevano già mostrato i Wachowski
in Matrix Reloaded, con buona pace dei detrattori...). La
documentazione di un fenomeno mediatico rompe in questo modo il velo
di una sovrastruttura tutta basata sul “vedere” e sulla
superficialità dell'apparire, fino a una chiusa che lascia suggerire
(o quantomeno sperare) un possibile futuro in cui queste ragazze
saranno davvero capaci di prendere in mano la propria vita, affrancandosi dall'iconografia da modelle per riappropriarsi della propria identità di persone. Un film
intelligente e in grado di suscitare emozioni variegate.
UPDATE: uscito nei cinema italiani il 12 Giugno 2014 con il titolo Femen - L'Ucraina non è in vendita.
UPDATE: uscito nei cinema italiani il 12 Giugno 2014 con il titolo Femen - L'Ucraina non è in vendita.
Mahi va Gorben
(Fish & Cat), di Shahram Mokri (Orizzonti)
L'idea di girare un film
con un intero piano-sequenza ha avuto più di un seguace alla Mostra
(si pensi a Ana Arabia, di Amos Gitai), ma nessuno ha portato questa
pratica a un livello di radicalità e sperimentazione paragonabile a quello toccato da
Shahram Mokri, che con questo suo Fish & Cat ci regala uno dei
capolavori del festival. Sebbene limitato dalla bassa definizione con
cui è girato (tanto che a tratti emergono anche delle “sporcature”
sotto forma di sciami di pixel che rompono la stabilità del quadro),
il film è un'intelligentissima ricognizione sugli stilemi del
thriller: seguiamo infatti un gruppo di persone accampate in riva a
un lago, presso un bosco dove alcuni minacciosi macellai degni di uno
slasher all'americana compiono i loro delitti. Senza mollare mai
l'unitarietà del movimento di macchina, Mokri salta da una
situazione all'altra, spesso tornando sulle azioni già viste per
riprenderle da una differente prospettiva, giocando spesso con le
aspettative dello spettatore, ammaliato dalla confezione thriller,
mai realmente appagata, ma sempre tenuta viva da una tensione che non
perde un colpo. In questo modo, la progressione lineare del racconto
e la sua destrutturazione temporale si sovrappongono generando una
vertigine potentissima, che rende il film stimolante e straniante
allo stesso tempo. Il racconto si crea e si disfa sotto i nostri
occhi e i vari piani narrativi, temporali e di realtà si mescolano
in un unico che è anche un mosaico sfaccettato: vivi e morti, azioni
nuove e altre già viste coesistono con naturalezza, lasciando allo
spettatore il piacere di ricostruire l'intera dinamica di questa
giornata - da cui l'idea del “gatto e del pesce” enunciata dal
titolo, peraltro leggibile anche su un piano metaforico, visto il ricorrente tema della sopraffazione degli adulti nei confronti dei giovani. Un film che mostra il cinema nella sua forma al contempo più
ludica ma anche più consapevole delle possibilità espressive
offerte dal mezzo. Il “mostro” di turno è interpretato dal
grande Babak Karimi, artista poliedrico e già montatore per Scimeca,
Kiarostami, Olmi, Loach, oltre che attore per Asgar Farhadi.
4 commenti:
ehy dav, riguardo a PaloAlto quanto spazio viene dato a Emma Roberts, è una dei protagonisti o fa solo un cameo e com'è la sua performance???
Te lo chiedo perchè lei mi piace da matti, esteticamente :-P ma anche come attrice.
E' praticamente la protagonista e... piace anche a me ;)
Ottimo, allora aspetto con ansia questo film, speriam che arrivi :-)
Pensa che io Emma l'ho scoperta con Scream 4, manco sapevo che Julia Roberts avesse una nipote nel cinema (Julia secondo me è sopravvalutata assai, Emma se la pappa in un sol boccone) e la sua folle Jill mi è piaciuta da morire :-)
Ah ecco dove l'avevo vista, non ricordavo fosse lei! :D
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