Torino 2008 Non è facile mettere in ordine i pensieri riguardo al Torino Film Festival. Da un lato c’è il ricordo di quello che, fino a pochi anni fa, era il più bel festival d’Italia, fautore di una visione artistica e critica all’insegna della mescolanza totale dei generi e dei formati, senza classificazioni tra “alto” e “basso” e fra “autori” e “industria”, che non a caso era definito – e rivendicava di esserlo – un festival “scanzonato”. E questo tanti anni prima di Venezia e delle sue (diversamente significative) retrospettive “nocturne”.
Poi arrivò la tempesta, sotto forma di una pesante riorganizzazione che ha visto il festival diventare parte di quel più grande progetto che mira a fare di Torino un polo culturale e produttivo alternativo a Roma, con la sua attivissima Film Commission e il Museo del Cinema. E il festival ha smesso gli abiti “alternativi” e ha indossato giacca e cravatta per dare forma a un appuntamento più istituzionale. Al vertice della piramide, come personaggio carismatico in grado di fare da garante della nuova identità è stato posto Nanni Moretti, figura simbolo di una cinefilia rigorosa, ma allo stesso tempo controversa e conservatrice, contrassegnata anche dal disprezzo per alcuni generi che del festival di Torino hanno paradossalmente fatto la storia (primo fra tutti l’horror).
L’edizione 2008 sulla carta si preannuncia in ogni caso degna di nota. Lasciamo pure da parte le cifre che, giustamente, i selezionatori sbandierano con tanto orgoglio, le prime visioni dei registi più blasonati e tentiamo di navigare a vista in un programma davvero corposo: la prima cosa che salta all’occhio è l’ottima qualità delle retrospettive, che permettono di esplorare le carriere di due autentici maestri come Jean-Pierre Melville e Roman Polanski. A questi si affianca l’omaggio alla British Reneissance degli anni Ottanta e Novanta (quella di autori come Ken Loach e Stephen Frears).
Quindi la sezione sperimentale “La Zona”, curata con competenza e passione dall’amico e collega Massimo Causo con gli omaggi dedicati a Stephen Dwoskin, Ken Jacobs e al maestro giapponese Kohei Oguri, punta di diamante di un’offerta ricercata e potenzialmente molto interessante.
Da segnalare anche, nella sezione “Italiana.Doc” i nuovi lavori di Mauro Santini, Paolo De Falco e Daniele Gaglianone, fra gli sguardi più curiosi e vitali del cinema italiano alternativo, sempre in cerca di stimoli sui quali sperimentare interessanti soluzioni visive e narrative in grado di far trasparire la traccia delle emozioni (quelle che in fondo sempre chiediamo nel buio della sala).
E poi ancora gli “Eventi Speciali” e l’interessante spazio “L’amore degli inizi”, dedicato agli esordi di autori come Peter Del Monte, Claudio Caligari, Giuseppe Bertolucci.
Tutto questo senza dimenticare, ovviamente, la sempre presente speranza di nuove folgorazioni: i presupposti sono quindi buoni per lasciare da parte le perplessità e intraprendere l’avventura con curiosità e soddisfazione, sperando che il Torino Film Festival si confermi come un appuntamento degno di nota, al di là dei paragoni con il suo ingombrante passato.
L'appuntamento sotto la Mole è dal 21 al 29 novembre.
Il sito del Torino Film Festival
2 commenti:
Un programma molto interessante. Peccato non poterci essere.
Ciao! Mi sto organizzando per essere al festival di Venezia il prossimo anno...e pensavamo di fare una cosa da lì...tu ci sarai a Venezia il prox anno (dal 2 Settembre in poi)?
Scrivimi su scaglie@gmail.com che ti spiego meglio ;)
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