The Plumber – L'uomo di
stagno
L'antropologa Jill
Cowper vive in un appartamento insieme al marito medico Brian: mentre
l'uomo è preso da una ricerca che ha attirato le attenzioni di
alcuni luminari svizzeri, Jill resta sola in casa e riceve la visita
di Max, un idraulico che sostiene di dover effettuare delle
riparazioni nel bagno a causa di un problema con le tubazioni. Per
Jill è l'inizio di un incubo: non solo le riparazioni si protraggono
più a lungo del previsto, ma Max si rivela anche un personaggio
invadente e sui generis, che rompe la quotidiana routine con il suo
comportamento sempre sopra le righe. Con Brian sempre più impegnato,
Jill si ritrova sola ad affrontare il caos quotidiano portato
dall'operaio e pensa a un modo per levarselo di torno...
Nasce quasi come uno
scherzo il quarto lungometraggio di Peter Weir, che l'autore gira per
Channel 9, in base a un contratto che il network televisivo aveva
stipulato con la South Australian Film Corporation (cui lo stesso
Weir era legato, era stata infatti lei a produrre Picnic a Hanging Rock e L'ultima onda): l'ispirazione viene infatti da
alcuni amici che si erano ritrovati alle prese con un idraulico tanto
chiacchierone quanto incapace di fare il suo mestiere. In effetti, a
una prima occhiata, il film potrebbe quasi apparire come un
divertissement o una sorta di faceta variazione sul tema
dell'home invasion. Al più
si può pensare a un interessante rovesciamento sugli stereotipi
della tipica fantasia erotica dell'idraulico: Max non a caso si
presenta come un individuo dalla forte fisicità, anche visibilmente
attratto da Jill che, con il suo aspetto minuto e morigerato, vive
l'irruzione nel proprio microcosmo come una autentica violenza e
violazione dell'intimità (si vedano le scene in cui teme di essere
vista nuda dall'uomo).
Chiaramente le possibili
implicazioni dell'idea non sfuggono al regista, che le usa per dare
corpo a ciò che più gli interessa, ovvero la messinscena di un
nuovo racconto sul tema dell'ossessione metropolitana, che sotto
certi aspetti integra e amplia quanto già visto proprio ne L'ultima
onda. Come a ribadire la
filiazione, da quel film vengono ripresi pure alcuni passaggi topici,
ad esempio quello della cena come momento di acquisita consapevolezza
rispetto al problema che si sta creando – è in quel momento,
infatti, che anche Brian si rende conto di quanto la presenza
dell'idraulico abbia portato scompiglio in casa.
Il contesto, al solito, è
fondamentale per esprimere il conflitto che l'irruzione dell'elemento
anomalo (nel caso specifico l'idraulico Max) compie rispetto a una
realtà apparentemente ben equilibrata nella convivenza delle sue
parti, ma in realtà articolata su una precarietà che si fa sempre
più evidente. La professione di Jill, infatti, riporta in auge la
componente aborigena insita nella cultura australiana (si parla in
realtà di Nuova Guinea, ma il riferimento non pare messo a caso
nelle implicazioni che chiama in causa) e ricondotta dalla donna a
puro fenomeno di studio per le sue ricerche antropologiche, che fanno
il paio con gli interessi medici di Brian: la loro mediazione nella
convivenza con l'altro da sé è insomma mediata da dinamiche
totalmente intellettuali e in fondo avulse da una reale comprensione,
complice ne sia il racconto che la stessa Jill fa di un confronto con
uno sciamano, nel quale lei cerca di non provocarlo, salvo poi
gettargli irrazionalmente addosso una coppa di latte.
La figura di Max (per
certi versi riconducibile alla figura dell'Ocker, sebbene Weir non
cade nel facile errore di cedere a un manicheismo troppo scontato)
arriva così a incarnare l'incapacità comunicativa dei due
australiani borghesi, configurando un conflitto che stavolta non è
tarato su dinamiche generazionali (come ne Le macchine che distrussero Parigi) né su quelle soprannaturali (si veda Picnic
a Hanging Rock) o sepolte nei meandri più ancestrali della
cultura originaria australiana (in riferimento a L'ultima onda):
al contrario, stavolta si profila velatamente una autentica lotta di
classe, fra l'operaio Max e l'intellettuale Jill, e serve a
manifestare l'incapacità comunicativa di una concezione “inclusiva”
(Max mostra enorme confidenza nei confronti della donna e del suo
appartamento, e sembra risultare noto e simpatico a tutti nel
quartiere), contro un'altra che alla fin fine è limitativa.
Come sempre, Weir non è
però interessato a un pamphlet o a una semplice riflessione
riconducibile all'emanazione di un giudizio, quanto alla possibile
ambiguità che lascia allo spettatore la capacità di decidere se Max
costituisca un'effettiva minaccia o se invece l'ossessione non sia il
mero frutto della paranoia di Jill, complice la sua incapacità di
relazionarsi a un individuo così lontano da lei. La destinazione
televisiva articola il discorso su dinamiche visivamente più
semplici, che comunque non rinunciano a mettere in scena un continuo
gioco di superfici asettiche e geometrie degne di un James Ballard
(o, se vogliamo, del Cronenberg de Il demone sotto la pelle,
sebbene con un livello di radicalità molto diverso), tanto che
sebbene non si possa attribuire al film la consueta qualità onirica,
tipica delle opere di Weir, il tutto appare davvero come una sorta di
deviata fantasia della donna: il tono è così grottesco, ma con una costante tensione quasi horror,
verosimilmente l'elemento che deve aver attratto di più il network,
insieme al prestigioso nome del regista. L'intrico dei tubi nel bagno
diventa così una sorta di rappresentazione grottesca e kafkiana dei
contorti processi mentali innescati dal conflitto posto in essere
dalla storia.
Diffuso in un primo
momento in Italia, chissà perché, come L'uomo di stagno, il
film è stato successivamente presentato in DVD in versione
sottotitolata e con il solo titolo originale. Alcune fonti, ad
esempio Wikipedia, lo indicano però con il titolo italiano de
L'idraulico.
Il film segna anche
l'inizio della collaborazione artistica fra Weir e la moglie Wendy
Stites, qui nel ruolo di scenografa. Come secondo assistente troviamo
il futuro regista Scott Hicks, che si vede anche in un veloce cameo
mentre entra nell'ascensore.
L'uomo di stagno
(The Plumber)
Regia e sceneggiatura:
Peter Weir
Origine: Australia,
1979
Durata: 75'
Collegati:
Michael e Homesdale: gli esordi di Peter Weir
Le macchine che distrussero Parigi
Picnic a Hanging Rock
L'ultima onda
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