Dieci anni nel paese
delle meraviglie
L'uscita del libro di
Alberto Ferrarese, scritto insieme ai figli Lapo e Niccolò e
finanziato attraverso una fortunata campagna di crowdfunding, è
stata accolta in Rete con molto interesse, anche per la sua capacità
di andare a coprire un vuoto editoriale nella pur corposa saggistica
relativa all'immaginario “anni Ottanta” - virgolette d'obbligo
per sottolineare ancora una volta come questa definizione copra in
realtà un periodo molto più grande. Il motivo di tale mancanza, va
da sé, è prettamente economico: se, infatti, il cinema, i fumetti,
i libri e l'animazione restano per loro natura transgenerazionali e
capaci di mantenere la fidelizzazione con il pubblico lungo le varie
età della vita (leggasi: di poter continuare a generare profitto per
chi li produce), per definizione i giocattoli sono relegati alla sola
sfera infantile e quindi, una volta traslati sull'età adulta,
restano isolati a discorsi nostalgici di nicchia, utili per lo più
alla produzione di cataloghi fotografici. O per lo meno questa è la
valutazione corrente, evidentemente da ripensare alla luce del
successo dell'operazione e del business che ormai ruota intorno al
concetto di nostalgia: è insomma l'inizio di un trend editoriale
legato al giocattolo? Al tempo ogni sentenza, qui ci limitiamo a
constatare che l'argomento interessa nella misura in cui ci permette
di affrontare un discorso sempre più completo sulle trasformazioni
dell'immaginario pop negli ultimi decenni.
Il volume in questione
racconta quindi l'esperienza professionale di Ferrarese nel decennio
1976-1986 e il lavoro della sua agenzia pubblicitaria Phasar, che si
è occupata di pianificare, definire e portare avanti il lancio e le
campagne pubblicitarie italiane dei prodotti distribuiti dal
consorzio Gruppo Italiano Giocattoli, più noto come Linea GIG.
Quindi ecco rievocati brand famosi come Playmobil, Micronauti,
Diaclone, Transformers (o meglio “Trasformer”, e nel volume è
ben spiegata la differenza), Pelocaldo e altri ancora, e la loro
“invasione” delle case italiane attraverso le campagne
orchestrate in particolare attraverso gli spot televisivi e le
pubblicità sul magazine di Topolino – il blog dell'amico Apreda ha
persino dedicato una rubrica apposita a queste pagine del periodico
disneyano.
Il libro, poderoso nella
mole e corposo nei contenuti, è abile nello stabilire un particolare
rapporto empatico con il lettore: da un lato, infatti, si offre con
la forza impressionante dei numeri elencati con orgoglio nella quarta
di copertina, che sottolineano la ricerca attenta portata avanti
dagli autori per fornire un quadro il più completo possibile
dell'epoca e delle campagne di Phasar, attraverso interviste alle
figure interessate e ricerche d'archivio; a questa scelta oppone poi,
con intelligenza, una narrazione in prima persona, che scansa il
rischio dell'opera fredda e compilativa, per dare forma invece a una
sorta di diario, capace di instaurare un dialogo con il lettore che
ricorda e rievoca le pubblicità via via elencate nel testo.
Il viaggio nel Paese
delle Meraviglie (come da slogan del consorzio) inizia così con un
attento resoconto dell'esperienza umana di Ferrarese, dagli anni
giovanili dominati dalla passione per la musica – poi tornata utile
per la realizzazione dei vari jingle pubblicitari – alla creazione
di Phasar, fino al rapporto professionale con Gianfranco Aldo Horvat,
presidente di GIG. La narrazione è attenta a restituire, attraverso
una fitta aneddotica, un ritratto profondamente umano delle
lavorazioni, senza però abdicare all'intento informativo: pertanto,
ferma restando la godibilità del testo, il lettore è messo nelle
condizioni di entrare nei meccanismi della realtà pubblicitaria e
delle strategie comunicative utili a “vendere” un prodotto.
Chiaramente l'intento commerciale prescinde dal valore dei singoli
prodotti, ma Ferrarese è onesto nelle valutazioni e rivendica la
natura creativa delle sue campagne, volte a esaltare il valore
formativo del giocattolo in quanto mezzo capace di liberare la
fantasia dei più piccoli. Il concetto di “meraviglia” promesso
dal marchio GIG, insomma, è stato, nelle dichiarazioni dell'autore,
la linea guida che ha permesso al consorzio italiano di farsi
promotore di un giocattolo (e di una promozione) di qualità.
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Pubblicità Trasformer su Topolino, dalla pagina FB del libro - © Phasar |
La seconda parte del
volume, la più ampia, passa in rassegna i principali brand importati
da GIG, divisi in due categorie: i prodotti “strategici”, pensati
cioè per uno sfruttamento di lungo periodo, e quelli “tattici”,
utili per riempire i mesi di vuoto fra un titolo più forte e il
successivo. Per ogni linea vengono spiegate le scelte fatte per il
lancio italiano, sono elencate le pubblicità di Topolino (con tanto
di numero di ogni prima uscita), fino al commento, sequenza per
sequenza, dei vari spot televisivi. L'apparato iconografico è pure
molto ricco, con foto di dimensioni ridotte e in bianconero, che
hanno un intento non tanto collezionistico, quanto meramente
esplicativo. In chiusura troviamo infine i bozzetti originali a
colori delle principali campagne orchestrate dall'agenzia fiorentina.
La prima parte è senza
dubbio la più interessante, per la panoramica generale e completa
della storia di Phasar e GIG, dalla nascita del consorzio fino alla
sua chiusura e alla tragica fine di Horvat, e per le motivazioni
creative e commerciali già enunciate; la seconda è più
specialistica e visibilmente pensata per ovviare alla mancanza dei
supporti visivi, ma solo chi ha visto realmente gli spot potrà
comprendere bene le scelte effettuate da Phasar, per gli altri la
ricognizione rischia di risultare un po' pedante. In effetti
un'alternativa poteva essere quella di allegare un DVD in modo da
snellire parte del volume, che con le sue circa 600 pagine sembra
allinearsi a una certa tendenza attuale a produrre opere extralarge:
ma forse è l'unico modo possibile per solleticare, con la sua
tensione “completista”, il pigro pubblico abituato a trovare in
rete le informazioni di cui ha bisogno. In questo caso, ovviamente,
nessun motore di ricerca potrà rimpiazzare un racconto così di
prima mano, perché redatto da chi quel periodo e quel settore ha
praticamente contribuito a crearlo e a renderlo, evidentemente,
memorabile.
Dieci anni nel Paese
delle Meraviglie: La pubblicità per Linea GIG dal 1976 al 1986
Di Alberto Ferrarese,
Lapo Ferrarese, Niccolò Ferrarese
Phasar Edizioni,
Dicembre 2016
584 pagine, 35 euro