"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

giovedì 20 marzo 2014

Il pensionante

Il pensionante

Londra è scossa dalle imprese di un assassino seriale noto come “Il Vendicatore” (The Avenger), che si accanisce in particolare sulle ragazze bionde. L'ultimo omicidio, il settimo della serie, ha però un testimone oculare, una donna che indica l'uomo come alto e con il volto seminascosto da una sciarpa. Nel frattempo, nella pensione gestita dalla famiglia Bunting sopraggiunge un giovane distinto, che viene alloggiato nella stanza al primo piano. Inizialmente l'uomo sembra freddo e scostante, ma in breve la bella Daisy, unica figlia dei Bunting, fa breccia nel suo cuore: fra i due esplode così una forte passione, frenata soltanto da Joe, un poliziotto che segue il caso del Vendicatore e che non vede di buon occhio la relazione tra i due giovani perché è innamorato di Daisy. Intanto, mentre l'assassino miete una nuova vittima, iniziano a serpeggiare i sospetti che l'inquilino dei Bunting sia proprio il Vendicatore, complice la somiglianza con la descrizione fornita dalla testimone oculare e il fatto che si sia assentato dalla pensione proprio quando è stato commesso l'ultimo delitto. Il fatto che Joe veda in lui anche un rivale in amore non fa che acuire la tensione...


In alcuni testi è citato come il primo film di Hitchcock, ma come sappiamo è invece il terzo, dopo Il labirinto delle passioni e l'ormai perduto L'aquila della montagna (che quindi non compare in questo percorso). Per ammissione dello stesso autore, è però il primo vero film “alla Hitchcock”, che introduce una serie di elementi destinati a diventare rilevanti nel corso di tutta la sua futura produzione, primi fra tutti quelli propri del thriller. La storia, costruita sulla perenne ambiguità circa la reale identità del pensionante, è tratta da un romanzo della scrittrice inglese Marie Belloc Lowndes, che Hitchcock conobbe grazie all'adattamento teatrale Who is He?, di Horace Annesley Vachell: la vicenda si ispira chiaramente alle gesta di Jack lo Squartatore, anche se si predilige una dimensione che non sia storica, quanto paradigmatica di un clima di sospetto e paranoia per la figura del misterioso (e più generico) assassino di giovani donne.

Così, la costruzione di un meccanismo thriller si avvale di una precisa calibratura della messinscena, e di un tono che nella prima parte si ritaglia anche spazi ironici, salvo poi diventare sempre più asfissiante man mano che l'intreccio si sposta nei territori del giallo e del melodramma, complice il triangolo amoroso fra i tre protagonisti. Anche per questo, il ritmo è pure divisibile in due movimenti distinti: c'è una prima parte molto più concitata, dove Hitchcock sembra ricercare un perenne movimento, garantito dalla grande mobilità degli attori, interrotta saltuariamente da primi piani di grande intensità espressiva, che pure contribuiscono a rendere variegato il tappeto emozionale su cui poggiano gli eventi e la vicenda. Nella seconda parte, al contrario, le azioni si fanno più ragionate, quasi sognanti, in concomitanza con il sorgere dei sospetti e anche le figure tendono a sovrapporsi e confondersi, a tratti sparendo negli esterni nebbiosi (rimarcati non a caso dal titolo originale).

Il lavoro più evidente, comunque, resta quello sui meccanismi tipici del thriller, che contribuiscono a creare il clima di ambiguità: il regista inquadra spesso il protagonista attraverso grate e ringhiere, descrive motivi geometrici sfruttando i movimenti degli attori o la posizione delle scenografie, utilizza le ombre per tracciare prospettive di matrice espressionista, che testimoniano il suo interesse (dichiarato) per le dinamiche visive del cinema tedesco. Il virtuosismo più celebre resta l'utilizzo di una lastra di vetro per mostrare i passi inquieti dell'inquilino nella stanza al piano di sopra, che è anche la prima di tante innovazioni tecniche applicate al racconto per cui il genio inglese sarà ricordato. In tal modo si dona forma a un timor panico che descrive un mondo piegato dal terrore per il “mostro”, e capace di attraversare tutta Londra, sebbene poi le azioni siano quasi completamente costrette in interni. La teatralità esasperata dei gesti del pensionante crea un naturale controcanto rispetto alla concitazione estremamente “fisica” e studiatamente spontanea degli altri personaggi, tale da iscrivere immediatamente il personaggio in una dimensione “altra”, sottolineata anche dalla sua posizione “in alto” rispetto al resto dei comprimari (una soluzione che anticipa la stanza della madre di Psyco, che riprenderà anche il motivo della lunga scalinata per accedere al locale).

E' noto che Hitchcock non voleva sciogliere la riserva circa la reale identità del pensionante, lasciando lo spettatore sospeso in una dimensione di incertezza, ma la produzione pose il veto alla scelta, complice la scelta del divo Ivor Novello nel ruolo principale, che meritava una destinazione certa (un destino che, ironicamente, si ripeterà con Cary Grant ne Il sospetto). L'intromissione produttiva non inficia in ogni caso il risultato finale, poiché - a una visione odierna - il vero valore aggiunto del film non sta tanto nel meccanismo giallo che spinge a chiedersi se il pensionante possa essere davvero il Vendicatore (uno di quelli che Hithcock definirà i suoi “McGuffin”, utili a concentrare l'attenzione del pubblico, ma senza costituire il reale fulcro del progetto o della narrazione): al contrario, interessa l'intreccio di eros e thanatos garantito dal triangolo amoroso, che riconduce le dinamiche folli dell'omicida, e quelle che muovono tutti i personaggi, a un più complesso schema di matrice sessuale, come ben evidenziato dal volto della prima vittima “bloccato” in un'espressione estatica, e dalla figura androgina e sessualmente ambigua dello stesso pensionante.

Di conseguenza, si crea una felice sovrapposizione fra la ricerca della verità e i timori più legati alla sfera del desiderio e della gelosia: Hitchcock mette così in scena un universo dove ogni figura è caricata di una sorta di dualismo, che va più in là rispetto alla singola pedina fornita dal pensionante (si noti come il corteggiamento di Daisy inizia proprio da una partita a scacchi). Se è più facile individuare tratti di ambiguità nella figura di Joe, vista la posta in gioco, è interessante notare come la stessa Daisy sia una donna sempre sospesa tra opposti, vista la sua natura di cameriera nella pensione paterna e modella per capi di alta moda: lo stesso vale per i suoi modi, divisi fra l'incedere elegante e distaccato della modella, e gli atteggiamenti volitivi e spicci dell'amante passionale che non perde un minuto per mettere a tacere gli spasimanti e prorompere in plateali risate. Un universo insomma alquanto complesso nell'espressione piena dei propri stimoli, e che cerca perciò la propria valvola di sfogo nell'aggressione, sia essa quella del Vendicatore ai danni delle sue vittime, che dei cittadini quando tentano di linciare il pensionante. E' il primo tassello di una produzione capace di stare sempre a metà fra l'esplorazione dei codici narrativi di genere e l'indagine sui limiti dell'animo umano. Da rimarcare anche le inventive didascalie, che giocano con le insegne luminose e il perenne motivo del triangolo: difficile capire però quanto lo stesso Hitchcock sia stato parte in causa in questi aspetti perché la produzione, insoddisfatta del primo montaggio, operò dei cambiamenti che, fra le altre cose, coinvolsero in larga parte proprio i cartelli.

Il film inaugura anche la serie dei camei dell'autore (il regista compare in realtà due volte, in due minuscoli ruoli all'inizio e alla fine), generata casualmente dalla mancanza di un attore. Al termine della lavorazione, Hitchcock sposò la sua assistente Alma Reville, destinata a diventare la sua compagna di vita: la scena finale del matrimonio, a posteriori, crea perciò un'ulteriore sovrapposizione fra la realtà e la fiction.


Il pensionante
(The Lodger: A Story of the London Fog)
Regia: Alfred Hitchcock
Sceneggiatura: Elliot Stannard (dal romanzo di Marie Belloc Lowndes)
Origine: Uk, 1927 (muto)
Durata: 90' (versione restaurata nel 2012)


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