Inn of the Damned
Gippsland, Australia
1896. Il cacciatore di taglie americano Cal Kincaid riesce a
catturare (e poi uccidere) il fuorilegge Biscayne dopo una ricerca
durata otto anni. In questo lasso di tempo, Biscayne è stato
protetto da Caroline e Lazar Straulle, una coppia di anziani
austriaci che gestiscono una locanda nell'entroterra. Un trauma è
sepolto nel passato dei due: anni addietro, infatti, un uomo
misterioso ha rapito e fatto sparire i loro figli, e, da quel
momento, gli Straulle eliminano chiunque capiti nella loro locanda,
mossi come sono dall'atavico terrore che ogni avventore possa
costituire una minaccia alla famiglia. Quando però, a cadere vittima
dei due anziani assassini è l'amico poliziotto Moore, Kincaid inizia
a indagare fino a scoprire la verità.
Non c'era solo Night of Fear tra i progetti che Terry Bourke aveva presentato al
network ABC: l'entusiasta regista australiano aveva infatti già
pronto anche il soggetto di Inn of the Damned, poi bloccato
dal naufragio della serie Fright. Bourke però non era tipo da
arrendersi e riuscì infine a portare a compimento il suo progetto un
paio d'anni dopo, anche se i rapporti fra la produzione e
l'Australian Film Development Corporation portarono a lungaggini che
fecero slittare l'uscita al 1975. Alla fine il film risultò il più
costoso fra quelli realizzati fino a quel momento in Australia,
complice anche l'ambientazione d'epoca. Un dato, quest'ultimo, che
risulta alquanto curioso, considerata la natura quasi autarchica
dell'operazione, con Bourke che si occupa di regia, sceneggiatura e
co-produzione, mentre il socio (e co-produttore) Rod Hay è
accreditato anche come montatore e supervisore alla post-produzione.
Nel cast poi, la presenza, in un breve ruolo, di Carla Hoogeveen,
riporta gli spettatori alla precedente esperienza di Night of
Fear, amplificando l'idea della “factory”. L'ambizione era in
ogni caso alta, l'intenzione era infatti quella di realizzare un
prodotto di grande respiro con star internazionali: il ruolo di
Caroline Straull era stato infatti pensato per Joan Bennet, ma
divergenze di vedute con la direzione che Bourke voleva imprimere al
soggetto, spinsero poi al rimpiazzo con Dame Judith Anderson, la
celebre mrs. Danvers di Rebecca la prima moglie.
Il legame con Hitchcock è
rivendicato dallo stesso Bourke, che definiva Inn of the Damned
un “Hitchcock a cavallo”, con chiaro riferimento alla componente
thriller, qui riletta in una curiosa chiave western, e sostenuta
anche dalle notevoli e versatili musiche di Bob Young, capaci tanto
di reggere il respiro epico delle scene avventurose (si veda la
sequenza dei titoli di testa), quanto i momenti di tensione
all'interno della “locanda dei dannati”. In effetti, il dato
eclatante della pellicola sta nella sua commistione di elementi
eterogenei, tali da renderlo un campione di bizzarria: ciò è
evidente non solo per l'accostamento dei due generi sopracitati, ma
anche per una progressione frammentata, in cui di volta in volta
Bourke si lascia tentare da curiose digressioni che, alla fine,
spiegano la durata eccessiva di quasi due ore. Il film è
sostanzialmente diviso in due parti, la prima con la caccia a
Biscayne e la seconda, invece, più concentrata sul meccanismo
thriller/horror e sulle imprese degli Straulle. Non c'è whodunit, i
ruoli sono chiari fin dal principio e Bourke gioca con la tensione,
in un modo opposto a quello mostrato in Night of Fear.
Nonostante la censura
dell'epoca obiettasse l'eccessivo sadismo, Inn of the Damned
privilegia infatti un approccio più meditato e basato
sull'esplorazione della tensione, con omicidi fuoricampo e una
dilatazione dei tempi che, soprattutto nel confronto finale,
raggiunge la sua maggiore efficacia. Lo stile si fa mediamente più
ragionato e solo in alcuni momenti lascia intravedere quella cifra
barocca che avevamo notato nel precedente lavoro – in particolare
si segnala il flashback con ampio uso di grandangoli che deformano i
volti e restituiscono così il particolare clima di angoscia del
rapimento dei bambini; e poi la già citata sequenza dei titoli di
testa che ritrae la corsa della carrozza con alcuni tagli
d'inquadratura molto dinamici e prospettive esasperate, degni
precursori dello stile che sarà poi reso grande da George Miller in
Mad Max e nei suoi vari epigoni – l'operatore non a caso è
Peter James, oggi affermato direttore della fotografia a Hollywood.
In mezzo trovano spazio momenti grotteschi (quelli con Biscayne e il
suo complice ubriacone) e persino una straniante scena
lesbo-incestuosa fra una matrigna e la figliastra (interpretata dalla
Hoogeveen). La frammentazione è palese anche nell'impianto visivo,
più potente e efficace nei momenti topici, con frequenti cadute
nella piattezza durante i passaggi di raccordo, con particolare
riferimento alle scene in esterni.
Un prodotto che dunque
staziona in un limbo a metà fra l'operazione per un pubblico ampio e
dinamiche basate sull'accumulo di situazioni, tipiche del cinema
exploitation: si può comunque ritrovare l'inquietudine
sull'identità di un'Australia che nasconde sordidi segreti nel
privato ed è afflitta dal timore per l'invasione dei propri spazi,
come già visto in Night of Fear:
stavolta, però, entra in gioco un elemento multietnico ben legato a
una prospettiva che è fuori tanto dalle grandi metropoli, quanto
dalle aperture dell'Outback, regalandoci un territorio selvaggio ma
privo di aperture – le location furono rintracciate nel Galles del
Sud. Uno spazio aperto che però è anche abbastanza “chiuso” e
capace perciò di riflettere le ossessioni dei personaggi con un
taglio da fiaba nera. Sarà anche per questo che l'operazione
mantiene un suo strano fascino, nonostante la debolezza della
struttura generale e la scarsa coesione narrativa, segno di come,
nonostante tutto, l'intensità con cui Bourke credeva nelle proprie
capacità sia riuscita a donare una certa specificità al progetto.
Poiché
l'ostracismo iniziale si era ritorto in pubblicità gratuita per il
precedente Night of Fear,
in questo caso il Commonwealth Board non limitò la circolazione del
film, limitandosi a un forte divieto per sadismo e scene di nudo. Ciò
non impedì comunque l'ottimo incasso e una breve distribuzione anche negli
Stati Uniti, tanto che oggi il film si fregia di una certa aura cult.
Il produttore Rod Hale, nel commento audio presente nell'edizione DVD
di Umbrella Entertainment lo definisce addirittura un classico.
Questo resoconto è basato proprio su quell'edizione, essendo il film
inedito in Italia.
Inn
of the Damned
Regia
e sceneggiatura: Terry Bourke
Origine:
Australia, 1975
Durata:
118'
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