"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

mercoledì 15 giugno 2011

Survival of the Dead: L'isola dei sopravvissuti

Survival of the Dead: L'isola dei sopravvissuti

Mentre il contagio dei morti viventi si diffonde, sull'isola di Plum si consumano le ultime battute di un'antica rivalità che vede contrapposti il clan del pescatore Patrick O' Flynn e quello dell'allevatore Seamus Muldoon: alla luce della nuova situazione di emergenza, il primo intende imporre una legge marziale che porti all'immediata eliminazione di ogni cadavere; il secondo, invece, vuole che ogni familiare possa tenere con sé i morti in attesa che venga trovata una cura al contagio. Alla fine la spunta Muldoon che, con l'aiuto della figlia di O' Flynn, stanca dei conflitti, riesce a esiliare l'avversario. Contestualmente, un gruppo di militari capitanati dal sergente Crockett, intercetta un messaggio di O'Flynn e decide di recarsi a Plum. Il pescatore riesce ben presto a convincere i militari a parteggiare per la sua fazione e si prepara alla resa dei conti con Muldoon.


Se il precedente Diary of the Dead, sfrondato della sua critica social-mediatica, si concretizzava in un ritorno ultimo agli schemi de La notte dei morti viventi, il sesto capitolo della Dead Saga di George Romero porta a compimento questo percorso a ritroso verso le origini. Il regista di Pittsburgh, infatti, è ormai consapevole di come una qualsiasi riflessione sull'umanità, le sue dinamiche e i suoi destini, non possa prescindere dall'adottare una prospettiva che sia innanzitutto cinematografica. Pertanto, riflettere sui comportamenti innati degli abitanti americani (autentico fil-rouge dell'intera saga e della carriera romeriana) significa dare forma a un incedere che sia anche ricognizione cinefila intorno ai modelli che hanno fondato la cultura del paese.

Di qui l'intuizione assolutamente geniale di ricondurre il tipico zombie-movie attraverso due forme ben precise: quelle del dramma popolar-familiare (collegabile agli schemi dei feulleiton) e, soprattutto, quello del western. Entrambi generi-matrice del cinema americano e, conseguentemente, dell'immaginario che da esso deriva. Il titolo di lavorazione “...Of the Dead” esemplarmente già rimarcava infatti l'intento di fare del sesto capitolo una sorta di radicalizzazione del pensiero romeriano, che riconducesse il tutto ai suoi elementi essenziali, alla matrice del racconto americano tipico: i morti, che poi sono anche i vivi, come più volte evidenziato nei precedenti capitoli.

Nato da una costola del precedente Diary (in cui comparivano fuggevolmente i militari capitanati dal sergente Crockett), i nuovi protagonisti romeriani sono totalmente addentro alle dinamiche nichiliste che nei precedenti lavori trovavano un contrappunto nei classici “lone men”. Crockett qui tenta di fare sue alcune di queste istanze, attraverso un comportamento antisociale che lo porta a vivere con frustrazione il suo ruolo di inquadrato in un esercito (più volte lamenta la decisione di arruolarsi), eppure lo vediamo poi ossequiare con facilità gli intenti di O'Flynn, secondo una deriva inerziale che serpeggia per tutto il film. Non che qui si intenda negare il fatto che alcuni collegamenti appaiano forzati, ma nell'insieme il racconto spinge verso una direzione ben precisa che trova il suo culmine una volta che l'insieme dei microcosmi che hanno attraversato l'intera narrazione, arrivano a convergere (e a collidere) sull'isola.

Ecco dunque i problemi familiari all'interno del clan degli O'Flynn, la trovata – degna esattamente di un feulleiton – delle figlie gemelle, rivali nel contendersi l'affetto del padre, e naturalmente il duello “western” fra clan, portatori di due filosofie opposte. Qui Romero compie la saldatura fra la matrice del racconto classico americano e il suo filone degli zombi, perché la rivalità fra O' Flynn e Muldoon è similare a quella che nella Notte contrapponeva Ben e Harry Cooper, e si articola sulla soluzione da adottare per sopravvivere alla minaccia degli zombie. E, esattamente come accadeva allora, il personaggio che raccoglie le maggiori simpatie del gruppo (O' Flynn appunto) è quello che in realtà sbaglia la strategia perché il sorprendente finale mostra lo stadio ultimo di evoluzione dello zombie romeriano, non più cannibale ma carnivoro, e forse latore di un possibile nuovo stadio in cui riuscirà a integrarsi in un mondo che in effetti non lo pone più come diverso, dal momento che i vivi complottano fra loro per garantire la morte comune alla loro gente, in nome di antiche rivalità.

Quelle stesse rivalità finiscono dunque per spazzare via ogni possibilità di coesistenza legata ai vincoli di consanguineità (figli, sorelle e compagni di vita infatti sono figure sostanzialmente negative), ma anche a possibili legami non convenzionali (l'amicizia condita da tentativi di approccio fra Cisco e la collega gay Tomboy). La visione, sebbene infarcita da ironia e da quella oscillazione di tono tipica dei western americani classici (dove spesso dramma e comicità riuscivano a coesistere), è dunque prevalentemente pessimista, anche se stavolta – più del giudizio morale – risalta la presa di coscienza di una attitudine distruttiva che trova la sua migliore raffigurazione nella stilizzazione dell'eterno duello di fronte alla luna del finale, piuttosto che nelle carni dilaniate dai morsi degli zombie, ricondotti in un ruolo più marginale.

Peccato in Italia abbia saltato la sala per uscire direttamente in DVD.


Survival of the Dead – L'isola dei sopravvissuti
(Survival of the Dead)
Regia e sceneggiatura: George A. Romero
Origine: Usa/Canada, 2009
Durata: 86'



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3 commenti:

Alessio G. ha detto...

Con tutto l'affetto per Romero, a mio parere questo è in assoluto il peggior film della sua carriera. Un esperimento sulla carta interessante, che però a conti fatti risulta sterile, slegato, e viaggia senza ritegno oltre la soglia del ridicolo; un disperato e fallimentare tentativo di inventare un qualcosa nei riguardi di un tema su cui non c'era proprio più nulla da dire. Spero vivamente che adesso i suoi zombi possano riposare in pace una volta per tutte.

Giacomo ha detto...

Bravo Davide, la tua è una delle pochissime riflessioni sensate che abbia letto su questo film...

Fabio ha detto...

Mi unisco ad Alessio G., nonostante trovi la rece di Davide interessante e molto ben scritta e nonostante sia affezionato al vecchio zio George mi risulta impossibile trovare anche un solo aspetto positivo all'interno di quest'orrida pellicola che rappresenta, secondo me, il punto più basso non solo dell'intera saga zombesca/romeriana, ma proprio di tutta la filmografia di questo regista.
Già Diary of The dead era proprio robetta, Romero provò a rinnovarsi e tentò la strada del mockumentary con risultato modesti, ma comunque non pessimi, ma con Survival si tocca davvero il fondo, il tutto è scadente, regia, sceneggiatura (certi dialoghi aberranti non si sentono manco nei film di DeCoteau), montaggio, una fotografia da tv movie di bassa lega e dulcisi in fundo il tasso di splatter (fondamentale per uno zombie movie) è molto limitato.
Mi spiace ma son dell'idea che se George avesse chiuso la saga con l'ottimo "La terra dei morti viventi" non avrebbe fatto mica male, ma posso anche passargli Diary che tuttosommato la sufficenza la prende, ma questo Survival è davvero una pellicola pessima e completamente da buttare.