"C'è chi crede in dio o nel denaro. Io credo nel cinema, nel suo potere. L'ho scoperto da ragazzino, mi ha aiutato a fuggire da una realtà in cui ero infelice. È una delle forme d'arte più alte che l'uomo ha concepito. Credo nel suo futuro."
(John Carpenter)

lunedì 2 marzo 2009

La classe

La classe

Francois è professore di lettere in una scuola media inferiore alla periferia di Parigi, caratterizzata da una forte matrice multietnica. Il suo approccio è votato all’insegnare attraverso il dialogo, ma ugualmente gli scontri con la terza classe si fanno sempre più aspri e arrivano a metterlo in difficoltà, fra studenti particolarmente refrattari alla vita sociale, ripicche incrociate e consigli disciplinari dove predomina la linea della fermezza. Il film si snoda lungo l’intera durata dell’anno scolastico.

Rivelatosi nel 1999 con Risorse umane, Laurent Cantet si è in breve tempo distinto come un autore dallo sguardo rigoroso, capace di dare corpo a storie che, nell’indagare i meccanismi del reale (in senso economico e sociologico), non perdono mai di vista il precipitato squisitamente umano delle vicende di volta in volta narrate. La classe rientra perfettamente in questo disegno e, sebbene il titolo italiano tenda a circoscriverne i fulcri narrativi e tematici all’interno della micro-comunità formata dagli studenti e dal singolo professore Francois, in realtà il film è molto di più. Il titolo originale Entre le murs (“Fra le mura”) è in questo senso molto più sintomatico dell’operazione compiuta da Cantet, perché a un tempo circoscrive il campo d’azione del film (la scuola e la classe), ma sintetizza anche la natura paradigmatica del racconto, dove gli scontri che avvengono nello spazio delimitato dalle mura riflettono metaforicamente quello della realtà esterna.

“Tra le mura”, dunque, non come tentativo di rinchiudersi in un ambiente sganciato dal contesto, ma per immergersi anzi in uno spazio “poroso” e confinante con un altrove mai inquadrato compiutamente (se non per le poche, fondamentali, scene ambientate in cortile) eppure sempre presente attraverso il bagaglio umano, culturale e familiare che ogni personaggio porta con sé.

La delimitazione dello spazio diventa quindi pretesto per una organizzazione del discorso, sebbene Cantet sia bravissimo ad evitare l’esibizionismo teorico: il film procede a braccio, inanellando una serie di situazioni scaturite a partire da alcuni punti fermi appositamente scalettati, condotti da un protagonista che è il vero insegnante dal cui romanzo la pellicola si dipana, e il tutto è girato in HD, con i fatti costantemente ripresi con macchina a mano. Eppure questa tecnica non esibisce se stessa (come accade invece nel Real Cinema), non restituisce l’idea di un film performativo ma anzi di un interessante ibrido fra documentario e ricostruzione (fiction) degli eventi, lasciando aperti gli spazi che permettano alla struttura stessa del film di catturare ogni slancio di realtà favorita naturalmente dall’interazione di attori non professionisti.

In quest’ottica l’intera storia ritrova e perde se stessa: cerca l’attimo imprevisto, ma nello stesso tempo ha ben chiara la dinamica d’insieme attraverso la posa in essere di varie dicotomie, che vanno da quella – più scontata e per questo minoritaria – tra le etnie a quella generazionale. Ciò che si snoda davanti ai nostri occhi è infatti il ritratto di una società dove adulti e adolescenti risultano diffidenti gli uni verso gli altri e la battaglia di Francois sta tutta nel cercare di ridare senso alle parole, in quanto unico strumento in grado di favorire la comunicazione e appianare i motivi di litigio. Cantet, però, non parteggia per l’insegnante e non affida quindi al dialogo la forza trainante del film, ma piuttosto alla cacofonia di suoni che la classe produce, con spezzoni di frasi che si accavallano tra loro, parole che si intrecciano dando al film una musicalità violenta e che finisce naturalmente per costituire il terreno di coltura dei contrasti stessi. In questo senso la missione di Francois si dimostra fallimentare già in partenza, perché involontariamente aderisce a un modello educativo vetusto, sebbene animato dalle migliori intenzioni (il suo approccio alla materia, basato sul dialogo, è infatti tra i più atipici e moderni dell’istituto): il suo agire mira pertanto a contestualizzare un flusso vitale che non può essere circoscritto “fra le mura” delle regole grammaticali e lessicali e, dunque, delle convenzioni sociali. Il mondo va avanti, i rapporti di forza si modificano, e questo l’insegnante lo imparerà a sue spese quando sarà proprio una sua parola (un epiteto rivolto a due studentesse) a compromettere in modo quasi definitivo il rapporto con gli studenti e a spingerlo per la prima volta a confrontarsi con loro nel cortile, al di fuori delle mura.

L’unico possibile elemento di preservazione che il sistema scolastico può quindi opporre alla propria incapacità di afferrare i sentimenti dei vari personaggi è quello iscritto all’interno dei codici comportamentali che l’istituto si sforza di far osservare, senza che però nemmeno gli insegnanti siano pienamente consapevoli del proprio ruolo: tra colleghi che inneggiano meccanicamente alla punizione, altri che si preoccupano di argomentazioni più futili e altri ancora che rifiutano totalmente di instaurare una qualsiasi dialettica con i ragazzi perché fiaccati dalla loro endemica tendenza al contrasto, ne emerge un ritratto molto amaro, che denuncia la necessità di un ripensamento del ruolo educativo all’interno di una società diventata molto più complessa. Il libro Cuore è ormai un lontano ricordo e una sua possibile attualizzazione deve quindi tenere conto della nuova realtà: ciò che in tutto questo realmente interessa a Cantet è quindi il susseguirsi di eventi singoli che siano in grado di restituire, insieme alla fragilità dei rapporti umani, anche la loro complessità e ricchezza, tanto che non è infrequente imbattersi in momenti ironici e emotivamente intensi. Sono questi ultimi a costituire la caratura autoriale di un film che intende porsi come atto di resistenza al degrado che pure illustra. I contrasti trovano così un possibile termine solo nell’inquadratura finale delle mura ormai vuote, mentre insegnanti e studenti giocano a palla nel cortile, dimenticando per un attimo i ruoli e condividendo il piacere dell’essere parte dello stesso universo.

La classe
(Entre les murs)
Regia: Laurent Cantet
Sceneggiatura: Laurent Cantet, Robin Campillo, Francois Bégaudeau (dal romanzo di Francois Bégaudeau)
Origine: Francia, 2008
Durata: 128’

Intervista a Laurent Cantet
Sito ufficiale francese
Breve biografia di Francois Bégaudeau
Approfondimento sul romanzo originale
Excursus critico su Laurent Cantet

2 commenti:

Tamcra ha detto...

IL film è uscito anche nel Regno Unito, susitando nei giornali accesi confronti "sistema scolastico francese/inglese" a non finire. Non ho visto il film, ma posso garantire che dovunque è arrivato ha avuto l'effetto di un cazzotto allo stomaco...

Alberto Di Felice ha detto...

Buon film. Non credo superiore agli altri di Cantet, e a mio avviso sicuramente inferiore a "Risorse umane." Purtroppo l'ho visto doppiato, e mi rendo conto che è cosa che non si fa.