Mimic (Director's Cut)
Per sconfiggere un
morbo che ha colpito i bambini di Manhattan, la scienziata Susan
Tyler crea in laboratorio una nuova specie di insetti, i Judas,
capaci di secernere un enzima mortale per gli scarafaggi che
veicolano il virus. Tre anni dopo tutto sembra tornare alla
normalità, ma Susan si imbatte in strane manifestazioni che sembrano
far presumere un'evoluzione degli Judas, nonostante il loro codice
genetico fosse stato “programmato” per farli morire dopo aver
adempiuto al loro compito originario. Esplorando i condotti della
metropolitana, la scienziata, insieme al marito Peter, del centro di
controllo malattie infettive, scopre così che i Judas sono diventati
enormi e riescono anche a imitare le fattezze degli esseri umani, per
mescolarsi a loro nella notte e attaccarli per poi cibarsene.
L'avventura nel sottosuolo vede insieme anche Josh (assistente di
Peter), il poliziotto Leonard, e il lustrascarpe Manny, cui i Judas
hanno rapito il figlioletto Chuy.
Per il grande pubblico
che nel 1997 non aveva visto Cronos (da noi passato in sordina
unicamente su Tele+), Mimic rappresentò l'occasione per
conoscere Guillermo Del Toro e il suo cinema fatto di creature
mostruose mescolate a un senso fiabesco dell'avventura. Per il
regista, però, il film ha rappresentato per anni una ferita aperta,
destinata a ricucirsi soltanto nel 2011, con l'uscita della
Director's Cut. Le ragioni del dissapore furono da un lato la coeva
disavventura del rapimento compiuto ai danni del padre – fatto che
spinse il regista ad abbandonare il Messico, in modo da non esporre i
suoi cari a ulteriori problemi; dall'altro lato, le vicissitudini
produttive causate dai contrasti con i fratelli Weinstein della
Miramax, che, al solito, pretendevano l'ultima parola sul girato,
arrivando a imporre cambiamenti, tagli e nuove riprese ad opera di
registi non accreditati (fra i nomi coinvolti, pare, anche Robert Rodriguez). Per fortuna, la fama
acquisita dal regista nel tempo, ha permesso l'uscita della
sopracitata Director's Cut, che rivede il montaggio, elimina le scene
aggiunte arbitrariamente per garantire qualche superficiale salto
sulla poltrona e approfondisce alcuni spunti. Del Toro ha infatti
avuto accesso ai materiali originali, reintegrando alcune
parti espunte dai produttori, pur non potendo contare sulle scene
pensate ma non girate: l'idea originale, ad esempio, prevedeva un
finale più cupo, con i protagonisti che, una volta in superficie,
scoprivano che i Judas avevano conquistato la città, mentre ora
resta l'unico e più positivo ending effettivamente
realizzato.
In ogni caso, la
possibilità di vedere il film che Del Toro avrebbe voluto, permette di apprezzare una migliore costruzione delle
atmosfere e della suspense, unitamente a un più fitto intreccio
relazionale che, ancora una volta, dice del forte precipitato umano
delle sue storie. Susan è infatti abbastanza distante dalle tipiche
eroine del cinema d'azione e fantastico coevo: lontana
dall'androginia delle amazzoni cameroniane, è donna (una delle prime
scene che la mostra con solo l'intimo addosso), moglie e madre (la
Director's Cut aggiunge il dettaglio che la protagonista è incinta),
ben rappresentata da una Mira Sorvino capace di passare senza
soluzione di continuità da una intrinseca dolcezza, a un grinta da
guerriera nel confronto con i mostri. La sua figura tara in questo
modo il tono di un racconto costruito attraverso una fitta rete di
rapporti affettivi e parentali, che si rispecchia poi in una società
complessa e stratificata. Quello che il film mette in scena, infatti,
è un mondo composito, che la macchina da presa di Del Toro indaga
nei suoi anfratti, attraverso un continuo fluire fra l'alto (la New
York cittadina) e il basso, con le gallerie che riportano agli albori
della metropoli. Il tutto mentre la storia passa in modo altrettanto disinvolto, dalla modernità estrema degli esperimenti sul DNA all'atavica attrazione/repulsione per gli insetti e per le loro naturali capacità di adattamento.
In questo scenario,
malattie e mostri si accaniscono contro gli strati più deboli della
popolazione, attaccano una fabbrica clandestina con operai cinesi
costretti al lavoro clandestino (altra scena presente solo nella
Director's Cut) e colpendo i bambini. Sebbene le figure
preposte a combattere il pericolo siano sostanzialmente riconducibili
alla sfera delle autorità (lo scienziato Peter, il poliziotto
Leonard), l'impressione è quella che sia necessario uno sguardo più
sfumato e capace di fondere i vari livelli di questo mondo “a
strati”: ecco dunque la figura di Chuy, che ricolloca nell'universo
Deltoriano l'icona del bambino afflitto da apparenti problemi
relazionali e capace con le sue particolarità di stabilire un
collegamento tanto con gli umani che con i Judas. In lui ritroviamo
sia il gusto fiabesco del racconto gotico ispanico di cui Del Toro è
valoroso rappresentante, sia la continuità con i piccoli
protagonisti di Cronos, La spina del Diavolo e Il
labirinto del fauno, che testimonia la prospettiva privilegiata
“dal basso” fornita da figure più “a latere” rispetto a
quelle istituzionalizzate, che pure servono a mandare avanti il
racconto.
A tutto ciò si unisce il
consueto e già evidente amore per una messinscena estremamente
teatrale nella composizione degli spazi e che si compiace di un gusto
tattile per la concretezza dei luoghi e dei corpi, con i bellissimi
uomo/insetto (creati dal grandissimo Rob Bottin), che riecheggiano
umori da Fantasma dell'Opera e contribuiscono lo spostamento dalla
cifra gotica tipica di queste storie a una visualità più marcatamente
espressionista. I contrasti esasperati e la predominanza di colori
tenui è rotta saltuariamente da improvvisi viraggi della fotografia
su tinte più forti, utili a restituire lo spettro emozionale più
vasto che la storia chiama in causa. Proprio la cura dell'immagine e
il senso corposo delle inquadrature, insieme a un gusto particolare
per la dilatazione temporale, permette al film di conservare una sua
genuinità nonostante gli anni trascorsi: dove l'invecchiamento si
vede tutto è negli insufficienti effetti digitali (usati per animare
i Judas in movimento), tipici di un'epoca ancora acerba nell'utilizzo
di simili tecnologie.
Sebbene il film resti non
particolarmente distante dalla versione già vista in sala, il nuovo
lavoro compiuto dal regista gli dona maggiore compiutezza,
soprattutto nella prima parte in cui si stabiliscono i termini del
racconto. La parte finale indugia maggiormente in un concept alla
Alien (complice anche la presenza di Charles S. Dutton, già visto in Alien3), anticipando il barocchismo del Del Toro più aperto
alle istanze del grande pubblico, come lo ritroveremo in Pacific
Rim, Blade II o nel dittico di Hellboy. Poco o
nulla da aggiungere, invece, sui due seguiti realizzati per il solo
mercato dell'home video.
L'edizione Director's Cut
è visibile nel Blu-Ray Disc della Eagle Pictures.
Mimic
(id.)
Regia: Guillermo Del
Toro
Sceneggiatura: Matthew
Robbins e Guillermo Del Toro (basata sul racconto di Donald A.
Wollheim)
Origine: Usa, 1997
Durata: 112'
(Director's Cut)
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